La Fiera di Vicenza “esternalizzata” a Rimini. La strada per non perdere tutto? Monetizzare il 19% prima della Borsa, poi varrà “zero”. La lezione per ultimo asset: Aim mai socia al 42%

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Achille Variati in consiglio comunale prima del “conferimento” della Fiera di Vicenza alla neonata Ieg romagnola, in cui Rimini conta per l’81% e Vicenza “sconta” il 19%: “È un’altra delle mie grandi operazioni, il nostro 19% vale 21 milioni, i patti ci assicurano un vicepresidente con delega alla quotazione in borsa e il direttore generale a gestire le operazioni in cui senza e, soprattutto, contro Vicenza nulla potrà essere deciso“. Francesco Rucco oggi, dopo che il presidente della Ieg, Lorenzo Cagnoni, ha fatto capire cosa conta il 19%, cioé poco più di nulla: “Non è colpa degli ottimi Matteo Marzotto e Corrado Facco ma di Achille Variati e nessuno si alza in piedi a dire NO per il furto di identità della Fiera…“.

 

Ebbene, premesso che ad alzarsi in piedi, ma non solo educatamente come ha fatto, doveva essere tutta l’opposizione di cui Rucco faceva parte oltre che chi nella maggioranza ora pensa di scovare chissà  magia per evitare la FierExit, cosa facile solo a parole per il re dei parolai, ma impossibile per chi si confronta con i fatti che erano e sono di una semplciità unica che nessuno pare voglia evidenziare per il passato, il presente e il futuro.

Passato

Le sempre più appesantite gestioni della Fiera negli ultimi 15-20 anni, che con Roberto Ditri e Matteo Marzotto, regnante Variati, hanno raggiunto un indebitamento monstre: solo la defunta BPVi vanta un credito di 40 milioni di euro, per l’appalto Maltauro?, e ha piazzato ai top manager, nominati dal sindaco uscente e ora rimpianti da chi aspira a subentrargli in discontinuità,  un micidiale derivato “perdente” da oltre 5 milioni di euro e passa.  Gli scarni profitti generati dalla gestione, che rendevano il debito insostenibile, hanno portato Variati, per cancellare il flop dei vertici da lui scelti “magna cum laude” e non sentirsi chiamato oggi a rispondere del rientro del debito che la Sga sta imponendo a migliaia di aziende e privati vicentini, a “cedere” per 21 milioni sì, ma di “carta” (patrimonio contro azioni) la Fiera di Vicenza a quella di Rimini, più grande anche anche se non proprio poco indedebitata (si leggeva e abbiamo scritto di 45 milioni di prestito con cui la Banca Popolare di Vicenza, nel cui cda c’era… Matteo Marzotto,  subentrò a Unicredit che voleva uscire dalla sua esposizione”. Ecco il perchè della cessione al di là delle capacità imbonitrici di Variati.

Presente

Sono rapidamenente arrivate al nodo le contraddizoni, che in Consiglio comunale poco vide, e comunque molto meno dei pentastellati, il centro destra, a parte la trita polemica, che oggi anche Rucco ritrita, sull’onorevole Peppone rosso romagnolo che fagocita il don Camillo bianco Veneto prima comprandoselo e poi dando gli appalti alle famigerate coop rosse. Roba da vecchi film quando la realtà di oggi è che 21 milioni valgono 21 milioni (sui 110 del totale di valutazione Ieg) e non c’è patto, più meno fasullo, che tenga. Tanto più che quei ventuno milioni non sono in tasca ai vicentini in carta della BCE, cioè euro, ma in carta riminese denominata in azioni.

Futuro

Buone azioni? Mah. In borsa la quota di Vicenza col già ridotto potere che (non) ha si diluirà e, dopo la borsa, con l’ingresso in Ieg di altre Fiere (Bologna, Verona…?) la percentuale di Vicenza diventerà neanche più a due cifre, ma a cifra unica.

Allora

I vicentini prendano atto degli effetti, e dei responsabili, del passato (la Fiera non ha più la testa qui, dove al massimo ci sarà il terminale nervoso dell’oro, finchè ci sarà con Arezzo e il mondo a competere), Rucco o Dalla Rosa riflettano sul presente (l’azzeramento di fatto del peso vicentino) e decidano sul futuro a breve prima che arrivi quello a lungo termine. A novembre Ieg sarà in Borsa secondo i piani dell’Ad, il primo delegato alla quotazione la cui nomina sbugiarda ancora di più Variati,  Ugo Ravanelli. La quotazione prevederà, ha detto, una Opv (Offerta pubblica di vendita), in cui chi vorrà potrà monetizzare tutte le quote o, più facile, una loro parte, e una Ops (Offerta pubblica di sottoscrizione) tramite la quale arriveranno capiatli freschi, necessari per gli investimenti e, magari, per ridurre l’indebitamento complessivo (Ieg quest’anno per pagare gli utili, nominali, ha chiesto soldi, veri, in banca…).

Visto che vale zero il “potere” associabile al 19%, care opposizioni in corsa per diventare maggioranza, e care maggioranze a caccia della conferma, approfittate della Opv e monetizzate in euro veri almeno ua  parte di quei 21 milioni virtuali che, poi, varrano sempre meno e tenderanno a un a cifra da mangiarsi le mani e da mangiare la mani a chi le ha usate per riempire le proprie tasche e le proprie vanaglorie.

Gli interessi di Vicenza

Sono e saranno, comunque, in mano a chi avrà più del 50% e non a chi si è affidato a personaggi che, senza lo scudo benevolente e spesso cieco degli sponsor locali, si sono ora ridotti a fare le comparse umiliate e offese (vedete il video più che simbolico di una sconfitta ben rappresentata dai 45 secondi di un Marzotto ieri sempre così… come, in effetti, è). Se, quindi, converrà ancora fare Fiera a Vicenza non lo decideranno le sempre più decrescenti quote societarie, se rimarranno qui ad ammuffire, ma solo il ritorno degli investimenti, quindi la vitalità delle aziende locali.

La lezione

I nuovi nostri amministratori non ripetano con l’ultima grande azienda di interesse pubblico rimastaci, a parte la poco “prospettica” SVT, gli errori commessi con la Fiera: l’Aim, che grazie alla “fortunata”, per noi, sconfitta della erede politica di Flavio Tosi a  Verona, il suo amico Variati non è riuscito ad “esternalizzare” alla Agsm, non si accontenti mai di un 42,5% di una nascente azienda Ieg like, che Variati, arieccolo, definiva ottimo e “garantito” da patti parasociali in attesa, anche qui, della quotazione in Borsa…

Si cerchino, quindi, alleanze e aggregazioni, se il mercato lo richiede, ma non si sia mai più i secondi partner di nessuno: non si varrebbe nulla e, perso l’ultimo asset pubblico vicentino, l’Aim, non ci resterebbe proprio più nulla!