Ho avuto la bella idea di trascorrere le ferie in Sicilia, trovandomi così nel bel mezzo di un agosto particolarmente torrido … terra di una bellezza straordinaria, la Sicilia, e di contraddizioni incredibili; un viaggio che rimarrà nella mia memoria per la bellezza del paesaggio, per le stupende opere d’arte, per le testimonianze del passato, per il senso di ospitalità dei siciliani, per quella dimensione di insularità e di orgoglio di appartenenza alla Trinacria che si respira in ogni dove.
Un giorno, dopo aver visitato la bellissima Selinunte e i suoi templi risalenti al 500 a.C., mi sono fermato con l’obiettivo principale di trovare un po’ di refrigerio in quel di Castelvetrano, provincia di Trapani; la guida del Touring non le assegna nemmeno una stellina ma ero proprio stanco e decisi di fermarmi nella prima trattoria che avrei trovato.
Fu così che arrivai da Giovanni, proprio nel centro del paese: trattoria senza grandi pretese ma accogliente, con il titolare, Massimo, particolarmente ospitale e loquace; appena seduto mi trovo di fronte un dipinto e chiedo “ma quello è Salvatore Giuliano” con il mio inconfondibile accento veneto. Il titolare con un fare a metà tra il sorpreso e il sospettoso (ma chi è sto qua che arriva dal profondo Nord e che si accorge immediatamente di Turiddu, avrà pensato) mi chiede “non verrà farmi la morale anche Lei spero”, al che io alzai le mani esclamando “ghe mancaria altro!”.
Superato il primo scoglio Massimo mi racconta la storia di quel dipinto e del ricordo, suo e della sua famiglia, di quello che viene considerato un bandito sanguinario.
“Vede quel signore che sta seduto laggiù in fondo?” mi dice “E’ mio padre, rimase orfano da piccolo, e il fuoco distrusse la povera casa dove abitava con mia nonna; così a sette anni incominciò a lavorare in una trattoria vicino a casa: portava l’acqua ai tavoli e dava un po’ una mano. Un bel giorno arrivò per mangiare Salvatore Giuliano, depositò il fucile sul muro e chiese a mio padre come mai stava lavorando invece di andare a scuola o a giocare; mio padre gli raccontò la sua storia e Giuliano gli regalò 1.000 (mille) lire che a quel tempo erano una fortuna. Con quei soldi mia nonna potè tirar su quattro muri e la loro vita cambiò radicalmente.
Lo so che Salvatore Giuliano viene sempre dipinto come un feroce criminale, ma questo è il suo vivo ricordo che abbiamo in famiglia e per questo abbiamo questo quadro qui esposto, anche se più di qualche avventore rimane perplesso quando lo vede: ma io non sono in grado né di giudicare né di condannare nessuno”.
Intanto la pasta con le sarde era pronta e così il racconto si concluse; dopo presi dei dolcetti buonissimi fatti in casa e alla fine il conto fu onestissimo (accompagnato da regolare scontrino fiscale, cosa non proprio frequente in Sicilia) con i caffè offerti dalla casa.
Salvatore Giuliano non è solo quello che emerge da questo racconto; su di lui è stato detto e scritto di tutto; anch’io non voglio né giudicare né condannare nessuno, ciascuno può farsi una propria idea studiando questa figura così discussa: feroce bandito a Portella della Ginestra, braccio armato del Movimento Indipendentista Siciliano, o Robin Hood siciliano ?
E mentre stavo uscendo, mi fu raccomandato di fermarmi nella splendida chiesa che stava a pochi metri …”Sgarbi l’ha definita la Cappella Sistina della Sicilia” mi disse Massimo tutto orgoglioso e, in effetti, la Chiesa di San Domenico è veramente un capolavoro: dall’ “Albero di Jesse”, l’albero genealogico di Gesù Cristo, al mausoleo del principe di Castelvetrano, Carlo Aragona Tagliavia (1521-1599).
Ettore Beggiato