Per i primi di novembre è prevista la sentenza del processo che si sta svolgendo a Londra per l’estradizione in USA di Julian Assange. Un processo importante perché quello che si vuole condannare non è solo una persona, è la libertà di informazione, il nostro diritto di sapere.
Julian Assange è un giornalista australiano che ha diffuso con il suo sito Wikileaks (ora fermo con le sue ultime notizie al 2019, ndr) informazioni e notizie vere sui comportamenti per nulla ortodossi che gli USA hanno tenuto in vari scenari. Siamo venuti a conoscenza, così, delle bugie, delle omissioni e soprattutto degli atti esecrabili che nazioni cosiddette democratiche hanno compiuto nelle guerre che loro stesse hanno iniziato e fomentato. Queste informazioni hanno svelato la verità scomoda di una realtà che doveva rimanere nascosta. Per questo che Julian Assange è perseguitato dal governo statunitense che ne chiede l’estradizione. Per questo in Gran Bretagna è incarcerato da oltre un anno in un carcere di massima sicurezza. Per questo viene processato.
Julian Assange, se estradato, rischia fino a 175 anni di reclusione. Non gli si contesta che abbia pubblicato il falso, lo si accusa che non doveva rendere pubblico niente di quello che era venuto a conoscenza. Che doveva tacere. Julian Assange è, per l’accusa, una pericolosa spia che deve essere messa a tacere.
Quello che è sconvolgente, aldilà del processo, è la sostanziale indifferenza da parte dei maggiori organi di informazione su quanto sta succedendo in quel tribunale londinese. Solo sporadiche e asettiche notizie, di quelle che non fanno male al potere e che è impossibile tacere. Poche o nessuna presa di posizione da parte di giornalisti famosi, di “opinion leader”, di parlamentari, di personaggi dello spettacolo e della cultura. Tutti pronti a spendersi in “generose” campagne per “la libertà e la democrazia” ma che, per Julian Assange, non stanno spendendo neppure una parola, tacciono, sono ostinatamente indifferenti.
Eppure in questa vicenda siamo tutti coinvolti. Lo siamo e non solo perché viene messa in pericolo la vita di una persona che ha detto la verità svelando una realtà scomoda per molti governi e che ha rotto il muro di omertà e di censura che la nascondeva. Lo siamo perché, come si affermava prima, è in gioco la libertà informazione e il nostro diritto di sapere da chi e come sia governato il nostro mondo.
Se sarà concessa l’estradizione di Julian Assange, avrà vinto chi vuole privarlo della libertà e farlo tacere per sempre. Certamente. Avrà vinto chi vuole affermare definitivamente la propria supremazia anche sulla verità. E avranno trionfato quei governi che imporranno il loro potere di fare ciò che vogliono senza tema di essere mascherati e neppure messi in discussione, a costo di far sprofondare l’umanità nell’indifferenza e nell’ignoranza.
Noi, tutti noi, saremo sconfitti.
Siamo tutti coinvolti e dobbiamo far sentire la nostra voce e dire il nostro NO più deciso a quella che è una palese e raccapricciante ingiustizia.
Abbiamo poco più di un mese di tempo. Se saremo tanti a prendere coscienza del pericolo che si nasconde nell’estradizione di Julian Assange potremo affermare la nostra volontà di non essere più spettatori passivi di quello che i potenti di turno decideranno. Potremo almeno sperare di essere protagonisti del nostro futuro.
Per questo è necessario spendersi per la libertà di Julian Assange.