La crisi delle banche venete, avv. Calvetti: azione civile e azione penale

163
Avv. Sergio Calvetti, particolrlemnte noto per le sue azioni nella crisi delle banche venete
Avv. Sergio Calvetti, particolrlemnte noto per le sue azioni nella crisi delle banche venete

Gli illeciti posti in essere dagli amministratori delle Banche venete – scrive l’avv. Sergio Calvetti nella sua prefazione a “BPVi. Risparmiatori ingannati. L’azione di (ir)responsabilità” – che, da un lato, hanno portato alla messa in liquidazione coatta amministrativa delle stesse, a seguito del d.l. 25 giugno 2017, n. 99 e, dall’altro lato, all’apertura dei procedimenti penali a carico degli stessi, hanno messo i singoli azionisti – risparmiatori davanti alla necessità di adoperarsi avanti le competenti sedi giudiziali al fine di ottenere un risarcimento per il danno patito.

A tal proposito si sono aperte per i singoli danneggiati più possibilità, quantomeno astratte, volte non solo all’ottenimento di un risarcimento, ma anche al riconoscimento di una responsabilità, civile o penale, in capo ai responsabili del dissesto delle banche venete.

BPVi. Risparmiatori ingannati. L'azione di (ir)responsabilità
BPVi. Risparmiatori ingannati. L’azione di (ir)responsabilità

Si vuole, in questa sede, considerare le sole possibilità offerte alla luce dei giudizi già pendenti, senza voler, quindi, esaminare la possibilità di intraprendere un giudizio autonomo.

È necessario, a tal proposito, ricordare l’esistenza di diversi procedimenti giudiziali pendenti, sia con riferimento alle vicende “Veneto Banca” sia a quelle “Banca Popolare di Vicenza”. Si richiamino in particolare le azioni di responsabilità, ai sensi dell’art. 2393 cod. civ., promosse dagli Istituti nei confronti degli amministratori, e i procedimenti penali pendenti avanti i Tribunali di Vicenza e Treviso.

Quanto alla posizione dei singoli risparmiatori, confrontandosi in primo luogo i profili civilistici, si prenda in esame l’azione di cui all’art. 2395 cod. civ. – azione del socio o terzo contro gli amministratori. Il singolo azionista, quindi, utilizzando il rimedio cui all’art. 2395 cod. civ. da un lato otterrebbe un risarcimento e dall’altro lato chiederebbe l’accertamento di una responsabilità civile, per dolo o per colpa, in capo agli amministratori.

L’interpretazione che la giurisprudenza ha fornito circa i presupposti di tale azione fa si, però, che il rimedio cui all’art. 2395 cod. civ. non sia invocabile dalla generalità dei soci danneggiati.

I singoli azionisti, infatti, devono basare l’azione di responsabilità su una condotta dell’amministratore che produca un danno diretto al patrimonio degli stessi, senza che lo stesso sia il riflesso del pregiudizio arrecato dagli amministratori al patrimonio sociale.

In altre parole, la legittimazione all’azione del singolo socio “direttamente danneggiato” da atti illeciti degli amministratori si esclude quando il danno subito sia derivante dal pregiudizio subito dal patrimonio sociale per effetto dell’attività dell’amministratore.

In tal senso, il termine “direttamente” contenuto nell’art. 2395 cod. civ. deve riferirsi al nesso di causalità, al normale processo causa – effetto, fra azione illecita dell’amministratore ed evento dannoso per il socio. Il danno arrecato al patrimonio sociale, infatti, colpisce i soci sempre indirettamente, in quanto possono vedere anche considerevolmente diminuito il valore della loro partecipazione.

L’esclusione della possibilità di agire “direttamenteex art. 2395 cod. civ. ha, poi, importanti riflessi relativamente all’eventuale intervento del socio nell’azione di responsabilità, promossa dall’Istituto nei confronti degli amministratori, ex art. 105 cod. proc. civ..

