La vera imputazione per Mattarella è procurato allarme

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La rivoluzione non è un pranzo di gala, che se lo mettano bene in mente! La presunzione di poter attraversare pacificamente la trama padronale, di voler aprire, per volontà popolare, il parlamento come una scatola di sardine, si scontra con la concezione della democrazia attribuita a Mario Monti: “…sarebbe come pretendere che le pecore guidino il pastore.” E di certo Luigi Di Maio è potuto sembrare un’ignara e ambiziosa pecorella che, senza cursus honorum, se non quella della designazione nel suo meetup, pretendeva di scalzare dagli scranni i sedimenti incrostati di generazioni di pastori.

Sergio Mattarella, figlio di Bernardo, pluriforme ministro democristiano degli anni ’50, democristiano a sua volta e ancor più medagliato ministro (soprattutto della difesa e vicepremier con delega ai servizi segreti) dalla testa luminosa e la faccia insensibile da cui si leva incredibile e comico un parlare serioso e bleso, non ha pensato nemmeno per un momento di affidare il potere nelle mani di quei ragazzi che avevano dalla loro solo uno straordinario numero di segni sulle schede elettorali.

La cui circostanza – un fatto bizzarro che sembrava placidamente avviarsi a consunzione – aveva già impegnato più volte i colleghi a latere di Mattarella con riforme costituzionali, elettorali e altri motivi depressivi della strana abitudine di votare. E non lo ha pensato mai, proprio perché dal primo istante ci ha gonfiato le pazienze con i lunghissimi e inutili incarichi esplorativi, buoni solo per perdere tempo e dimostrare che il popolo si era sbagliato.

Difatti, invece di dare l’incarico pieno a Matteo Salvini, e ammettere che la coalizione vincente di centrodestra era quella con le migliori probabilità di successo per formare un governo che potesse avere la fiducia del parlamento, ha invece chiamato in causa la Casellati con un preciso limite: e cioè verificare se ci fosse la possibilità di una maggioranza tra il centrodestra e il M5S. Una domanda inutile, se non stupida. L’incompatibilità delle due formazioni era evidente anche a un neozelandese.

Poi, invece di affidare l’incarico al partito di maggioranza relativa, e cioè a Di Maio, lo ha affidato a Fico, con il limite di verificare se ci fosse una maggioranza assieme al PD. Altra domanda inutile, ma in questa fase qualche neozelandese ci ha sperato. Sarà una caratteristica isolana, dai tempi di Corace e Tisia, o più recentemente da Carnevale e Mancuso, quella di forzare le regole: quasi un uso violento del potere e della forza al riparo dell’impossibilità pratica d’essere punito. Ma la caratteristica, se esiste, si è appoggiata a una simulazione, quella di Salvini, che non appena ha appurato dal giorno successivo al 4 marzo il trend positivo dei sondaggi, non stava più nella pelle per tornare alle elezioni, e ha usato ogni mossa per fare al meglio pubblicità al suo partito, confondendosi e inserendosi nella fortunata scia del M5S.

La Lega era già stata emancipata al governo da Berlusconi nel ’94 e, sebbene la faccia di Scalfaro fosse truce mentre faceva giurare il giovane Maroni come ministro dell’interno, negli anni seguenti lo spadone s’è dimostrato più che domestico col potere romano ed europeo. Il vero problema è il Movimento 5 Stelle. Se non proprio il suo programma, ma la sua morale è rivoluzionaria: fa quello che dice, minaccia prebende, pretende meriti, e insidia diritti acquisiti.

Tutte cose intollerabili per Sergio, e per Bernardo Giorgio Mattarella, figlio di Sergio (e “parallelo” a Giulio Napolitano, figlio ben posizionato là dove conta di re Giorgio, nella foto con Sergio e Bernardo, ndr), consulente di Marianna Madia (pronipote di Titta Madia ministro del ventennio) a 125 mila euro annui. Ecco come l’ignaro Di Maio, e l’ignaro Paolo Savona anche, sono stati presi in mezzo dalla loro ansia di fare qualcosa per il paese e da due falsoni che hanno montato il teatrino dell’incompatibilità, annullando la corsa sul filo di lana.

Le ridicole ragioni di Mattarella della difesa del risparmio e del governo non eletto dal popolo, sono ragioni dettate da una faccia di corno impudente che ha contribuito assieme agli allarmi procurati della stampa a far innalzare veramente lo spread e distruggere la fiducia dei mercati nel sistema Italia. In questo consiste il vero tradimento, il vero attentato: nell’uso delle pubbliche funzioni per l’interesse privato. Come al solito, ora più che mai, senza perdere tempo a escutere illustri costituzionalisti di cui oggi è assordante solo il silenzio.