Benevento, tra Sanniti, Romani, Longobardi e… streghe – La Via Francigena destinazione Roma, la 17ª tappa dal Sud

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volta arco di traiano
(foto flickr: Gionatan)

Dopo un lungo cammino nelle terre di Puglia, è ora di iniziare a esplorare la splendida Campania, attraverso le tappe della Via Francigena del Sud. Primo, immancabile stop, è Benevento, una città la cui storia è legata a doppio filo con quella dei Sanniti, dei Romani e delle… streghe.

Il nome della città, Beneventum, fu scelto dai Romani in sostituzione di quello originario, Maleventum. Questo curioso gioco di parole, facilmente comprensibile per che parla lingue romanze, sorge dalle circostanze nelle quali Benevento entrò a far parte dell’allora repubblica romana. Nel 321 a.C., l’esercito repubblicano subì la pesante sconfitta e la conseguente umiliazione da parte dei Sanniti nella famosa battaglia delle Forche Caudine. La città, nei pressi della quale lo scontro ebbe luogo, cambiò nome proprio quando i Sanniti furono sconfitti.

Benevento e le tracce romane

Eredi di quell’antica popolazione italica, i beneventani entrano a far parte della storia romana nel III secolo a.C.. La città presenta ancora tantissime testimonianze di quel periodo, alcune delle quali in ottimo stato di conservazione.

teatro romano benevento
Il teatro romano (foto flickr: Gionatan)

Tra queste, troviamo il teatro romano, risalente all’età imperiale. Il suo recupero iniziò alla fine dell’Ottocento, dopo la sua scoperta sotto uno strato di edifici costruiti successivamente all’età longobarda, quando fu abbandonato. Oggi, il teatro continua a ospitare spettacoli ed eventi culturali.

Ancora un altro capolavoro di epoca imperiale è l’arco di Traiano, le cui fini decorazioni sono giunte fino a noi perfettamente conservate. L’arco, a singola volta, celebrava il passaggio della via Traiana, nonché le imprese dell’imperatore, sia di pace che di conquista, protagoniste degli splendidi rilievi.

Arco di traiano benevento
Vista aerea dell’arco di Traiano (foto FB: Camponeschi Luigi)

La chiesa di Santa Sofia

Benevento vanta, tra le fila dei suoi capolavori storici, anche un sito patrimonio UNESCO Stiamo parlando della chiesa di Santa Sofia, splendido esempio di architettura longobarda dell’VIII secolo. La città, in seguito alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, divenne un importante e potentissimo ducato. La chiesa, dalla pianta molto singolare che ricorda una stella, è costituita da ben due strati di cerchi concentrici, di cui il più interno sormontato da una cupola.

Santa Sofia Benevento
La facciata di Santa Sofia, come si presenta oggi (foto: WikiMedia Commons)

I recenti restauri hanno parzialmente ricoperto di intonaco la sua austera facciata in pietra, ma non ne hanno comunque mascherato la bellezza: all’interno è ancora possibile ammirare alcuni affreschi risalenti al periodo della sua prima realizzazione.

La leggenda delle streghe

Conosciute nel dialetto locale come janare, le streghe erano donne che, in seguito alla stipula di un patto con il Diavolo, sarebbero diventate sue servitrici. Donne normali di giorno, streghe di notte: il loro aspetto mutava fino a diventare orrendo, e la loro missione era prendere di mira famiglie e perseguitarle.

abbattimento noce di benevento
Abbattimento del noce di Benevento (foto FB: Nello Pinto)
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Frontespizio del Trattato storico di Pietro Piperno sul noce di Benevento, datato 1640 (foto: Wikimedia commons)

L’origine del nome janara è incerta, ma sembra derivare da Diana, la dea romana della caccia, o da ianua, “porta”: secondo la credenza popolare, le streghe si sarebbero infatti intrufolate nella casa della malcapitata famiglia attraverso il buco della serratura.

Il mito delle streghe di Benevento sarebbe nato dal fatto che i Longobardi, che dominarono la zona dal VI secolo d.C., continuarono a officiare i propri riti pagani anche dopo la conversione al cristianesimo, avvenuta più per convenienza che per fede. I riti si svolgevano intorno a un noce alle porte della città. Si racconta che queste feste prevedessero riti orgiastici: il noce divenne quindi un luogo “di perdizione”, dove gli abitanti del luogo ritenevano si svolgessero rituali in onore del maligno. L’albero fu abbattuto da quello stesso vescovo Barbato che aveva convertito i Longobardi al cristianesimo. La credenza e la superstizione, invece, sopravvissero per oltre un millennio.