Sbucano diverse sorprese scavando nei trascorsi giornalistici del vicepremier pubblicista Luigi Di Maio, da undici anni iscritto all’albo, regolare pagamento delle quote e costanti frequentazioni dei seminari di aggiornamento professionale, che per le frasi sui giornalisti “infimi sciacalli” sarà giudicato dal consiglio disciplinare dell’Ordine della Campania “entro una settimana”, secondo l’annuncio del presidente dell’Odg campano Ottavio Lucarelli, firma di politica dell’odiata (per Di Maio) Repubblica.
Di Maio, prima sorpresa, nel 2012 descriveva con entusiasmo “la splendida opera di integrazione” dei rifugiati libici a Pomigliano d’Arco che portavano in spalla la statua del Santo Patrono (chissà cosa ne penserebbe oggi l’alleato Matteo Salvini). Di Maio, seconda sorpresa, contribuì a fondare una testata che in qualche modo ha goduto dei vituperati ?finanziamenti pubblici’. Si tratta di Studentigiurisprudenza.it, il magazine della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli, nato nel 2006 come fotocopiato in proprio con 300 copie e poi cresciuto negli anni sino a diventare “il primo giornale di Facoltà con un milione di accessi al sito” e con una impaginazione a colori del cartaceo perché, si legge in un numero di qualche anno dopo, “l’Ateneo ha deciso di finanziare il nostro progetto permettendoci di superare le 15.000 copie stampate”.
Non si diventa pubblicisti per caso, dietro c’è la passione di chi vuole mettersi al centro dei fatti e accetta di scriverli per due anni in cambio di pochi spiccioli pur di conquistare l’agognato tesserino bordeaux. Di Maio ci è riuscito nell’ottobre 2007 attraverso una collaborazione con Il Punto. Un periodico di attualità che si divide tra la carta e Internet, nato nel 2001 e diffuso nell’area a nord di Napoli dove Di Maio “scriveva per lo più di basket e di sport minori e mai di politica”, ricorda il direttore Mauro Fellico: “Collaborò due anni, giusto il tempo di prendere il tesserino, mandava qualcosa via mail a me o alla persona che seguiva la sua zona perché non c’era una vera e propria redazione, poi ci salutammo, mi ringraziò, nessun contatto ulteriore, non ho conservato il cellulare”. E come era il cronista Di Maio all’epoca? “Uno dei tanti giovani di miti pretese che vogliono diventare giornalisti, un ragazzo molto sveglio. Se avesse definito “sciacalli” i giornalisti già allora? Lo avrei cacciato a pedate”. Tramite Il Punto due anni dopo provò a diventare pubblicista anche l’onorevole di Forza Italia Luigi ?A purpetta’ Cesaro, la pratica fece scalpore e fu bocciata perché al contrario di quella del vicepremier era priva di alcuni requisiti.
Divenuto pubblicista, Di Maio ha scritto sporadicamente altrove. Nel 2012 ha firmò per il sito di Somma Vesuviana laprovinciaonline.it un articolo su 52 immigrati libici ospiti di un centro di accoglienza a Pomigliano d’Arco che portarono la statua del Santo Patrono in processione. Sotto a un bel titolo, “San Felice sulle spalle dei rifugiati”, si legge della “splendida opera di integrazione con il tessuto sociale della città” e si riferisce di “un’intera comunità che si stringe intorno a loro”. “Luigi ha fatturato come nostro webmaster fino a quando è diventato parlamentare – dice il direttore del sito, Gabriella Bellini – era bravo, puntuale e preciso, avrà scritto per noi tre o quattro pezzi, era già pubblicista. Continuo a volergli un gran bene e proprio per questo mi è dispiaciuto leggere certe sue parole, lui conosce i sacrifici che fanno i giornalisti delle testate locali. Oggi che è ministro del Lavoro dovrebbe sapere che cosa significa la libertà di stampa in un territorio difficile come il nostro”.
di Vincenzo Iurillo, da Il Fatto Quotidiano