In tal senso è necessaria una premessa. Con riferimento all’intervento volontario, il codice di procedura civile prevede che il terzo, che assume di avere un interesse nei confronti di una causa già pendente tra altre parti, possa (i) spiegare intervento cd. “principale” proponendo autonoma domanda verso entrambe le parti originarie nel caso in cui la sua posizione si mostri in antitesi rispetto le stesse, (ii) proporre intervento cd. “adesivo autonomo” nel caso in cui il terzo presenti domanda nei confronti di una sola delle parti originarie, aderendo, di fatto, alla prospettazione dell’altra parte, (iii) costituirsi nel giudizio già in essere con intervento adesivo cd. “dipendente” o “ad adiuvandum”. In quest’ultimo caso l’interveniente non azionerà alcuna pretesa propria limitandosi, col il proprio intervento, ad “aiutare” una delle due parti originarie del giudizio nel caso in cui vi abbia interesse.

Dalla premessa effettuata, e facendo riferimento a quanto detto in precedenza, in relazione all’azione ex art. 2395 cod. civ., appare evidente come residui la sola possibilità per il socio di dispiegare intervento adesivo “dipendente”. L’impossibilità di agire direttamente contro gli amministratori, e quindi di proporre autonoma domanda, conduce infatti a conclusioni univoche.

Giova, infine, ricordare che, pur non ottenendo il singolo risparmiatore alcun beneficio in termini risarcitori, la possibilità di intervenire ad adiuvandum può portare all’acquisizione di importanti evidenze documentali nonché all’accrescimento del patrimonio della società, su cui i singoli soci potranno successivamente rivalersi.

Quanto ai profili penalistici, è, in secondo luogo, necessario porre l’attenzione sulla possibilità concessa ai singoli risparmiatori di costituirsi parte civile nel processo penale, ai sensi degli artt. 74 ss. cod. proc. pen., aperto nei confronti degli ex vertici di delle banche venete.

In altre parole, il singolo azionista può chiedere, all’interno del procedimento, che il Giudice, accertata la penale responsabilità degli ex amministratori degli Istituti veneti, disponga la liquidazione di un risarcimento per il danno subito.

È, a tal proposito, necessario che il soggetto che chieda di essere costituito parte civile nel processo penale assuma la qualifica di “persona offesa dal reato” ovvero di “persona danneggiata dal reato”.

Nel primo caso la parte sarà il titolare del bene giuridico tutelato dalla norma, il soggetto cui l’interesse leso dal reato è riferibile.

Nel secondo caso, invece, danneggiato sarà il soggetto che subisca un pregiudizio dalla condotta delittuosa pur non essendo il titolare del bene giuridico protetto dalla norma.

Appare evidente come i singoli azionisti e risparmiatori rientrino nel novero dei soggetti cd. danneggiati dall’attività dei board delle Banche Venete.

Nonostante, infatti, i reati contestati, cui agli artt. 2637 – 2638 cod. civ. e 173 bis d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 – rubricati, rispettivamente, “aggiotaggio”, “ostacolo alla vigilanza” e “falso in prospetto” – siano posti dal legislatore, secondo la dottrina maggioritaria, a tutela dell’integrità del mercato, la commissione degli stessi può integrare il requisito del danno richiesto per la costituzione di parte civile.

In tal senso è stato possibile per i singoli azionisti – risparmiatori costituirsi parte civile nel processo penale celebrato nei confronti degli ex amministratori delle banche venete al fine di ottenere un risarcimento del danno.

La costituzione di parte civile, per altro, risulta essere, alla luce di quanto sin qui considerato, la migliore scelta per il singolo risparmiatore danneggiato sotto molteplici punti di vista.

In primo luogo, infatti, nel processo penale sarà possibile ottenere non solo una declaratoria di responsabilità in capo ai soggetti responsabili del crollo degli Istituti di credito, ma anche un risarcimento per il pregiudizio subito.

In secondo luogo l’onere di istruzione probatoria sarà assolto dalla competente procura con conseguente sgravio di costi, e oneri, per il singolo.

Per concludere, con riferimento alle diverse possibilità di intervento nel processo civile o di costituzione di parte civile nel processo penale pare sicuramente più vantaggiosa per il singolo la seconda opzione mediante la quale sarà possibile ottenere un risarcimento per il danno subito.

Avv. Sergio Calvetti – Foro di Treviso

Prefazione al libro “BPVi. Risparmiatori ingannati. L’azione di (ir)responsabilità