Diamo il benvenuto a Piero Laporta, generale di Divisione dell’Arma del Genio, in riserva dal 2010 (qui il suo curriculum), che da oggi ci onora della sua firma che si aggiunge a quella di sempre più numerosi “professionisti” di vari settori che scelgono ViPiu.it per i loro “contributi” di pensiero e di informazione indipendente. Il direttore
Joe Biden, insediatosi il 20 Gennaio 2021, ha applicato a Kabul l’accordo di Doha, sottoscritto il 29 febbraio 2020 fra USA e Talebani, approvato poi dalle Nazioni Unite. L’accordo fu concepito, avviato e sottoscritto da Donald Trump.
Quanti avallano la tesi secondo cui la situazione sarebbe sfuggita di mano alle forze armate statunitensi, non sanno di che cosa parlano oppure sono in mala fede, senza escludere ambedue le cose insieme.
La capacità dello stato maggiore statunitense di acquisire, elaborare, diffondere informazioni, diramando conseguentemente in tempo reale sostenibili ordini operativi, è al di là d’ogni immaginazione.
Se prestiamo invece fede alla vulgata degli autorevoli Corsera, Repubblica, La Stampa e via imbrattando, beviamo la fanfaluca d’una brigata di scalcinati tagliagole, impadronitisi in un paio di giorni d’un paese più vasto della Francia, con 35milioni di persone; nel mentre la mitica “comunità internazionale” era distratta.
L’impresa ai tagliagole sarebbe riuscita perché l’esercito afghano s’è sciolto come neve al sole, sostiene l’ineffabile Biden; lo stato maggiore statunitense non si sarebbe accorto di quanto avveniva. Idiozie. Se fosse vero si sarebbero visti grappoli di teste cadere a Washington e Londra. Idiozie, delibate come squisite verità dai cosiddetti esperti strategici.
Idiozie. Per capirci, sull’Afghanistan staziona una costellazione di satelliti deputati al controllo del territorio (palmo a palmo), dei movimenti di uomini, mezzi ed equipaggiamenti, dell’ascolto in tempo reale d’ogni tipo di comunicazione. Il branco di tagliagole in movimento non poteva sfuggire, così come erano ben note le loro reali intenzioni.
Kabul è caduta perché al suo esercito non sono stati diramati ordini sostenibili, un 8 Settembre afghano, conseguenza del negoziato tra USA e Talebani, ben oltre un anno fa, senza coinvolgere il legittimo governo afghano. I ministri e il presidente afghani, capita l’antifona, se la son data a gambe.
Esito scontato quindi, altro che sorpresa. «L’esercito ha bisogno di ordini ben ordinati» osservò un tal Machiavelli, cinque secoli fa. Da allora tale legge vige senza eccezioni. Se a un esercito non dai ordini, esso si squaglia al primo peto del nemico.
L’oscena tesi di Biden, secondo il quale l’Afghanistan è caduto perché l’esercito afghano s’è svelato imbelle, convince solo chi non conosce le potenzialità militari statunitensi. Se Biden fosse stato davvero sorpreso dai Talebani e avesse davvero voluto impedire il dilagare dei tagliagole, non avrebbe avuto alcun bisogno dell’esercito afghano. Gli sarebbe bastato impiegare le due Divisioni aerotrasportate, l’81^ e la 101^. Esse sono da sempre immediatamente impiegabili. Basta una telefonata del Presidente. La telefonata non è arrivata. La marcia trionfale dei tagliagole su Kabul non ci sarebbe stata, le condizioni per il passaggio dei poteri sarebbero state più dignitose e più sicure quanto meno per le povere popolazioni se Biden avesse fatto un colpo di telefono.
Tali ipotesi, sia chiaro, dopo gli accordi di Doha, sottoscritti da Trump, non avevano alcuna possibilità. I Talebani lo sapevano e si sono regolati di conseguenza.
Ora i pennivendoli alle vongole, gli analisti strategici del bar dello Sport si commuovono per i bambini, lanciati dalle madri nelle braccia dei soldati occidentali in fuga. Ci dicano invece quale altro esito si attendevano, quando Donald Trump, sì, proprio l’idolo di tanti gonzi, ha negoziato la liberazione di 5mila detenuti afghani, per farli entrare nelle forze combattenti talebane, revocando pure le sanzioni contro i Talebani. L’accordo di Dcoha prevede inoltre positive relazioni fra Stati Uniti e Talebani, i quali avrebbero lasciato partire in sicurezza, com’è avvenuto, le delegazioni occidentali. Ora le relazioni fra USA e Talebani sono tanto positive, almeno per una delle due parti. Biden ha chiamato in causa Trump. Ne ha motivo, per quanto abbiamo detto. Però oggi egli è il Presidente. Egli ha i pieni poteri. Sarebbe bastata una sua telefonata; se non l’ha fatta, è per i suoi interessi.
Questo accordo, sottoscritto da Trump, aveva due convitati di pietra, Russia e Turchia. Subentrato Biden, a capotavola si è seduta la Cina, Essa è dopo tutto il socio d’affari preferito di Biden, con e senza Covid-19. Tutta qui la novità.
Come al solito, quando si confondono affari e politica, la confusione trionfa prima ancora della corruzione. È esattamente quanto avviene negli States come in Europa. Oggi è più che mai lecito chiedersi a che cosa serve la NATO e a che cosa serve allearsi con gli Stati Uniti se questo è il risultato. Quanti fanno paralleli con Saigon e il Viet Nam, non sanno di che cosa parlano. Questa è una crisi di gran lunga più grave e profonda. È la crisi di tutto l’Occidente; mentre a suo tempo, del Viet Nam poteva importarci relativamente. Presto le sofferenze di Kabul riverbereranno dentro e fuori gli Stati Uniti.
Secondo i cantori del Nuovo Ordine Mondiale prestissimo avremo un governo unico mondiale, una moneta unica e un unico esercito. Ecco, a Kabul abbiamo udito e visto i prolegomeni del Nuovo Ordine Mondiale, concepiti da questi cervelloni. «Contro gli Idioti Neanche gli Dei Possono Nulla», assicurò Frederich Schiller. Sarebbe da sbellicarsi dalle risate, se non sapessimo di quelle povere madri e dei morti ammazzati dai tagliagole, tutto sommato meno responsabili degli idioti al potere, Trump e Biden in prima fila. Per di più, ora s’affacciano nuove leve di idioti, chi dubiti chieda a Giuseppi.
Fra cento anni gli storici s’interrogheranno (invano?) sulle ragioni dell’odierna trionfante idiozia. «Deus dementat quos perdere vult» potrebbe essere una buona spiegazione. Se così fosse, non sarebbe necessario attendere gli esiti delle indagini storiche. Siamo nelle mani di Dio; speriamo non applauda. www.pierolaporta.it
Piero Laporta, generale di Divisione dell’Arma del Genio, in pensione dal 2010
Sei arrivato fin qui?
Se sei qui è chiaro che apprezzi il nostro giornalismo, che, però, richiede tempo e denaro. I ricavi della pubblicità non sono sufficienti per la stampa indipendente ma puoi aiutarci a continuare il nostro lavoro per darti moltissime notizie gratis e solo alcune a pagamento. Se vuoi continuare a leggere in futuro i nostri articoli e ad accedere per un anno a tutti i contenuti PREMIUM, al nostro archivio web e cartaceo e a molte iniziative in esclusiva per te puoi farlo al prezzo di un caffè, una birra o una pizza al mese.
Clicca qui e diventa Partner, Amico, Sostenitore o Sponsor
Grazie, il direttore