“Stiamo facendo la figura di un gruppo di scemi”. Così il parlamentare repubblicano della Georgia Austin Scott mentre commentava il caos creatosi alla Camera. Il Partito Repubblicano ha la maggioranza ma non riesce a eleggere lo speaker Jordan a causa della frizione interna del gruppo. Nel mese di gennaio del 2023 ci vollero 14 votazioni per eleggere Kevin McCarthy speaker, parlamentare della California, a causa di un gruppetto di estremisti che si opponevano a votarlo. Dopo avere promesso mari e monti ai recalcitranti, McCarthy la spuntò ma la sua carica fu di breve durata. La mozione di sfiducia a McCarthy fu proposta da Matt Gaetz, repubblicano della Florida, il 3 ottobre scorso. Gaetz, grande sostenitore di Donald Trump, era poco contento con la condotta di alcune posizioni troppo moderate di McCarthy. I democratici hanno votato compatti per la sfiducia ai quali si sono aggiunti 8 degli estremisti del Grand Old Party, creando una strana alleanza (voto finale 216 per la sfiducia, 210 contrari).
Destituire lo speaker non è affatto tipico ma John Boehner ci era arrivato vicino nel 2015 dopo quattro anni al comando. Poco prima del voto di sfiducia però Boehner si dimise, evitando l’umiliazione storica alla quale non è sfuggito McCarthy. Con la maggioranza risicata alla Camera però i repubblicani continuano a stentare a mettersi d’accordo per rimpiazzare McCarthy. Due candidati si sono fatti avanti per l’elezione a speaker ma nessuno dei due è riuscito fino ad adesso a ottenere la maggioranza per sostituire McCarthy.
All’inizio dei tentativi di eleggere un nuovo speaker, Steve Scalise, repubblicano della Louisiana, i cui bisnonni emigrarono dall’Italia in America alla fine dell’ottocento, sembrava essere la scelta del Partito ma ciò durò poco. Scalise, ultraconservatore che aveva abbracciato i suprematisti bianchi del Ku Klux Klan, si era persino definito un David Duke light, ex leader del gruppo razzista. Era l’erede di McCarthy avendo sconfitto Jim Jordan nel voto segreto dell’incontro dei repubblicani. Dopo avere tentato di conquistarsi i voti necessari per iniziare la votazione in aula, Scalise si rese conto che non ce l’avrebbe fatta, anche perché Donald Trump aveva commentato la sua candidatura a speaker in toni poco entusiasmanti. L’ex presidente invece aveva offerto il suo “completo e totale endorsement” a Jordan. Il parlamentare ultra battagliero dell’Ohio sostiene in modo totale Trump avendo partecipato attivamente all’insurrezione del 6 gennaio del 2021. Per le sue attività pro-Trump la Commissione Parlamentare che ha investigato gli assalti al Campidoglio gli mandò un subpoena, un atto di comparizione, con l’obbligo di presentarsi e testimoniare. Jordan si rifiutò e poi, da capo alla Commissione Giudiziaria dopo la conquista repubblicana della Camera, mandò lui stesso subpoena a parecchi procuratori che hanno incriminato Trump. Nessun obbligo per questi individui di presentarsi poiché le loro indagini criminali non possono essere rivelate ma Jordan fece talmente rumore beccandosi il meritato epiteto di ipocrita.
Una volta messosi da parte Scalise, il prescelto per la nomina di speaker rimase Jordan il quale in due votazioni non è riuscito a raggiungere i 217 voti necessari per la vittoria. Nella seconda votazione ha ricevuto 199 voti, due meno della prima. Il suo avversario democratico Hakeem Jeffries ha ricevuto 212 voti, tutti da parlamentari democratici. In un sistema democratico Jeffries sarebbe stato eletto ma non ha raggiunto la cifra richiesta di 217.
Ventidue parlamentari repubblicani non hanno votato per Jordan. Alcuni non possono digerire il suo estremismo e i toni battaglieri, disgustati anche dalle sue tattiche che riflettono il manuale di minacce di Trump. Difatti parecchi parlamentari che hanno votato contro Jordan hanno rivelato di essere stati bersagliati da minacce che hanno raggiunto anche membri dello loro famiglie. Il parlamentare Don Bacon del Nebraska ha condiviso con Jake Tapper della Cnn alcune di queste minacce ricevute dalla moglie. Bacon, ex generale in pensione, non è preoccupato ma le minacce potrebbero influenzare alcuni parlamentari temendo di essere sfidati alle primarie per le prossime elezioni.
I toni battaglieri di Jordan sono notissimi. Boehner, ex speaker, lo aveva descritto come un “terrorista legislativo” per la sua incapacità di introdurre nuove leggi e di condurle in porto. Difatti Jordan non ha nessun credito legislativo nei suoi 16 anni alla Camera. Tutto sommato Jordan non ha le qualifiche per speaker considerando l’importanza della carica. Al di là del potere legislativo che include la decisione su quali disegni di legge sottoporre al voto, lo speaker è il secondo in fila per divenire presidente dopo il vicepresidente. Inoltre una delle funzioni fondamentali dello speaker è di presiedere al conteggio dei voti del Collegio Elettorale dopo l’elezione presidenziale. Un ruolo che al Senato spetta al vicepresidente in carica. Va ricordato che si tratta di un ruolo principalmente cerimoniale ma nel caso dell’elezione presidenziale del 2020 il vicepresidente in carica Mike Pence ricevette enormi pressioni per rifiutare voti del Collegio Elettorale onde ribaltare l’esito a favore di Trump. Considerando i toni pugilistici rivelati da Jordan nell’insurrezione del 6 gennaio che fino ad oggi non sono completamente chiariti, esistono dubbi che lui farebbe il suo dovere costituzionale.
Una ventina di parlamentari repubblicani hanno fino ad oggi impedito a Jordan di divenire speaker. Ciò ci ricorda quella minoranza di repubblicani in diversi Stati che hanno resistito alle forti pressioni di ribaltare gli esiti elettorali a favore di Trump. Questi repubblicani che continuano a credere nella costituzione stanno impedendo a coloro che hanno votato per Jordan di perpetrare futuri problemi e continui caos alla Camera e al Paese. I democratici dunque hanno il doppio compito di vincere le elezioni ma anche di mantenere la democrazia, sempre fragile, poiché gli attacchi dei repubblicani alle istituzioni sono sempre presenti.
Al momento di scrivere siamo informati che Jordan ha deciso di sospendere la sua campagna per speaker promettendo di concedere più ampi poteri allo speaker pro tempore Patrick McHenry, repubblicano della Carolina del Nord. Jordan voleva però ritenersi il titolo di candidato prescelto a speaker fino al 3 gennaio del 2024 sperando in questo periodo di conquistare i parlamentari ricalcitranti che gli hanno negato la vittoria. Una volta informati della condizione, nuove proteste da parlamentari repubblicani sono emerse, e quindi, Jordan, pochi minuti dopo ha cambiato rotta dichiarando di volere un’altra votazione immediata. Il caos continua e la Camera rimane disfunzionale. Rimanete sintonizzati.