A Vicenza, centro o periferia non cambia, ci sono un sacco di posti “ex qualcosa”: ex Macello, ex Siamic, ex Colonia Bedin, ex carcere, ex ecc. ecc. In genere coincidono con aree o edifici pubblici dismessi e abbandonati da decenni. Spesso sono ridotti a ruderi o rovine. In comune hanno tutti un grande futuro. Ma solo a parole, perché in realtà restano sempre e solo vistosi buchi nel contesto urbano, isole di degrado e di bruttezza, spesso rifugio di senzatetto, malavitosi e drogati. Insomma: orrori.
Per questi siti i reggitori della città varano immancabilmente progetti di riuso, ricostruzione, riconversione. Progetti tutti condannati inevitabilmente a restare tali. Vecchio vizio vicentino: grandi idee, pochi fatti.
Al limite della periferia nord, in una area triangolare di ben 13.000 metri quadrati (pari alla superficie di due campi di calcio) che occupa una porzione tutt’altro che marginale del quartiere di san Bortolo, campeggia da dodici anni la ex Centrale del latte di Vicenza. In buona parte si tratta di scoperto, dopo la demolizione di alcune strutture minori ma, sul lato settentrionale, la storica palazzina della sede è tuttora in piedi.
Guardando il sito con la ottica satellitare di Google Earth, si rimane basiti alla vista di questo grande buco grigio in mezzo alle case di un rione popoloso, a distanza solo di poche centinaia di metri dalle mura scaligere e dalla porta di san Bortolomio (Bortolo, nella vulgata).
Lo stabilimento della Centrale del latte di Vicenza è lì, in mezzo alle abitazioni, da novant’anni. Finito di costruire ed entrato in attività nel 1931, ampliato a più riprese, la sua anomala presenza di sito industriale nel bel mezzo di una area residenziale si è conclusa nel 2008, quando l’azienda si è trasferita nella nuova sede operativa a Vicenza est. Generazioni di abitanti del quartiere sono quindi stati costretti alla convivenza ravvicinata prima con una fabbrica e poi, nell’ultima dozzina di anni, con un rudere.
Del malcontento della popolazione si è fatto portavoce già quattro anni prima della dismissione un Comitato Civico presieduto da Giancarlo Albera, uno dei protagonisti del No Dal Molin. Proprio nel 2004, infatti, il Comitato ex Centrale confluisce con altri gruppi locali nel Coordinamento dei Comitati Cittadini che sarà, con il Presidio, una delle due anime della contestazione alla seconda base americana a Vicenza. Ancora oggi è il Coordinamento a battersi per la trasformazione di quello spazio vuoto e inutilizzato in un polo urbanistico al servizio della comunità.
In questo caso non si può proprio dire, diversamente da quanto successo per le sorti di altri siti “ex”, che la cittadinanza sia rimasta inerte. Anzi. Il Comitato manda subito al sindaco Hullweck una “petizione popolare” corredata da 1300 firme. La richiesta è chiarissima: l’area (che è di proprietà del Comune) va “destinata a servizi pubblici” e i cittadini devono essere coinvolti nel progetto. Nel febbraio 2006 il Consiglio Comunale approva una mozione che impegna l’Amministrazione a rispettare i contenuti della petizione.
Nel 2008 diventa Sindaco Achille Variati e, per l’ex Centrale del Latte, sembra aprirsi una corsia preferenziale. Il nuovo primo cittadino, infatti, è originario proprio del quartiere e quindi da lui ci si aspetta una fattiva attivazione. Invece l’Amministrazione avvia con la consueta lentezza il lavoro progettuale e la predisposizione dell’iter burocratico. Il Comitato propone di conservare la Palazzina all’angolo tra via Medici e via Mentana e il parallelepipedo della sede storica, abbattendo gli edifici di servizio. L’area liberata sarà divisa in due parti: la fascia su via Medici (comprese le le due costruzioni rimaste) da destinare a servizi pubblici, piazzetta degli eventi, zona a verde attrezzato e parcheggi; quella opposta, su via Monte Grappa, da vendere a privati.
Ma a questo punto le cose cominciano a andare male: i primi due bandi di vendita vanno deserti. L’impresa che vince il terzo bando presenta la documentazione incompleta e la alienazione si blocca. L’unico passo avanti è, il 23 dicembre 2009, la assegnazione dell’appalto dei lavori di liberazione e bonifica dell’area.
Passano ben sette anni prima che la faccenda si sblocchi. Nel dicembre del 2016 la seconda Giunta Variati assegna all’area ex-Centrale quattro milioni di euro del Bando Periferie. Il Comune ora ha i fondi necessari per sistemare l’intera zona senza ricorrere al privato e parte in quarta approntando i progetti esecutivi del primo e del secondo stralcio. Prima che scada il mandato, Variati riesce ad affidare l’appalto dei lavori ad una impresa edile locale. La successiva Giunta Rucco eredita quindi un caso insoluto e ancora ben lontano da una conclusione. Nel 2020 ci si mette pure la Soprintendenza che ordina lo stop dei lavori alla ristrutturazione della sede (che in effetti è vincolata): servono modifiche sostanziali al progetto.
Come se non bastasse, sono necessarie opere di bonifica (anche bellica) dell’area che, nel frattempo, si allaga: siamo in quella vasta porzione extraurbana occupata secoli fa dal Laghetto, che era una sorta di palude che arrivava alle porte della città.
L’ultima svolta è dello scorso gennaio. Torna in pista la idea di alienare a privati 1.500 metri quadri sul lato di viale Grappa, dove dovrebbe esserci la famosa area verde. Se tutto va bene, serviranno altri cinque anni per realizzare il progetto. I cittadini di san Bortolo si mettano il cuore in pace, un quarto di secolo non basterà ad avere il loro sospirato centro civico.
Qui gli articoli della rubrica “La Vicenza degli orrori”
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