Sostiene Agostino Bonomo (Confartigianato), leader di quei «piccoli» che più degli altri hanno sofferto nella lunga traversata del deserto senza credito: «Quest’ultimo anno, dalla liquidazione delle due ex Popolari venete (25 giugno 2017, ndr), è stato un calvario per tutti. Anche per le imprese buone. E non è ancora finita». Già, non è finita. Perfino le aziende più solide, uscite più forti dagli anni difficili, hanno meno credito di prima della crisi.
I ricercatori dell’Università di Ca’ Foscari, che hanno acceso un faro sul difficile rapporto tra imprese e mondo finanziario, lo dicono chiaramente: «Inizialmente era stato concesso credito anche alle aziende non meritevoli, mentre la successiva restrizione ha riguardato anche le meritevoli». Di più: «La crisi ha portato a un preoccupante atteggiamento di chiusura sul credito, a volte irrazionale, dopo anni di esuberanza anche ingiustificata». Giampiero Brunello, presidente di Fondazione Venezia (che della ricerca di Ca’ Foscari è stata committente), ne ricava la seguente morale: «È evidente la necessità di avere più vicini i centri di decisione bancari e tempi più rapidi: non si può portare tutto a Milano o a Torino».
La Grande Estinzione
Nel primo anniversario della Grande Estinzione (di Veneto Banca e Popolare Vicenza), Corriere Imprese Nordest – in edicola lunedì all’interno del Corriere della Sera – torna a occuparsi del tormentato rapporto tra la comunità dei produttori e il mondo finanziario. I dati elaborati dall’Ufficio studi della Cgia sono inequivocabili: il totale degli impieghi bancari verso le imprese ha fatto segnare nel 2017 un -9,5 % rispetto all’anno precedente nel Veneto e un -9,4 nel Friuli Venezia Giulia. In termini assoluti, si tratta di oltre 10 miliardi di erogazioni in meno. Ma se prendiamo in considerazione un intervallo di tempo più ampio, confrontando i valori del 2017 con quelli del 2011 (quindi ancora nel pieno della crisi economica), lo sprofondo del credito alle imprese è persino più spaventoso: -24,1 per cento in Veneto, qualcosa come 26 miliardi abbondanti di differenziale negativo.
Gli anni grassi
D’accordo, con tutta evidenza negli anni grassi le nostre banche hanno prestato soldi anche a chi non li meritava (e non li restituiva, come si è visto: in giro ci sono 18 miliardi di crediti deteriorati passati dalle due ex Popolari alla Sga del Tesoro). Per dirla ancora con Bonomo: «Hanno sicuramente fatto crescere il territorio ma hanno anche pompato eroina nelle vene della nostra economia. Il problema, adesso, è che ci vuole un periodo di metadone per disintossicarsi». In questo contesto piuttosto deprimente, si fa largo la tendenza di quegli imprenditori che, in numero sempre più consistente, decidono di fare a meno dei fidi e delle aperture di credito. Sono i cosiddetti «senza banca», come Vittorio Frison, Ad della Visa International giostre di Montagnana (Padova): «Abbiamo un cash flow di 7-8 milioni – spiega l’imprenditore -, altrettanti di riserve e un conto separato dove versiamo il Tfr dei dipendenti. Tutto quello che guadagniamo, lo lasciamo in azienda». Per la cronaca, Visa International fattura oltre 33 milioni di euro, con un Ebitda del 12%.
da Corriere.it – Corriere del Veneto