Class action non più solo consumeristica: proposta di legge da non lasciar cadere

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Di Claudio ConsoloMarcello Stella, La nuova azione di classe, non più solo consumeristica, in una proposta di legge su class action da non lasciar cadere, in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 59, 2018 ISSN: 2279-9737. Rivista di Diritto Bancario

1.- Il 3 ottobre 2018 è stata approvata alla Camera la proposta di legge n. 791 presentata il 26 giugno 2018 ad iniziativa dell’On. Salafia e altri in materia di azione di classe (class action). Il disegno di legge[1] passa ora al Senato, assegnato in sede redigente alle commissioni riunite Giustizia e Industria. Ossia al vaglio dei …controinteressati. Ed hic sunt leones.

L’auspicio è che questa volta (un precedente ddl era stato presentato già nel 2013, ed approvato nel 2015 alla Camera, salvo poi, per puro caso, certo, arenarsi sine die al Senato col n. 1950), non manchi la volontà politica ed il talento tecnico per passare dagli slogan ai fatti di un buon terzo conio.

Per dotarci alfine davvero di uno strumento processuale vitale, non tanto e non solo per i creditori ma, a più largo raggio, per la società moderna: per tutta una serie di ragioni, da tempo studiate, imperniate sull’impatto, anche deterrente, che il diritto soggettivo di credito può suscitare su condotte e strategie di impresa allorché ne sia reso possibile l’esercizio in forma aggregata, rimossi quegli ostacoli che renderebbero diseconomica l’azione giudiziale individuale.

Non v’è un serio rischio di rendere il nostro Paese meno appetibile alle imprese straniere. Una rapida panoramica comparatistica mostra la debolezza di tale argomento. La class action è istituto ben noto anche fuori dagli Usa della Rule 23, ad es. anche in India e Brasile. Si tratta invece di dare piena attuazione all’art. 24 Cost.; di fornire ai cittadini lesi da micro-illeciti seriali una idonea forma di tutela giurisdizionale e di impedire alle imprese responsabili di (programmare tutto onde) avvantaggiarsi impunemente rispetto ai loro concorrenti più fair. In attesa di conoscere il tenore delle eventuali future emende senatoriali al ddl, che cosa cambierebbe rispetto alla attuale disciplina della azione di classe ex art. 140-bis cod. cons.?

2.- Si amplia, anzitutto, il campo di applicazione di tale istituto. L’azione di classe diventa rimedio a vocazione generale, non più astretto entro il codice del consumo. La sua disciplina è veicolata nel codice di procedura civile da un apposito Titolo VIII-bis inserito nel Libro IV, subito dopo la disciplina dell’arbitrato. L’upgrading della sedes materiae darà certo ossigeno alla tutelabilità di situazioni che, fino a ieri, avrebbero faticato ad inquadrarsi nella fattispecie asfittica dei contratti di consumo o delle pratiche commerciali scorrette, ma non implica un radicale mutamento della fisionomia delle situazioni giuridiche soggettive cui la nuova disciplina, pur resa più duttile, si dirige.

L’azione di classe è pensata essenzialmente per avere ad oggetto diritti soggettivi individuali omogenei, detti isomorfi, e così facilmente accertabili senza peculiarità individuali, di entità tendenzialmente assai piccola e tale dunque da giustificare il venir meno dell’obbligo di individuale partecipazione diretta e propria difesa tecnica e la – funzionalmente necessaria – privazione in capo ai class members che aderiscono alla azione (mediante l’economico deposito di un modello di adesione autoredatto: v. infra) dei tradizionali poteri processuali che sono prerogativa di chi è parte del processo civile. Un esempio, che viene dai recenti scandali nel settore bancario e finanziario riportati dalle cronache quotidiane. Si pensi al fenomeno di concessione di credito subordinata alla sottoscrizione di titoli azionari, oppure, ancora, alla negoziazione di strumenti finanziari – non si tratta, evidentemente, di contratti di consumo – incentivata da informazioni inesatte, ove non del tutto false. I crediti risarcitori che da tali prassi illecite fossero sorti in capo ad ignari sottoscrittori potrebbero davvero dirsi “omogenei”, secondo la impegnativa accezione che qualifica la disciplina dell’azione di classe e che campeggia nel nuovo art. 840-bis di questa nuova proposta di legge? Crediamo di no. Neppure sono piccoli e simili. Le variabili tra le fattispecie risarcitorie individuali non sarebbero soltanto quantitative (ciascun investitore avrà un diverso background, propensione al rischio, etc.). L’azione di classe non può e non deve esercitare appeal (o divenire occasione per fenomeni di free-riding processuale) per coloro che, avuto riguardo alla entità del credito individuale ed alle peculiarità dell’episodio della vita da cui tale diritto sia scaturito, avrebbero già un genuino movente ad agire individualmente, nelle forme del processo ordinario di cognizione, per veder tutelato il proprio diritto.

