Non è semplice saper essere felici. Soprattutto quando si scopre che la felicità non è nella ricchezza materiale. Agi e comodità non bastano mai e portano continuo desiderio e, quindi, continua insoddisfazione. La vera felicità è sempre nella relazione con l’altro.
La vera felicità è nei legami.
Il benessere economico finisce spesso per sporcare i rapporti e renderli meno sinceri. Mette al margine i veri sentimenti d’amicizia, e l’affetto lascia il posto all’opportunismo.
Vuol dire che non si può essere felici senza riportare bellezza e trasparenza nella socialità. Per questo, però, serve imparare a comprendere l’altro, a conoscerne le difficoltà, a cogliere il pensiero nascosto negli sguardi, e nei silenzi.
È fondamentale soprattutto quando si intraprende un percorso progettuale condiviso. Qui, l’obiettivo si raggiunge soltanto se si è in grado di fare squadra, sopportando una parte del sacrificio comune, in tempo ed energie.
Paradossalmente, aprendosi all’altro si diventa anche capaci di schermarsi dagli attacchi, dalle invidie, dalle inimicizie. Si annientano le contrapposizioni.
Non è affatto facile, specie quando insieme si vuol fare politica.
Lo dimostra lo scenario politico attuale. Sono all’evidenza le forti spaccature interne alle vecchie coalizioni e clamorose le difficoltà di trovare sintonia su problemi di rilevanza nazionale e rispetto ai quali le Istituzioni dovrebbero mostrare coesione e coraggio. Difficile anche far chiarezza sulle rispettive posizioni, in un caos di idee alimentato soltanto dal desiderio di autoaffermazione e visibilità, individuale e di partito. Non manca chi faccia un vanto della scelta di non dialogare con altri gruppi, per proporsi come scelta unica; quasi che il cambiamento fosse possibile senza sinergia, dialogo, scambio e unione di intenti.
Ormai questo atteggiamento non sorprende più. La politica è divenuta la prima arte dello scontro.
Tutto questo deve far riflettere, e indurre a comprendere che la contrapposizione non è un mezzo davvero utile per acquisire la leadership, che invece si nutre di idee, di capacità di proposizione, di spirito costruttivo. Perché ai cittadini non bastano più gli slogan. Forte è il bisogno di credibilità, quindi di progetti e azioni.
In questo, Meritocrazia ha sempre conservato coerenza. Ogni gesto, ogni decisione, ogni proposta è sempre stata il frutto del libero confronto. Trovato il punto di convergenza, lo si è perseguito sempre senza incertezze.
Le parole dette sono tante. Il Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza contiene in sé tutto quello che servirebbe al vero cambiamento. Tanto si parla di transizione ecologica, sostenibilità, digitalizzazione. Tanti i termini d’uso ormai quotidiano per descrivere il futuro che vorremmo. Eppure nei fatti così poco è cambiato da quando tutto è iniziato. Basti pensare, ad esempio, alla assoluta mancanza di interventi sulle infrastrutture idriche o per la riduzione delle immissioni nocive in atmosfera.
Davvero poca concretezza.
E tutto perché la politica è una continua prova di forza, una perenne competizione al maggior gradimento popolare. Si distrae l’attenzione dei cittadini dalla sostanza delle cose e si costringe a volgere lo sguardo alla forma.
La storia di ogni individuo è fatta soltanto di quello che è riuscito a costruire. E si riesce a costruire soltanto restando autentici, non necessariamente piacevoli, ma sempre autentici, e facendo scelte di serietà.
Questo decreta il successo di un’impresa, che non è mai risultato immediato. Si raggiunge con pazienza, credendoci nonostante nella sfiducia di tanti.
Costanza, coerenza, continuità pagano, sempre.
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Fonte: LA FELICITÀ È SINTONIA – 29 MAGGIO 2022