La BCE come Polifemo? Monocolo, miope e poi a rischio di cataratta

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Bce, l'occhio di Polifemo
Bce, l'occhio di Polifemo

Viene il dubbio che BCE abbia per la sua dimensione le fattezze del noto ciclope, ma anche che usi il suo unico occhio.

Oggi dispone che il sistema bancario non distribuisca i dividendi (circa 30 miliardi il sistema UE), non acquisti azioni proprie nemmeno se ciò può servire per distribuire dividendi anche solo “di carta” e questo, afferma la BCE, perché venga rafforzato il capitale delle banche in modo tale che possano fare maggiori prestiti per circa 450 miliardi di euro. Obiettivo che pare senz’altro condivisibile in questo periodo ma solo sulla carta….

Praticamente dice, care banche per prestare più soldi all’economia i vostri soci devono rafforzare il capitale. Ovviamente nel caso italiano, nulla importa se fra questi soci vi siano, per esempio, le Fondazioni che, per il loro scopo mutualistico, magari potrebbero concorrere con tali dividendi ad affrontare con propri interventi l’emergenza sanitaria, ma nemmeno se vi sono banche con una solidità patrimoniale tale da poter ampliare considerevolmente la quantità di credito erogabile pur distribuendo utili.

Banca d’Italia si è, quindi, subito prodigata a passare il messaggio a tutte le banche, anche a quelle come Mediolanum, Banca Generali, Fineco che non fanno prestiti e che non si capisce, quindi, perché non possano e non debbano distribuire dividendi.

Non importa nemmeno se l’acquisto delle azioni proprie in un mercato come quello attuale avrebbe lo scopo di calmierare la valanga delle vendite con conseguente caduta delle quotazioni che porta con sé anche un deprezzamento dei risparmi degli italiani investiti in tali azioni, nei fondi di investimento e nei fondi pensionistici. Nei commenti citiamo, una per tutte, una nota  Fineco del 30 marzo: “ l’indice Eurostoxx50 è penalizzato dalle banche, alle quali il regolatore ha prescritto di congelare il dividendo fino ad ottobre…”

Ovviamente l’indicazione forte di Bce a non distribuire dividendi espone il nostro sistema finanziario alle scalate straniere. Che importa a BCE se migliaia di miliardi dati alle aziende tedesche dalla BCE stessa e a quelle americane dalla Fed potranno servire anche per l’acquisto di azioni di concorrenti del nostro povero stivale a saldo?

E stiamo parlando anche di istituti finanziari che riescono a mettere sotto scacco anche un paese come propro l’America: nel novembre scorso JP Morgan ritirò ben 158 miliardi di dollari dalla Fed costringendo la stessa a prolungare le aste di liquidità.

Certamente dopo le vicende che hanno fatto crollare il sistema delle banche popolari, anche le “grandi banche”  per difendere la propria “indipendenza” non potranno più ricorrere al sistema “Zalenski”, dal nome del finanziere Roman Zalenski, che, con la “simil baciata” più grande della storia italiana, proprio all’indomani della crisi del 2008 ottenne 6,7 miliardi per giocare in borsa e, guarda caso, per comprare azioni delle banche che l’avevano finanziato – Intesa Sanpaolo, Unicredit, Ubi - come riportò anche Il Fatto Quotidiano del 14/8/2013 a firma di Giorgio Meletti.

Vedremo ora come si comporterà il sistema bancario, in cui prevalgono di gran lunga le grandi banche, senza più la presenza delle banche popolari e con l’imprenditoria in difficoltà e in evidente crisi di liquidità.

Non crediamo molto ai ripetuti annunci di plafond disponibili, spesso trovate mediatiche anche in occasioni di scalate come quella in corso di Intesa ai danni di Ubi, ma quel che importa è quanto arriverà effettivamente all’imprenditore finale, al professionista, all’artigiano, al commerciante se prevarrà anche qui la logica di Polifemo di guardare col monocolo, per giunta alla fine cieco, solo al rating perché anche al patrimonio personale dell’imprenditore viene dato oramai poco valore.