3.- Veniamo subito al nodo cruciale della efficacia della sentenza di accoglimento della azione di classe.

La proposta di legge mantiene intatta la regola in Europa invalsa dell’opt-in. La sentenza che decide nel merito sull’azione di classe, sia essa di accoglimento o di rigetto, sarà dunque idonea a fare stato sempre e solo inter volentes: attore, impresa convenuta e soggetti aderenti alla azione. Non si avrà mai una efficacia di giudicato tendenzialmente universale. Sui class members che non abbiano espressamente aderito alla azione non vi sarà alcun onere per sottrarsi agli effetti del giudicato, così come invece avviene negli Usa che pretende un opt out.

Allo scopo di incoraggiare adesioni in massa ad azioni di classe fondate, la proposta di legge introduce tuttavia una sorta di correttivo rispetto al modello di opt-in puro, quale delineato dal vigente art. 140-bis cod. cons. Si prevede infatti la possibilità di aderire all’azione di classe anche dopo la pronuncia della sentenza di accoglimento. Dunque secundum eventum litis, e volta che la responsabilità dell’impresa convenuta per i fatti dedotti in giudizio sia già stata accertata dal tribunale. L’inserimento di codesta nuova finestra per adesioni “tardive” secundum eventum litis, pur col plauso del mondo consumeristico, suscita qualche perplessità. Smuovere dall’inerzia anche i class members più restii all’azione è obiettivo certo meritevole, ma le vie per raggiungerlo son altre e non si deve far premio su garanzie processuali basilari. Il principio di parità delle armi è a repentaglio allorché si consenta ad un soggetto di giovarsi di un giudicato inter alios solo se favorevole, senza aver partecipato al processo in cui è reso e senza aver corso il rischio della soccombenza (e senza che ricorra affatto qui la unicità della causa obligandi, che giustifica la peculiare regola dell’art. 1306 c.c.). La possibilità di aderire post sententiam, se si tramuterà in legge, farà comunque sì che le azioni di classe risultino quantitativamente poco temibili, all’esordio, perché saranno verosimilmente sorrette solo da uno sparuto numero di aderenti “precoci”. Assai a stento tale situazione favorirà la stipula di transazioni vantaggiose per la classe in tempi celeri. La entità della classe rappresenta variabile cruciale nel calcolo costi-benefici che le parti formali, e specie la impresa convenuta, son chiamate a compiere.

4.- Notevolmente allargato è il novero dei soggetti legittimati a proporre l’azione.

Oltre a ciascun appartenente alla classe, anche associazioni ed organizzazioni senza scopo di lucro potranno rendersi promotrici dell’azione, se tra i loro obiettivi statutari rientri quello di tutelare i diritti dei componenti della classe. Un poco sfuggente rimane peraltro la nozione di “organizzazione”. In ambito fiscale, dove essa è tipizzata dal d.lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, tale nozione abbraccia le onlus ma anche i sindacati e varie persone giuridiche, dalle fondazioni alle società cooperative. Persino enti ecclesiastici e confessioni religiose. Gli enti collettivi testé passati rapidamente in rassegna, per godere di idonea legittimazione attiva, dovranno ottenere di essere iscritti in un apposito albo presso il MISE.

La proposta di legge demanda a un decreto ministeriale di fissare condizioni e criteri per l’iscrizione all’albo, sicché ogni valutazione è rimandata ad allora. Sin da ora può rilevarsi che subordinare il potere di azione all’assolvimento di eventuali oneri fiscali (es. contributo di iscrizione all’albo) rischia di ledere l’art. 24 Cost. Un altro caveat è poi il seguente. La associazione o l’organizzazione proponente quale diritto omogeneo farà valere in giudizio? Poiché l’azione di classe non è volta a tutelare interessi collettivi o diffusi “adespoti”, la persona giuridica attrice dovrà pur sempre individuare tipologicamente, e farlo già nell’atto introduttivo, a pena di inammissibilità della domanda, il soggetto titolare del diritto soggettivo individuale omogeneo a tutela del quale è promossa l’azione. In difetto, mancherebbe l’oggetto stesso di giudizio.

5.- Sul piano della disciplina del procedimento si registrano molte novità, talune meno utili di altre. Il conditor punta molto – e a ragione – sulla telematica per dare adeguata pubblicità alla azione di classe, agevolare le adesioni e, al tempo stesso, alleviare l’attore da siffatti oneri pubblicitari e di gestione e raccolta delle domande degli aderenti. È dunque prevista l’istituzione di un’apposita area pubblicamente accessibile nel portale telematico del Ministero della Giustizia nella quale, a seguito di deposito presso la cancelleria del tribunale adito, l’atto introduttivo dell’azione di classe verrà pubblicato a cura della cancelleria.

