(Articolo da VicenzaPiù Viva n. 6, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Jacopo, ci racconta la storia familiare della sua azienda?
Poli Distilleria è un’azienda nata nel 1898 a opera di Giobatta Poli, che proveniva da una famiglia di osti che aveva un’attività sull’Altopiano di Asiago. Lui pensò di trasferirsi in pianura il 15 gennaio 1885 e di aprire l’osteria che prima aveva sull’Altopiano di fronte alla stazione del treno di Schiavon, piccolo paese di campagna, che veniva attraversato da una linea ferroviaria che collegava Vicenza a Bassano del Grappa. Di fronte alla stazione del treno c’era questa osteria e chi aspettava il treno poteva fermarsi a bere un goccetto di vino o di amaro, lo stesso che produciamo ancora oggi con la stessa ricetta dell’epoca. Nei locali dell’osteria, qualche anno dopo, nel 1898, sorse una distilleria, perché i rapporti che il buon Giobatta aveva con i produttori di vino lo hanno spinto a comprare non solo il vino, ma anche la buccia dell’uva ovvero la vinaccia per fare la grappa. Inizialmente andava in giro per le fattorie a distillare sul posto la vinaccia. Parte della grappa veniva data come pagamento della materia prima alla cantina e parte andava in osteria. E’ iniziata così la storia di Poli grappaioli. Al buon Giobatta fece seguito il figlio, il nipote e poi io con i miei fratelli.
Qual’è il tratto distintivo dell’azienda?
Ad oggi usiamo ancora lo stesso impianto che installò Giobatta nel 1898, anche se nel tempo l’impianto è stato ingrandito. Nel 2001 e nel 2010 abbiamo installato altri due impianti di distillazione diversi fra loro. Perciò oggi l’azienda può utilizzare 3 impianti di distillazione diversi per caratteristiche e modo di distillare. L’azienda è quindi resa flessibile dal punto di vista produttivo. Sono impianti che potremmo paragonare a tre modi di cucinare diversi. Con questi impianti è possibile scolpire il profilo aromatico del distillato.
Quali sono le tecnologie d’avanguardia che utilizzate?
Due dei nostri impianti, quelli installati più recentemente, l’impianto a bagnomaria e l’impianto a bagnomaria sottovuoto negli ultimi 3 anni sono stati dotati di una serie di sensori, sfruttando una nuova tecnologia, che permette di monitorare, durante la distillazione, tutta una serie di parametri che vanno dalla pressione alla velocità del flusso, dalla temperatura alle quantità di liquidi che passano attraverso l’impianto. Questo ci ha permesso, nell’arco di tre anni di lavoro, di elaborare questi dati e oggi anche di determinare o stabilire delle ricette. Oggi siamo in grado, grazie a queste innovazioni di dire all’impianto di operare in maniera molto più precisa, accurata e costante rispetto a come si faceva prima. Ora possiamo gestire l’intero processo produttivo con competenza scientifica, senza nulla togliere all’artigianalità. E’ l’artigiano che dice all’impianto cosa fare e di fargli rifare lo stesso prodotto ottenuto in precedenza, con gli stessi parametri. Si dà così ripetibilità ad una procedura che prima veniva lasciata nelle mani del singolo distillatore.
Tradizione e innovazione vanno quindi di pari passo?
Sì. Quello che abbiamo imparato finora è ancora poco rispetto a quello che abbiamo ancora da imparare. Con queste nuove soluzioni tecnologiche abbiamo capito che ci sono ancora molte cose da scoprire. Ci troviamo con una grande curiosità di esplorare nuovi percorsi e soluzioni facendo rimanere inalterato il patrimonio di conoscenze e competenze che abbiamo strutturato nel tempo. Rispettiamo la tradizione ma ci apriamo a nuovi orizzonti.
Quali sono i progetti e gli obiettivi per il futuro?
Intanto occorre cercare non fare danni- sorride- perché abbiamo ereditato qualcosa di buono e tutti questi anni trascorsi sono stati spesi per migliorare quello che abbiamo ricevuto. Vogliamo passare tutto questo a chi verrà dopo, nelle migliori condizioni possibili. Poi vogliamo rispettare il distillato, la grappa nella sua natura e nella sua identità, rispettare il consumatore, con l’obiettivo di progredire ancora e di evolvere. Abbiamo consapevolezza del percorso fatto finora e sappiamo che abbiamo ancora molta strada da fare.
I prodotti vengono distribuiti a livello internazionale?
Sì. Nel panorama produttivo della grappa, questa distilleria lavora molto con l’estero. Abbiamo cominciato a esportare nella metà degli anni ‘80, nella convinzione che la grappa debba diventare un prodotto internazionale. Siamo partiti dai mercati limitrofi come Germania, Austria, Svizzera, Francia. Poi ci siamo allargati. Nel Nord Europa l’unico Paese dove non esportiamo è l’Irlanda. Ad oggi lavoriamo bene anche nei mercati di Canada, Stati Uniti, Centro America, Brasile, Guatemala, Venezuela. In Estremo Oriente lavoriamo bene con Giappone, Cina, Corea. Per quanto riguarda le esportazioni c’è ancora tanta strada da fare. L’Italia gode di un’ottima reputazione, anche per quanto riguarda la grappa.