La nuova ideologia e la garanzia della cittadinanza

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Qual era l’idea di giustizia al tempo di Scelba, o peggio ancora al tempo di Bava Beccaris, quando altri italiani prendevano a cannonate la gente comune a cui erano vietati gli assembramenti di oltre tre persone? Qual era l’ideologia nazionale, il modello di paese a cui si ispiravano i fucili che sparavano sui civili? Qual era il sentimento di comunità durante l’aggressione alla caserma Diaz, l’idea di cittadino, l’idea del diritto e delle sue tutele? Se non ci fossero coloro che si credono proprietari della nazione, del territorio, delle persone e del loro lavoro, non sarebbero potute accadere queste assurdità. Dietro i cannoni i fucili e i manganelli c’è un padrone che ha organizzato il suo giardino, che teme la gente e le sue mitologie.
A questo scopo costui sostiene un sistema giudiziario pletorico e corrotto, alleva psicopatici: violenti capaci di portare a termine crimini efferati, giannizzeri che proteggono la proprietà del tiranno, ignoranti lontani anni luce dalle conquiste del pensiero, soldati foraggiati e ricompensati con uno stato e una considerazione sociali inconcepibili.

Tra la cruenta repressione di Milano del 1898 e i fatti di Genova del 2001 c’è stato il secolo breve, il ?900, e ci sono stati i partiti di sinistra che hanno continuato ad indicare un progetto di società, una via d’uscita dall’estorsione abusiva del plusvalore. Poi, ad un tratto, sono spariti. La civiltà occidentale aveva intanto confezionato una lunga teoria di diritti: carte costituzionali, carte dei diritti dell’uomo, della persona, della famiglia, del cittadino, del lavoro, del bambino, della donna, del malato, del turista, del passeggero… del morente che, sebbene in massima parte disattese, hanno creato nelle popolazioni europee almeno, e nord americane forse, un’idea di cittadinanza piuttosto delineata. Il processo di maturazione della coscienza moderna si è compiuto.

Quando sono apparsi i partiti “populisti” nei laboratori mediterranei della democrazia, il costante disprezzo per il popolo, diffuso in tutti i partiti di destra e di sinistra, era finito. I rappresentanti della gente comune hanno cominciato a concepire un mondo post-ideologico che s’ispira a tutte le conquiste democratiche e civili dei due secoli precedenti. Ora il cittadino è il centro dell’azione politica, smette di essere destinatario della pubblica volontà e se ne fa promotore. Si cominciano a concepire, così come le carte dei diritti hanno finora predicato, un uomo e un territorio che non siano i meri oggetti del profitto; si progetta una vita sociale che non dipende solo dai rapporti di produzione distribuzione e consumo. L’uomo, non è più solo ciò che mangia.

Dalla cittadinanza discende tutta una serie di diritti e di opportunità che non possono essere traditi per affermare la disuguaglianza di classe, che è poi lo scopo esplicito del ceto padrone. L’idea che in fondo si ha è ormai quella di un cittadino completamente immerso nella dimensione pubblica, da cui esige perfino il finanziamento della sua sfera privata, la tutela di una dignità minima irrinunciabile. Ne conseguono perciò il diritto alla famiglia, ai genitori biologici, allo studio, alla casa, al lavoro, alla libera iniziativa, all’informazione, alla salute, alla riqualificazione produttiva, alla pensione, alla libera morte. E si pretende che ognuno di questi diritti sia assicurato dalla collettività, dallo Stato.

Come già è stato abbozzato in qualche democrazia del nord Europa, durante la sua vita attiva il cittadino contribuisce alle sostanze del pubblico erario, e da esso dipende nei periodi di disoccupazione, malattia, e riposo. La ricchezza pubblica è concepita come silos per le esigenze private; la ricchezza privata non è considerata acquisizione intoccabile per l’accrescimento delle risorse pubbliche: tutto il capitale della nazione partecipa alla formazione delle garanzie offerte. Perciò, oltre a un’adeguata tassazione dei redditi, queste democrazie hanno già adottato una discreta tassazione patrimoniale, e un’ancora più considerevole tassa di successione. L’incubo della proprietà privata e della disuguaglianza sociale si completa con gli obblighi di produzione, consumo e risparmio all’interno del recinto nazionale, del controllo dello Stato che protegge il valore e l’interesse dei suoi cittadini.

Ecco dove sorge il diritto al reddito, dove il dettato del Movimento 5 stelle trae le sue origini. L’insistenza derisoria e l’accusa di mancanza di progettualità politica con cui i partiti di destra e di sinistra assillano l’attuale maggioranza derivano da questo terrore. E fanno il pari con le accuse di razzismo, col progetto di sabotaggio della nostra idea di civiltà, con la svalutazione della cittadinanza, con l’importazione di bombe umane, importate e agevolate a demolire il prezzo del lavoro e la difesa dei diritti. La cancellazione dei vitalizi, la fine delle pensioni d’oro, di quelle di reversibilità, il ricalcolo oltre i 4000 euro, la tassazione progressiva degli altri assegni, nonché l’istituzione dei tetti e dei minimi salariali, procedono con le garanzie dei redditi di inclusione e delle pensioni minime. Il programma a 5 stelle vuole inconfutabilmente impedire il trucco con cui di fatto nel nostro paese ha prosperato la disuguaglianza, vuole frenare la violenza con cui dal 1861 ad oggi si è accumulato il Capitale privato. E se questa non è ideologia, non è dottrina e religione del nostro tempo, si dica allora che cos’è.