Ancor prima, dunque, del superamento del filtro di ammissibilità, l’azione di classe godrà di ampia pubblicità. Sempre per ossequio alla logica della parità delle armi, ma anche per consentire ai potenziali aderenti di maturare una più consapevole scelta, meriterebbe che anche la comparsa di risposta della impresa convenuta soggiacesse al medesimo regime pubblicitario (con un’ulteriore esternalità positiva: le difese, specie di merito, sollevate dalla impresa convenuta ne impegneranno in qualche modo la credibilità agli occhi del mercato e dei consumatori, specie se all’esito del processo risultino non veridiche). Quanto al rito applicabile, il conditor vorrebbe che il processo di classe si svolga secondo la disciplina del rito sommario ex art. 702-bis ss. c.p.c. Tali e tante sono però le deroghe tracciate rispetto al rito summenzionato, che la portata pratica del rinvio, in sé poco congruo, si riduce a ben poca cosa. Tutto sommato se ne potrebbe fare a meno, mantenendo ferma la previsione che l’istruttoria si svolga omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio. I poteri istruttori del giudice sono rafforzati, specie in materia di esibizione documentale, dove la proposta ha largamente attinto alla disciplina di cui al d.lgs. 3/2017 in tema di azioni risarcitorie per danni antitrust. Non si arriva dunque a lambire l’istituto della discovery latissima, all’americana per intendersi, ma la inottemperanza ad ordini di esibizione, che potranno disporsi anche per categorie di documenti, è aspramente sanzionata. Va da sé che i poteri istruttori attribuiti al giudice sono funzionali all’accertamento dei fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio e non possono trascendere tale finalità. Rimane dunque dubbio, come pure sarebbe auspicato dal mondo consumeristico, che la esibizione istruttoria si diriga alla acquisizione, ad es., di elenchi della clientela della impresa convenuta, al sol fine di consentire alla associazione od organizzazione attrice di conoscere la identità di tutti gli appartenenti alla classe.

Permane anche la fase di filtro. Contro l’ordinanza che decide se l’azione di classe è ammissibile o no, le parti potranno esperire reclamo avanti alla corte d’appello. L’ordinanza di reclamo non sarà invece impugnabile con ricorso per cassazione. E giustamente: l’ordinanza di reclamo che conferma o dichiara inammissibile l’azione non ne precluderà la riproposizione con un diverso attore formale e perciò non potrebbe ascriversi a tale provvedimento un contenuto autenticamente decisorio, sia pure nel più lato senso di privare la schiera dei componenti della classe dell’accesso all’unico rimedio processuale concretamente idoneo a soddisfare il loro bisogno di tutela. Per ovviare alla proposizione di plurime azioni di classe “de eadem re”, ossia deducenti gli stessi fatti illeciti e proposte nei confronti della medesima impresa convenuta, l’accorgimento previsto dalla proposta di legge è incentrato sulla regola della prevenienza: decorsi sessanta giorni dalla pubblicazione del ricorso introduttivo della azione di classe nata per prima, tutte quelle prevenute dovranno essere cancellate dal ruolo.

6.- Veniamo alla terza fase – dopo quella di filtro e di raccolta delle adesioni precoci – che si apre con la sentenza di accoglimento della azione e si chiude una volta che tutti gli aderenti siano stati soddisfatti.

Si avrà dunque una sentenza decisoria con due capi. Da un lato, la sentenza recherà la condanna della impresa convenuta nei confronti dell’attore individuale e, dall’altro, si avrà un capo di condanna generica nei confronti della classe. La sentenza definirà i caratteri dei diritti omogenei e indicherà la documentazione utile da presentare assieme al modulo di adesione per provare la titolarità del diritto. Infine, il tribunale nominerà un rappresentante comune degli aderenti, eleggendolo tra i soggetti che godono dei requisiti per la nomina a curatore fallimentare. Costui dovrà predisporre il “progetto dei diritti individuali omogenei” e rassegnare per ciascuno le sue motivate conclusioni. Innegabilmente il modello ispiratore è fornito dal processo concorsuale fallimentare. Se ne potranno mutuare le forme, non le tempistiche notoriamente non brevi.