Non sappiamo, iquindi, se sarà sufficiente l’allentamento dei requisiti prudenziali promesso dalla BCE con norme difficili da interpretare non solo da parte di un comune mortale:  ”l’SSM concede alle banche di usare pienamente i buffer di capitale (Capital Conservation buffer, Countercyclical capital buffer e Pillar 2 Guidance, P2G). Inoltre, per la composizione del Pillar 2 requirement (P2R) si anticipano le misure della CRD5, che sarebbero entrate in vigore a gennaio 2021, che consentono alle banche di soddisfare il requisito anche con strumenti di Additional Tier1 e di Tier2. Tutto questo consente, alle banche italiane “significative”, di liberare circa 43 miliardi di Risk Weighted Assets per allentare i vincoli di offerta e sostenere il credito a famiglie e imprese.“

Pensiamo da parte nostra che molto più probabilmente un banchiere degno di tal nome, e non solo chi ossequia per essere ossequiato, vorrebbe sapere con quali occhi BCE guarderà i bilanci della sua banca fra un anno visto che finora ha dimostrato un evidente strabismo, tanta miopia e una evidente focalizzazione sulle figure tedesche.

Questa crisi ha messo e mette in evidenza ancora una volta una cosa, che non può esistere il liberismo puro. Se, alla fine e nei momenti di emergenza, è sempre il tanto vituperato Stato che è chiamato in qualche modo a pagare, evitiamo almeno i rischi che certe scelte (o imposizioni subite) creino un irreversibile oligopolio.

Per quanto riguarda l’asserito allentamento dei requisiti prudenziali questo consente, alle banche italiane “significative”, di liberare, come visto, circa 43 miliardi di Risk Weighted Assets per allentare i vincoli di offerta e sostenere il credito a famiglie e imprese. In particolare, se questi volumi venissero destinati interamente per finanziare le imprese, si avrebbero circa 75 miliardi di nuovo credito (considerando un risk weight medio su queste esposizioni del 55%, in base ai dati del Transparency Exercise).

Intanto la Bce, che concederà flessibilità operativa nell’implementazione delle misure prudenziali specifiche per ogni banca, ha posticipato l’esercizio dello stress test al 2021.

Ma siamo sicuri che a quell’epoca saranno valutate con equilibrio e non con la recente logica punitiva le grandi banche e quelle medie residuali, in specie quelle italiane e mediterranee, che, proprio per la flessibilità concessa o tollerata oggi, accuseranno un prevedibile aumento delle sofferenze anche per i nuovi crediti, quelli in buona parte garantiti in Italia dallo stato, direttamente o indirettamente, ma con imprevedibili effetti a catena?

Già oggi il sistema bancario italiano si concentra in due grandi gruppi (Intesa Sanpaolo e Unicredit), in troppo poche banche medie, nel mirino delle grosse, ed in un numero elevato di banche di credito cooperativo che si stanno spingendo a fondersi in due gruppi, quello romano di Iccrea e  l’altro trentino di Cassa Centrale.

Se con l’attuale assetto le BCC e Cra sono ancora al servizio di privati, commercianti e piccole imprese dei loro territori, una volta accorpate entreranno sotto l’occhio della Bce, storicamente distratto solo con le Sparkasse dei lander tedeschi, piccolo sarà sempre meno bello.

Per la gioia di imprenditori alla Agnelli/Elkan/Fiat/Fca (tanti contributi ricevuti nel tempo dai governi italiani e ora con sede low taxes in quell’Olanda che in Europa sbraita contro gli Eurobond per gli stati spendaccioni) e di finanzieri Zalenski style, che hanno guadagnato non grazie al giusto profitto che ripaga il rischio d’impresa ma per le loro relazioni e con speculazioni finanziate dalle grandi banche e non da capitali propri.

E piccolo non sarà più bello soprattutto per la gioia delle imprese straniere che si approprieranno, aiutate dalle loro banche, della nostra, vera ricchezza: tutti i piccoli e medio piccoli imprenditori, quelli tradizionali, che non si presentavano in banca con il business plan ma mostrando le loro mani ed il loro lavoro,  e quelli delle nuove start up, che le loro idee innovative potranno e dovranno sottoporle solo ai mega gruppi e non più alla filiale della banca popolare o di credito cooperativo più vicina al territorio e alle loro esigenze e prospettive.

La Bce le banche le vuole grandi e, soprattutto, che mastichino l’inglese delle sue sigle e il tedesco del ciclope teutonico, che ne detta la politica, con un occhio solo, prima monodirezionale, poi miope e, ora, a rischio di cataratta.

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