“La vice mulatta” di Biden, così Libero titola su Kamala Harris. Il direttore Senaldi approva la definizione con una faccia da… “gluteus maximus”?

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Kamala Harris, la
Kamala Harris, la "vice mulatta di Biden" per Libero

Libero, edizione cartacea di stamani, prima pagina, titolo: “La vice mulatta ha già rubato la scena a Biden“.

Così, senza nomi o cognomi. Niente Kamala Harris. Niente senatrice. Niente ex procuratore generale della California. La vice mulatta. Questa è.
L’etimologia di “mulatta” è chiara. Deriva da mulo e sta ad indicare qualcosa di meticcio, un ibrido tra due razze. Spesso, soprattutto in passato, è stato associato ai figli nati dall’unione di persone bianche e nere, con una carnagione a metà tra le due. Non è comunque un termine “neutro”. E’ un termine che avrebbe potuto usare mia nonna trent’anni fa: “varda che bea pelle quea mulatta”. Non un giornale di diffusione nazionale, oggi. A meno che, certo, quel giornale non sia Libero.
Una chiara strizzata d’occhio ai suoi lettori razzisti. La Harris è lì perchè è mezza “negra”, per tenere buone le masse, mica perché è brava.
Del resto, questi sono quelli di “Nilde Iotti brava a letto“, Virginia Raggi “patata bollente“, o “cala il PIL, aumentano i gay“.
Già immagino, comunque, le difese di Senaldi: “Mulatta non è un termine spregiativo. È quello che è. Conosco delle mulatte bellissime. Non abbiamo mica detto che è una prostituta. Il fatto che sia mulatta ha sicuramente inciso nella sua scelta come vice presidente, così come ha influito il colore della pelle nella scelta di Obama. Mulatto del resto è un termine che c’è anche nel dizionario, non è un insulto“.
Tutto questo, ovviamente, detto con una faccia da… gluteus maximus.

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