Parrebbe dunque che al rappresentante comune competa una prima quantificazione del credito di ciascun aderente, e ciò in quanto sulla domanda di ciascun aderente dovrà provvedere in seguito il giudice delegato con decreto succintamente motivato. Il decreto potrà essere impugnato, con opposizione, avanti al collegio del tribunale (di cui non potrà far parte il giudice delegato), dalla impresa convenuta e dal rappresentante degli aderenti. Nessuna legittimazione autonoma ad impugnare il decreto spetta agli aderenti, che potranno però sottrarsi alla efficacia del provvedimento che accerta e quantifica i loro crediti revocando la adesione entro 30 giorni dalla comunicazione del decreto o prima della decisione sulla opposizione. Codesto diritto potestativo degli aderenti di sottrarsi agli effetti del provvedimento giurisdizionale, senza che l’impresa convenuta vi si possa opporre, del pari rappresenta una assoluta novità per l’ordinamento.

Quanto infine alla esecuzione forzata collettiva, cui si addiverrà in difetto di pagamento spontaneo delle somme indicate nel decreto, essa potrà essere promossa solo dal rappresentante comune, escludendosi quindi ogni potere d’azione esecutiva individuale degli aderenti.

7.- L’art. 840-quaterdecies della proposta di legge introduce infine uno speciale procedimento per la composizione transattiva della azione di classe. Per prima cosa si prevede che il tribunale, fino alla udienza di discussione orale della causa (che, dunque, abbia già superato il filtro di ammissibilità e la prognosi di non manifesta infondatezza in iure), possa formulare una proposta conciliativa avuto riguardo al valore della controversia (di nuovo: quanto la previsione di una doppia finestra per le adesioni potrà pesare su questa incognita?) e alla esistenza di questioni di facile e pronta soluzione in diritto.

Si replica dunque il dettato dell’art. 185-bis c.p.c. con scelta molto sensata. Le imprese convenute avranno di norma un forte interesse a transigere la lite per evitare che la condotta illecita venga accertata con sentenza giudiziale e resa pubblica: il conditor intercetta questa esigenza ed investe il giudice del compito di instradare la definizione amichevole della lite. La proposta del giudice, oltre che comunicata a ciascuno degli aderenti precoci, sarà pubblicata nel portale telematico, sicché un effetto catalizzatore di nuove adesioni lo produrrà anch’essa, pur se non ancora accettata delle parti del processo. Volta che attore e impresa convenuta valutino positivamente la proposta conciliativa e concludano la transazione, ciascun aderente potrà dichiarare di aderire all’accordo mediante dichiarazione da inserire nel fascicolo telematico. Per il caso, però, in cui non tutti gli aderenti alla azione di classe optino di accedere all’accordo, “ciascuno” dei dissenzienti potrà costituirsi in giudizio, con il ministero di un difensore, per assumere il ruolo di nuovo attore formale entro il termine, non superiore a 90 giorni, assegnato dal giudice: lo prevede l’art. 840-bis, co. 5. La figura del litisconsorzio attivo, tuttavia, non si addice alla azione di classe: meglio sarebbe consentire al giudice di valutare, quale sorta di nuovo mini-filtro, quale tra i più aderenti (indi, tra i rispettivi difensori) sia meglio in grado di figurare come nuovo attore formale.

La vera novità risiede però nella modalità di formazione ed attuazione dell’accordo transattivo successiva alla pronuncia della sentenza di accoglimento della azione, con accertamento della responsabilità della impresa convenuta, allorché la forza negoziale della classe sarà evidentemente maggiore (pur se ancora non si conoscerà il numero effettivo degli aderenti, stante la larga possibilità di adesione tardiva). La proposta di legge affida al rappresentante comune degli aderenti (nominato con la sentenza di accoglimento) il potere di “stipulare” (rectius, negoziare) uno “schema di accordo di natura transattiva”. Non un contratto, dunque, semmai un progetto di transazione. Qui la proposta di legge è informata alla logica dell’opt-out. Vale a dire: entro 15 giorni dalla comunicazione (via pec) agli aderenti dello schema di accordo transattivo, così come raggiunto da rappresentante comune e impresa convenuta, ciascun aderente potrà formulare “motivate contestazioni”. Quindi il giudice, esercitato un vaglio sullo schema di accordo che riteniamo non possa essere di opportunità (e così, non un sindacato sul quantum del corrispettivo della transazione) ma solo di legittimità, potrà autorizzare il rappresentante comune a stipulare l’accordo. Il provvedimento autorizzativo sarà pubblicato sul portale telematico e comunicato agli aderenti. Quelli che abbiano formulato contestazioni allo schema di accordo potranno a questo punto “privare” il rappresentante comune del potere di stipulare l’accordo mediante espressa dichiarazione. In difetto, l’accordo avrà ad oggetto i diritti degli aderenti ed impegnerà questi ultimi.

 

[1] Su cui amplius, spec. sui numerosi profili processuali di cui non possiamo in questa sede che accennare, C. Consolo, Nuove prospettive per una azione di classe (di terzo conio)?, scritto in onore di Guido Alpa, di prossima pubblicazione in Riv. dir. proc.