Jerusalem Quartet e l’ultimo sublime Beethoven cameristico al Teatro Comunale

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Beethoven

Dopo l’appuntamento dello scorso mese dedicato alle 32 Sonate per pianoforte, la Società del Quartetto di Vicenza torna a rendere omaggio a Ludwig van Beethoven, nell’anno delle celebrazioni per i 250 anni dalla nascita, ospitando – lunedì 24 febbraio al Teatro Comunale – un quartetto d’archi di grande lignaggio.

Era il 1993 quando i violinisti Alexander Pavlovsky e Sergei Bresler, il violista Ori Kam e il violoncellista Kyril Zlotnikov fondarono il Jerusalem Quartet, formazione che debuttò sulla scena internazionale tre anni più tardi conquistando fin dalle prime apparizioni i consensi di critica e pubblico. Passione, precisione, calore e una particolare profondità espressiva sono i tratti distintivi grazie ai quali il Jerusalem Quartet si è ritagliato, anno dopo anno, un posto di primo piano nel novero degli ensemble cameristici di caratura internazionale. Il vasto repertorio che il gruppo ha maturato viene oggi regolarmente proposto in sale da concerto come la Tonhalle di Zurigo, la Herkulessaal di Monaco, la Wigmore Hall di Londra, il Théâtre des Champs-Elysées di Parigi e la sala del Goncertgebouw di Amsterdam. La formazione è di casa anche negli Stati Uniti, dove si reca ogni due anni con tournée che toccano grandi centri come New York, Chicago, Los Angeles, Filadelfia, Washington e Cleveland. La notorietà internazionale di cui gode il Jerusalem è frutto anche di una vasta discografia – sono una ventina i titoli finora registrati per Harmonia Mundi – che è stata più volte premiata dalla critica specializzata (Diapason d’Or, BBC Music Magazine Award, ECHO Klassik).

Nella stagione delle celebrazioni per i 250 anni di Beethoven il Jerusalem Quartet lunedì sera propone al pubblico vicentino – dopo essersi esibito a Roma e Firenze – due perle musicali tratte dall’ampio catalogo che il compositore di Bonn dedicò al quartetto d’archi.

Il Quartetto Op. 59 n. 2 in Mi minore è l’opera centrale di un trittico commissionato dal conte Razumovskij, uno dei più importanti patroni del compositore tedesco, e venuto alla luce nel biennio 1805-1806. Anche se il lasso di tempo che separa l’ultima fatica che aveva affrontato Beethoven in ambito quartettistico (l’Opus 18) dai tre lavori dedicati al nobile russo è di soli cinque anni, con l’Op. 59 il compositore dimostra di aver definitivamente messo da parte il gusto “settecentesco” dei precedenti Quartetti e di aver intrapreso una strada davvero nuova fatta di elaborazione del linguaggio armonico, espressività dei motivi tematici, complessità formale e una raggiunta sapienza costruttiva.

Il discorso è ancora diverso per i Quartetti dell’ultimo periodo, attraverso i quali Beethoven giunge all’apice della sua arte. Ne è un esempio il Quartetto in La minore Op. 132 datato 1825 – il Jerusalem lo propone nella seconda parte del concerto – che presenta così tanti elementi di rottura rispetto al passato che il pubblico dell’epoca fece fatica a cogliere la grandezza del messaggio artistico contenuto in quel capolavoro. Commissionato da un altro nobile russo – il conte Nicolai Galitzin – insieme all’Op. 127 e all’Op. 130, il Quartetto in La minore vide la luce dopo una lunga malattia del suo autore. Per questo motivo Beethoven intitolò il terzo movimento, un Molto Adagio, “Canzona di ringraziamento offerta alla divinità da un guarito, in modo lidico”.

Fra gli strumenti imbracciati dal Jerusalem Quartet sono da segnalare due straordinari esemplari della rinomata scuola artigianale italiana: un violino Lorenzo Storioni del 1770 e un violoncello Giovanni Battista Ruggeri del 1710.

Prima del concerto – alle ore 20 presso il “ridotto” del Comunale – è prevista una guida all’ascolto curata dal critico musicale Cesare Galla.

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