Il sito web vecio.it riporta che le caserme, a Vicenza, sono ben sette. Non poche per una città che ha poco più di centomila abitanti. Due caserme occupano una superficie rilevante: la Del Din (che ha preso il posto dell’Aeroporto Dal Molin) copre un’area di 580.000 metri quadri, la Ederle 615.000. Da notare che tutte e due appartengono al Demanio ma sono concesse all’esercito degli Stati Uniti d’America. Non alla NATO, proprio agli americani.
Gli altri edifici militari in città sono la Chinotto (in cui ha sede il COESPU, che è un centro di formazione dei Carabinieri per le unità di polizia impiegate in operazioni di pace), la Sasso (dove c’era fino al 2000 la Scuola Allievi di Polizia e, ora, c’è la Polizia Stradale), la S. Tommaso (fino al 1995 sede del Distretto Militare e poi della Guardia di Finanza) e la Borghesi, che ospitava il Comando Militare di Zona. Tanti acquartieramenti, dunque, ma soldati davvero pochi, almeno quelli italiani.
L’attenzione va a un paio di caserme che sono finite nel calderone degli edifici “ex-qualcosa” che costellano Vicenza.
La Borghesi, infatti, è stata dismessa dall’Esercito nel 1995 ed è nell’abbandono più completo da oltre un quarto di secolo. La stessa sorte è toccata a una caserma minore (tanto da non avere nemmeno un nome), centralissima perché è a due passi dal Giardino Valmarana-Salvi: è la ex (ovviamente) caserma della Guardia di Finanza. Deserta anch’essa da venticinque anni e in completa fatiscenza.
Come tutti gli edifici vicentini che sono stati qualcosa in passato e che non sono più riusciti ad avere una nuova funzione, anche le due vecchie caserme sono finite nel tipico tunnel senza fine dei progetti di recupero e riutilizzo che mai trovano realizzazione.
La storia della Borghesi comincia nel 1935. Costruita dal Fascismo, è inaugurata il 3 aprile e intitolata a Arnaldo Mussolini, il fratello del Duce. Nel dopoguerra cambia nome ed è dedicata alla memoria di un sottotenente caduto in battaglia nel 1945 e decorato con medaglia d’argento. Nel 1955 è destinata al Comando militare di Zona. Giusto a cinquant’anni dall’inaugurazione, l’Esercito se ne va e la caserma diventa “ex”.
La Borghesi è un bel complesso: un’area di 8.900 metri quadri in zona semicentrale, ad angolo tra strada Borgo Casale e stradella Forti in Corso Padova, quasi interamente edificata sui quattro lati e con un ampio spazio centrale. È incastonata in un quartiere residenziale molto popoloso e, quindi, è abbastanza dissonante con il contesto urbano. La facciata, in classico stile Ventennio e su cui spiccano due aquile con fascio littorio, è perfino soggetta a vincolo posto dal Mibact nel 2009. Lo stile della fronte su Borgo Casale può piacere o no, dipende forse anche dai gusti di chi è legato a certe nostalgie, ma non si può in tutta onestà dire che si tratti di un edificio imprescindibile.
Il problema è il solito: che ce ne facciamo? Venticinque anni non sono stati sufficienti per dare una risposta. E intanto l’inutilizzo non fa certo bene e, anzi, invoglia i soliti habitué dei siti abbandonati a diventarne inquilini abusivi.
Nel 2004 si muove qualcosa. La Provincia acquista il complesso dalla Difesa: il progetto è trasformare la Borghesi in una struttura collegata all’Università che ha sede poco distante, creando un piccolo campus con mensa, laboratori e aule, spazi per attività sportive. Una buona idea, si direbbe, e anche concreta. Le cose – che strano – prendono però un andazzo per così dire a rilento. Dopo ben quindici anni, nel 2019, finalmente se ne riparla: è firmato un protocollo di intesa tra Provincia e Comune, che s’impegna a adottare le modifiche urbanistiche necessarie per la riqualificazione della caserma. Siamo nel 2021: è ancora tutto fermo.
La casermetta ex Guardia di Finanza è messa anche peggio. Necessita, infatti, di un intervento urgente di restauro e bonifica ma il Comune, che ne è proprietario, nulla fa. Più che l’edificio, che non ha alcun pregio architettonico e quindi non è soggetto a vincoli, conta la sua ubicazione: all’interno delle mura scaligere e in pieno centro storico. Si tratta di quasi 900 metri quadri coperti e di altrettanti scoperti, un bel boccone per chi vuole comprarlo e rimpiazzarlo con qualcos’altro che abbia una destinazione commerciale appetibile.
Nel 2010 il Comune mette in vendita il complesso e sembra che le cose si mettano bene, perché si trova subito l’acquirente: all’inizio del 2011 è firmato il preliminare di vendita dell’ex caserma alla Immobiliare Gorizia per una cifra di circa due milioni di euro. Solo che il privato versa una caparra di centomila euro e stop, perché non c’è accordo con Palazzo Trissino sulla destinazione d’uso. La immobiliare vorrebbe riconvertirla in appartamenti, uffici e negozi mentre l’amministrazione comunale ammette solo il residenziale. La compravendita non si conclude.
Sette anni dopo il Comune ci riprova. La giunta Variati lancia un’ipotesi di accordo con Investire SGR, una grossa società di gestione del risparmio, che prevede, a fronte di un bel pacco di milioni, la cessione di una serie di edifici di proprietà comunale, fra cui anche la ex-GDF. Nemmeno questa soluzione va in porto perché non si riesce a concludere prima della fine del quinquennio.
Ora è la volta di Rucco, che prova a chiedere allo Stato 45 milioni di euro, su 853 stanziati nel 2019 per processi di rigenerazione di ambiti urbani particolarmente degradati, per finanziare tre progetti di recupero di beni comunali, fra cui torna a far capolino la caserma di contrà Mure della Rocchetta. Vedremo…
Nell’attesa non può che continuare a peggiorare “lo stato di forte degrado e decadimento”, riprendendo la delibera della Commissione Patrimonio del 20 marzo 2018. Il rudere in pieno centro è in bella vista.
Qui gli articoli della rubrica “La Vicenza degli orrori”
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