La pace è il valore che ha dato il là al processo di integrazione europea

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Pace e integrazione europea
Pace e integrazione europea

(Articolo su pace e integrazione europea da VicenzaPiù Viva n. 10sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).

Secondo Kant la storia umana è una successione di tregue, ma la pace perpetua è un ideale ancora da realizzare per evitare nuovi conflitti tra Armenia e Azerbaijan, tra Israele e Palestina o tra Russia e Ucraina.

Il 19 luglio 1870 la Francia dichiarava guerra alla Prussia, facendo iniziare il conflitto più rilevante nel cuore dell’Europa del secolo XIX. Il 7 maggio 1945 la Germania nazista capitola definitivamente, firmando la resa incondizionata agli anglo-americani.
Tra il 19 luglio 1870 e il 7 maggio 1945 sono passati poco meno di 75 anni. Francia e Germania hanno combattuto tre cruentissime guerre per il controllo di Alsazia e Lorena e per il dominio nel continente. Sono morti a causa dei conflitti approssimativamente 10 milioni di francesi e tedeschi. Nel giro di un paio di generazioni. Tra il 1945 e il 2020 Francia e Germania hanno fatto un’altra scelta. 75 anni di pace che hanno garantito a chiunque sia nato nei due Paesi una stabilità e una serenità prima impensabili. La scelta è stata complessa e coraggiosa. Uno ‘sforzo creativo, proporzionale’ alla minaccia della guerra, citando il famoso discorso di Robert Schuman del 9 maggio 1950 che viene convenzionalmente considerato l’inizio del processo di integrazione europea. La scelta della Francia e della Germania è stata quella di cooperare e di cercare di costruire uno spazio comune europeo fondato sulla pace, la libertà e il benessere. Proprio la pace, in particolare, è stata il valore che ha dato il là al processo di integrazione europea. Valore ripetuto
anche nell’articolo 3 del Trattato sull’Unione, quando si specifica che «l’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli».
Il progetto europeo nasce dall’idea geniale di riuscire nell’integrazione dei Paesi europei grazie a un modello fondato su quella delle competenze. Mettere insieme prima il carbone e l’acciaio, poi la politica commerciale, la politica agricola, il mercato comune e via via fino all’Euro ha creato dei rapporti tali tra gli Stati da rendere impossibile la guerra.
L’Unione Europea è e rimane un progetto di pace, che ha offerto una soluzione concreta per garantire stabilità e sicurezza ai cittadini di sempre più Paesi.
CI sono, però, due elementi fondamentali del progetto di integrazione che vanno considerati con attenzione e che dimostrano quanto sulla pace serva un supplemento di riflessione e di azione.
In primo luogo, il progetto non si fonda pienamente sui principi del federalismo. La teoria federalista sottolinea come la natura stessa degli Stati nazionali sia una fonte intrinseca di conflitto. Immanuel Kant, nel suo Per la pace perpetua, ha approfondito questa tesi, operando una netta distinzione tra pace e tregua.
Mentre la tregua rappresenta una pausa temporanea nelle ostilità, la pace perpetua è una condizione in cui la guerra è resa inconcepibile. La storia umana, secondo Kant, è una successione di tregue, ma la pace perpetua è rimasta un ideale ancora da realizzare. Se da un lato un conflitto armato tra Stati membri dell’Ue pare impossibile, è evidente che l’aspetto genetico del progetto di integrazione non si fonda sull’idea di superare gli Stati nazionali, lasciando aperta l’opzione della guerra.
Inoltre, la mancanza di una politica estera e di sicurezza comune efficaci e autonome rende arduo pensare di promuovere effettivamente un contesto internazionale di pace. È questo secondo elemento, infatti, quello che più manca nel progetto di integrazione europea.
Se l’Unione è riuscita effettivamente a pacificare tutti coloro che sono entrati al proprio interno, non si può dire lo stesso del proprio vicinato.
In particolare, a partire dalla crisi economica del 2008 in poi, l’assenza di un ruolo degli Stati nazionali europei in molti contesti conflittuali (non dimentichiamo il ruolo italiano e francese nel bloccare la guerra israelo-libanese nel 2006 o il ruolo italiano nell’evitare la guerra civile albanese nel 1997), la ripresa dell’imperialismo russo e il progressivo disinteresse americano come guardiano del mondo (almeno per le presidenze Obama e Trump) hanno provocato un contesto esplosivo.
Oggi l’Europa si interroga sulla pace senza una vera e profonda strategia – commerciale, diplomatica, culturale – nel proprio vicinato. Non è colpa delle istituzioni europee. Sono proprio i Trattati che non garantiscono competenze sufficienti per poter agire.
Per garantire la pace e la sicurezza in Europa e nel nostro vicinato abbiamo una sola soluzione: promuovere un sistema ideologico che offra una soluzione concreta al problema della guerra, definendo modelli istituzionali e proposte creative che rendano impossibile che due Paesi confliggenti possano anche solo immaginare di ritornare a combattere.
Nel 1945 evitare un nuovo conflitto tra Francia e Germania pareva impossibile. Oggi dobbiamo avere l’ambizione di immaginare un mondo in cui divenga impossibile un nuovo conflitto tra Armenia e Azerbaijan, tra Israele e Palestina o tra Russia e Ucraina. Il modello di integrazione europea offre una cassetta degli attrezzi per soluzioni operative. Serve il coraggio di aprirla.