La Vicenza degli orrori: Giardini Salvi, quei padiglioni dell’ex Fiera brutti e abbandonati

1950
Giardini Salvi in abbandono
Giardini Salvi in abbandono

Più ti guardi attorno, in centro a Vicenza, e più trovi ruderi, abbandoni, sporcizia e degrado. Scenari che sussistono da decenni tant’è che il vicentino nemmeno se ne accorge ormai, perché l’occhio non li vede e fan parte del panorama. Neanche la vicinanza o, come nel caso di cui si tratta stavolta, la stridente contiguità con architetture di intramontabile bellezza e con uno storico ed elegante parco riescono a indispettire chi guarda.
I Giardini Salvi (sarebbe più corretto il singolare, ma questa è la dizione popolare) sono un patrimonio plurisecolare di Vicenza, un bene pubblico di singolare bellezza che è riuscito per cinquecento anni a sopravvivere e a difendere la sua identità in mezzo all’urbanizzazione, spesso irrispettosa, che è cresciuta loro attorno.

I Giardini Salvi, come erano
I Giardini Salvi, come erano

L’idea e il merito della creazione del giardino è di Giacomo Valmarana che, appena superata la metà del Cinquecento, ottiene dai reggitori della città il permesso di acquistare un’ampia area appena fuori la Porta Castello (dove c’è la sua magione che, in parte, incorpora il forte scaligero) per trasformarla in luogo dello spirito: un parco in cui i Valmarana e i loro ospiti trovano serenità e ristoro fra piante, acque e animali.
Parte dell’area è inedificabile per vincolo militare (è adiacente alle mura) ma, non si sa come, il nobile vicentino riesce a convincere podestà e capitano della Serenissima.

I Giardini Salvi in abbandono, solo progetti da ex fiera a polo culturale ricreativo
I Giardini Salvi in abbandono, solo progetti da ex fiera a polo culturale ricreativo

Il giardino occupa un rettangolo di territorio compreso fra le mura, la via verso la Basilica di San Felice, quella ad essa perpendicolare che esce da Porta Nova (l’ultima costruita in città a fine ‘300) e la porzione più a est della cinta muraria che parte dalla Rocchetta. All’esterno delle mura scorre la Seriola, la roggia che le costeggia e difende a partire da Porta Santa Croce. Il Valmarana ne devia il percorso all’interno del parco e trasforma i due bracci a angolo retto in altrettante peschiere. Nella intersezione forse egli stesso o, più probabilmente, il nipote Leonardo una trentina d’anni dopo aggiunge la splendida Loggia di forme palladiane – ma non disegnata da Palladio – che è uno dei luoghi simbolo della grande bellezza di Vicenza.

È Leonardo che inaugura il Giardino nel 1592 aprendolo, ovviamente, solo all’aristocrazia. A metà del Seicento, i suoi figli aprono il portale in forma di arco di trionfo sul lato sud e costruiscono nel vertice in prossimità di Porta Nova un’altra Loggia, più ispirata allo Scamozzi che alla archistar vicentina. Entrambi sono attribuiti al veneziano Baldassarre Longhena.
A metà del Settecento, la proprietà del Giardino passa ai Salvi. È una ricchissima famiglia veronese di commercianti di salumi, non nobile però. Ciò non ostante l’ultima dei Valmarana sposa un Salvi e la famiglia, per mettersi in pari, nel 1750 acquista per 60 mila ducati il titolo nobiliare. Girolamo Salvi muore senza figli nel 1878, tre anni dopo aver nominato erede universale il Comune di Vicenza.

E cosa fa il Comune del Giardino? Ovviamente lo lascia in abbandono (vecchio e mai dismesso vizio delle amministrazioni cittadine) per trent’anni, fino al 1° giugno 1909, quando finalmente lo apre al pubblico.
Tutto bene fino al secondo dopoguerra, quando nasce la Fiera Campionaria Nazionale di Vicenza. Dove si pensa bene di collocarne la sede? Nei Giardini Salvi. Che sono violentati con l’inserimento nel lato nord di due padiglioni, incastonati fra le due storiche Logge ma, quel che è peggio, del tutto dissonanti da esse. Per far posto agli edifici espositivi sono brutalmente abbattute le antiche mura e le serre sottostanti.

L’architetto Sergio Ortolani (lo stesso che firma il Villaggio del Sole) progetta “due lunghi padiglioni col pettine delle stecchite colonne di cemento senza base e capitello”, come li descrive il grande storico dell’arte Renato Cevese, che ne stigmatizza “l’esito davvero infelice con quella riesumazione di forme littorie, un tantino rammodernate”.

