Attorno alla figura dello psicologo ruotano diversi pregiudizi difficili da sfatare, che richiedono un lavoro continuo di informazione e promozione della figura. Un esempio è l’affermazione: lo psicologo è il medico dei deboli.
Andare in terapia, al contrario, vuol dire riconoscere le proprie potenzialità e vulnerabilità ed avere il coraggio di entrarci dentro
Lo psicologo è il dottore, non dei deboli, ma dei coraggiosi. Intraprendere un percorso di terapia è un atto di coraggio.
L’obbiettivo fondamentale di ogni terapia dovrebbe essere il rimettere in moto il motore del pensiero.
Lo psicologo è competente di psicologia ma non certo della storia di ogni singola persona con la quale si trova a lavorare: sono i pazienti i veri esperti della situazione in cui si trovano, i conoscitori del contesto nel quale si sviluppano le problematiche, e sono quindi loro che devono essere considerati la fonte informativa prima dalla quale lo psicologo può cercare di muoversi.
Pensiamo un po’ al contagocce: perché si chiama così se alla fine le gocce ce le dobbiamo contare noi? Perché facilita a distinguere una goccia dall’altra, a dare loro un nome (una, due, tre…), in modo da poterle dosare nel modo più vantaggioso e utile, talvolta facilitando i conti (con se stessi). Lo psicologo non è un meccanico del cervello che ripara il guasto e consegna il conto ad avvenuta riparazione, ma il lavoro è in equipe: psicologo e paziente lavorano in sinergia, sebbene con ruoli diversi.
In terapia si cerca di coinvolgere e stimolare le persone a un livello sia emotivo sia cognitivo affinché possano ampliare la loro visione delle cose, che tende a essere fortemente coartata, limitata e rigida nel momento in cui si affrontano situazioni personali problematiche, dove l’oggettività e la flessibilità vengono a mancare.
Riuscire a vedere il problema con occhi diversi vuol dire già cambiare, perché implica un diverso modo di rapportarsi alla questione e quindi, semplificando il ragionamento, si può affermare che stesse premesse, guardate con occhi diversi, possono condurre a diversi esiti.
Lo psicologo che risolve i problemi
Un altro luogo comune erroneo è che il compito principale dello psicologo sia cambiare le persone dal nulla.
Chi viene dallo psicologo con richiesta di “fare risolvere il problema a un esperto”, difficilmente migliora: il desiderio di cambiare è ben diverso dal pretendere che qualcuno ci risolva il problema. Il primo atteggiamento, infatti, ha già in nuce il germe del cambiamento e il compito dello psicologo consiste nel farlo sbocciare.
La motivazione personale è solitamente una condicio sine qua non per il buon esito del processo terapeutico, e lo psicologo cambia soltanto chi è disposto a farlo, offrendosi di accompagnarlo lungo un percorso sconosciuto, la cui meta però è già stata decisa dal paziente stesso.
Il compito primo di ogni psicologo dovrebbe essere il rimettere in moto la macchina del pensare (che nei clienti è solitamente congelata o disfunzionale). Si tratta di agire e perturbare i processi di conoscenza delle persone, il loro modo di pensare, rendendo più articolata la visione della realtà, fornendo loro i mezzi interpretativi necessari.
Lo strumento primo dello psicologo per raggiungere questo obbiettivo sono allora le domande.
Porre domande attiva il processo di pensiero. E non sono importanti tanto le risposte, quanto il fatto che una persona ci pensi, che rifletta e studi modi altri di vedere il problema, cominciare a fare collegamenti tra i diversi eventi e persone, riconoscere le discrepanze tra quanto uno si racconta di fare e quanto uno poi nei fatti riesce a concludere.
Tra il dire e il fare… con la pandemia è esploso. Non riescono a nasconderlo sotto il tappeto.
Sono molti i pregiudizi e stereotipi che impediscono alle persone di chiedere aiuto a uno psicologo. Il più frequente è che lo psicologo sia il dottore dei pazzi.
Il più pericoloso è che lo psicologo sia il dottore delle persone fragili.
La realtà è ben diversa: lo psicologo, infatti, è il dottore dei coraggiosi.
Lo psicologo è il dottore delle persone che hanno la forza di guardare in faccia i propri limiti e sensibilità, ammetterli, considerarli e mostrarli, trasformando la paura in coraggio e assumendosi la responsabilità del proprio cambiamento.
Non bisogna vergognarsi di andare dallo psicologo, ma esserne orgogliosi.
Perché la vera forza non è nascondere o negare le proprie debolezze, ma saperle accettare e iniziare a lavorare per migliorarle.