La Sardegna del Vermentino e del Cannonau. “Wine Specialists Journal”: meravigliosa terra accogliente e ospitale

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Ode a Barrosu Cannonau
Ode a Barrosu Cannonau

Con il suo clima mite e ventilato, con le sue bellissime e policrome spiagge tropicali, con la sua storia millenaria, gelosamente custodita nella lingua e nell’architettura, e, infine, con la sua tradizione culinaria autentica, la Sardegna ammalia profondamente i turisti, i quali molto difficilmente riusciranno a dimenticarsi di questa meravigliosa terra accogliente e assolutamente ospitale. La storia vitivinicola della Sardegna s’intreccia, ovviamente, alla storia delle sue dominazioni: la singolare cultura nuragica autoctona si è mescolata via via alle popolazioni fenicie, cartaginesi, romane, vandale, bizantine e poi dopo a quelle aragonesi, che hanno impiantato vitigni come il Cannonau e il Carignano, e, infine sabaude, che di vini ne hanno sempre saputo abbastanza. Una sola è la DOCG presente nell’isola, il Vermentino di Gallura, ma noi della Wine Specialists Council consigliamo vivamente di provare anche le 17 DOC, di cui vogliamo dare un saggio.

Camminera, Vermentino di Sardegna DOC, Cantina Audarya, 13,5%

Camminera, Vermentino di Sardegna DOC, Cantina Audarya
Camminera, Vermentino di Sardegna DOC, Cantina Audarya

La Cantina Audarya è un’azienda a conduzione familiare che si trova a Serdiana (CA). Il suo nome esotico “Audarya” deriva da una lingua orientale e vuol dire “nobiltà d’animo”, scelto dai titolari dell’azienda per sottolineare l’atteggiamento di assoluto rispetto con il quale si accostano alla materia prima, al prodotto finale e ai consumatori. Abbiamo assaggiato un Vermentino di Sardegna DOC chiamato Camminera, dal nome del camminamento situato tra le filiere di vitigni. Si tratta di un vino che fa sei mesi di affinamento sulle fecce e che alla vista si presenta giallo carico, senza unghia, trasparente, brillante. All’olfatto è assolutamente fruttato con sentori di pera, mela, rimandi di melone e frutta bianca, un leggero agrumato di pompelmo rosa; nel floreale si percepisce il gelsomino e la camomilla, mentre nel vegetale si sente una lieve sensazione di bosso. Tra le erbe aromatiche riconosciamo il rosmarino e la salvia che, insieme alla mineralità di calcare e sabbia bagnata, ti trasportano direttamente su una spiaggia assolata. Nelle spezie riconosciamo il pepe nero, il cardamomo e lo zenzero, mentre arriva al naso anche una nota balsamica di eucalipto. Si tratta di un vino ampio nella gamma dei profumi, di qualità assolutamente definita. Al primo sorso appare secco, l’alcool percepito è caldo, mentre nelle morbidezze è sicuramente rotondo con una freschezza citrina e tanta sapidità. È un vino da affinare, che si può abbinare ad un esotico sushi oppure a dei caratteristici culurgiones.

Barrosu, Cannonau di Sardegna DOC, Giovanni Montisci 2020, 15,5 %

Barrosu, Cannonau di Sardegna DOC, Giovanni Montisci
Barrosu, Cannonau di Sardegna DOC, Giovanni Montisci

Giovanni Montisci faceva tutt’altro nella sua vita per campare, ma una ventina di anni fa ricevette in eredità alcuni vigneti di terra sabbiosa e granitica nella Barbagia di Ollolai, a Mamoiada, nel cuore della Sardegna. Dal 2000 circa, quando la Giovanni ha cominciato ad imbottigliare i suoi vini, la Cantina Montisci si è imposta a livello internazionale con la sua filosofia biodinamica, nel rispetto del territorio e della natura, usando ancora il bue per la lavorazione del terreno. Noi abbiamo selezionato Barrosu per la nostra degustazione, un Cannonau di Sardegna DOC senza passaggio nei legni, che ci colpisce subito per l’ode a Barrosu nell’etichetta posteriore. Il vino si presenta di colore rubino pieno, brillante e trasparente. Al naso arriva un profumo fruttato di prugna, mirtillo, amarena, ribes, gelsi neri e frutti di bosco in genere, mentre tra i sentori floreali percepiamo la viola e la rosa. Nella gamma dei vegetali avvertiamo un profumo di oliva sotto calce e, inaspettatamente, il fiore di cappero, che lascia il passo, tra le erbe aromatiche, al rosmarino, all’origano, alla china e al rabarbaro. Tra i minerali riconosciamo il sentore di grafite, mentre tra le spezie riconosciamo un profumo intenso di pepe nero e un leggero sentore di chiodi di garofano, di anice stellato e di assenzio. Nelle tostature si percepisce leggermente il tabacco biondo, il cuoio, il cacao amaro e, per finire, tra i balsamici cogliamo l’eucalipto. Negli eterei riconosciamo una sensazione di cenere, incenso e di smalto. Si tratta di un vino molto complesso, ampio e lungo con una qualità definita. Al primo sorso appare secco, leggero e avvolgente, fresco con tannini setosi, sapido, con un corpo strutturato, ma sicuramente in evoluzione poiché l’acidità e il tannino sono imperanti. La persistenza è lunga con una qualità definita e delle prospettive di consumo abbastanza lunghe perché deve ancora affinare. Si può abbinare ad uno stracotto di capriolo, a dei brasati, al purceddu, ma anche alla coda e alla lingua di bue, specialità tipiche della Barbagia.