Giardini Salvi, uno stabile abbandonato dell’ex fiera di Vicenza
Giardini Salvi, uno stabile abbandonato dell’ex fiera di Vicenza

Obbiettivamente salta agli occhi che quegli edifici di un bianco cangiante e dalle forme anonime nella loro semplicità nulla hanno a che fare con l’armonia e i cromatismi delle Logge neoclassiche (costrette a farne da involontarie quinte) e con la serena bellezza del parco, dai pregiati alberi secolari e dalle vaste aiole regolari e abbellite da copie di statue dell’antichità. Povero Giardino, già aggredito all’esterno da palazzoni, vecchi e nuovi, che incombono dalle strade perimetrali, uno dei quali addirittura superando il culmine della scuola di piazzale Giusti, almeno essa progettata a inizio Novecento con un minimo di rispetto e di gusto.

I Giardini Salvi in abbandono, l'ex cinema Arlecchino
I Giardini Salvi in abbandono, l’ex cinema Arlecchino

La Fiera lascia il Giardino nel 1971 e si trasferisce nella nuova sede in zona industriale. Sorge a questo punto, come sempre, il dilemma: che ce ne facciamo dei padiglioni dismessi? In quello a ovest c’è già il Cinema Arlecchino, per l’altro arriva la palestra coperta di una società di atletica.

Intanto fioccano i progetti e non solo per l’ex Fiera: dal Museo di arte moderna al ristorante nella Loggia Longhena (Cicero dixit) fino alla nuova sede di Assindustria al posto della scuola. More solito, non ne va in porto uno.

I Giardini Salvi in abbandono, uno scorcio
I Giardini Salvi in abbandono, uno scorcio

Intanto il Cinema chiude i battenti e la sala diventa per qualche anno aula per corsi universitari. È l’ultimo sprazzo di vita per i padiglioni fieristici, a parte i volenterosi atleti che si allenano nella raffazzonata porzione est. Abbandono e degrado si prendono il loro consueto spazio, arrivano i senza tetto e i drogati, sporcizia e piante spontanee invadono il colonnato e i vialetti. Ne è coinvolta anche la Loggia Longhena, al limite della fatiscenza e sbarrata nella porta sul retro da una triste e approssimativa palizzata.
Già di suo brutta e dissonante questa parte del Giardino Salvi è condannata a un inevitabile peggioramento conseguente al disuso e all’incuria. Ma è mai possibile che in questa città non si trovino mai soluzioni per salvare le sue bellezze?


Qui gli articoli della nuova rubrica “La Vicenza degli orrori”


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Gianni Poggi
Gianni Poggi risiede e lavora come avvocato a Vicenza. È iscritto all’Ordine dei giornalisti come pubblicista. Le sue principali esperienze giornalistiche sono nel settore radiotelevisivo. È stato il primo redattore della emittente televisiva vicentina TVA Vicenza, con cui ha lavorato per news e speciali ideando e producendo programmi sportivi come le telecronache delle partite nei campionati del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi, i dopo partita ed il talk show «Assist». Come produttore di programmi e giornalista sportivo ha collaborato con televisioni locali (Tva Vicenza, TeleAltoVeneto), radio nazionali (Radio Capital) e locali (Radio Star, Radio Vicenza International, Rca). Ha scritto di sport e di politica per media nazionali e locali ed ha gestito l’ufficio stampa di manifestazioni ed eventi anche internazionali. È stato autore, produttore e conduttore di «Uno contro uno» talk show con i grandi vicentini della cultura, dell’industria, dello spettacolo, delle professioni e dello sport trasmesso da TVA Vicenza. Ha collaborato con la testata on line Vvox per cui curava la rubrica settimanale di sport «Zero tituli». Nel 2014 ha pubblicato «Dante e Renzo» (Cierre Editore), dvd contenente le video interviste esclusive a Dante Caneva e Renzo Ghiotto, due “piccoli maestri” del libro omonimo di Luigi Meneghello. Nel 2017 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza il documentario «Vicenza una favola Real» che racconta la storia del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi e G.B. Fabbri, distribuito in 30.000 copie con il quotidiano. Nel 2018 ha pubblicato il libro «Da Nobile Provinciale a Nobile Decaduta» (Ronzani Editore) sul fallimento del Vicenza Calcio e «No Dal Molin – La sfida americana» (Ronzani Editore), libro e documentario sulla storia del Movimento No Dal Molin. Nel 2019 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza e Videomedia il documentario «Magico Vicenza, Re di Coppe» sul Vicenza di Pieraldo Dalle Carbonare e Francesco Guidolin che ha vinto nel 1997 la Coppa Italia. Dal 9 settembre è la "firma" della rubrica BiancoRosso per il network ViPiù, di cui cura anche rubriche di cultura e storia.