La Vicenza degli orrori: l’ex Cotorossi, i nuovi rioni sorti nel posto e nel modo sbagliati/2

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Il rione impropriamente chiamato Borgo Berga
Il rione impropriamente chiamato Borgo Berga

Cinquant’anni dopo la nascita di quello che all’epoca era considerato un nuovo ed innovativo rione, quello di viale Milano, a ridosso del Centro Storico, di Campo Marzo e di Monte Berico, a Vicenza è stato inferto un nuovo vulnus con una iniziativa che replica le medesime negatività dell’antenato.

I bastioni che sorreggono i palazzi della zona residenziale visti dalla confluenza dei fiumi Bacchiglione e Retrone
I bastioni che sorreggono i palazzi della zona residenziale visti dalla confluenza dei fiumi Bacchiglione e Retrone

Di nuovo al limite del nucleo antico della città e cioè appena extra moenia; di nuovo a diretto contatto con un ambiente naturale incomparabile qual è quello fra le pendici del colle, la confluenza dei due fiumi e l’avvio della Riviera Berica; di nuovo, infine, in completa dissonanza con l’identità architettonica vicentina e con due delle più belle ville di Vicenza: Villa Valmarana ai Nani e, nientemeno, Villa Capra detta La Rotonda. Che sono prospicienti.
Lo hanno chiamato Borgo Berga e anche questo nome è una violazione irrispettosa della storia della città. Quello detto Berga è uno dei quartieri più antichi, conta più di mille anni di vita e un’estensione ragguardevole. È un triangolo con il vertice a mezzogiorno, perimetrato a nord dalle mura altomedievali (fra Ponte Furo e le piarde lungo le rive del Bacchiglione), a est dallo stesso fiume, a ovest dalla linea del colle. Il Borgo rimase fuori dalle mura fino al XV secolo: nei capitoli della dedizione alla Serenissima (1404) Vicenza chiese di poterlo recintare. Il Doge benevolmente concesse, forse anche perché le spese erano a carico dei vicentini.
All’interno del quartiere, grande sì ma non enorme, c’era una incredibile concentrazione di monasteri, ben quattro, di cui tre uno in fila all’altro (quelli di Santa Chiara, di San Tomaso e di Santa Caterina). Sono ancora in piedi: occupano i terreni fra il Bacchiglione e tutto il fianco sinistro della strada che attraversa il quartiere. Il quarto convento, quello di San Silvestro, sta invece al margine ovest, di fronte alla via che va ai Portici.
Anche il toponimo Berga ha una lunga storia. È di palese origine germanica e il Giarolli (“Vicenza nella sua toponomastica stradale” 1955) riporta che tale poteva essere addirittura il nome primitivo della città o, quanto meno, di un nucleo urbano esterno. Come poi evidenzia la assonanza, Berga e Berico hanno la stessa etimologia.
Borgo Berga, infine, contava su ben due porte: Porta Lupia che immetteva sulla strada che, costeggiando il Retrone, portava a Lonigo e Porta Monte, che invece dava accesso alla Riviera Berica e alle Scalette di Monte Berico.
In conclusione: chiamare Borgo Berga il nuovo lembo della città è stata, per così dire, una vera e propria appropriazione indebita.
Il nuovo rione è sorto nei primi anni del secolo dove, dalla fine dell’Ottocento, sorgeva il grande stabilimento del Cotonificio Rossi. La scelta di piazzare proprio lì, al margine dell’abitato, una fabbrica sarebbe oggi impensabile. Ma allora non era così inconsueto, visto che, proprio a Vicenza, le acciaierie fronteggiavano, sull’altro lato di viale Mazzini, le mura scaligere.
Quando, quasi dopo un secolo, il Cotonificio chiude i battenti, ci sarebbe l’occasione per restituire la originaria bellezza ambientale all’entrata più suggestivaa della città abbattendo i capannoni e restituendo alla natura i terreni. Ma l’area è di proprietà privata ed è diventata edificabile. Passata di mano più volte, alla fine ne è ceduta una parte allo Stato che vi edifica il nuovo Tribunale e un’altra a un consorzio di imprese che tira su una zona commerciale-direzionale-residenziale.

Il nuovo Tribunale di Vicenza
Il nuovo Tribunale di Vicenza

Sull’estetica del Palazzo di Giustizia, che svetta incongruo e imponente e si vede, purtroppo, fin dalla “pontara” di santa Libera, i pareri sono concordemente negativi per non dire altro. Il rioncino, invece, è chiuso su sè stesso per tutti e quattro i suoi lati e, visto dall’interno, ha una sua gradevolezza e un aspetto uniforme e coerente. Il problema è l’esterno. Dal lato che dà sul Retrone i palazzi sono a picco sulla riva e sormontano una sorta di alta muraglia che arriva fino alla confluenza con il Bacchiglione. Sempre su quella fronte, ma al di là del fiume e della strada, a distanza di poche decine di metri, la cortina di edifici incombe in prospettiva sui prati del declivio del colle e su ville Patrimonio dell’Umanità, con cui non ha proprio nulla a che fare. A oriente, infine, il complesso fronteggia le campagne ancora miracolosamente non inurbate verso Casale.
Chi arriva dalla Riviera Berica, reduce dalla vista d’altri tempi della Rotonda, dei Colli Berici e del placido fiume, si trova improvvisamente davanti una cortina di palazzoni che toglie il fiato e colpisce per la sua estraneità a quanto sta attorno. È pure costretto ad attraversare il nuovo insediamento – non sia mai che si perda qualche dettaglio – perché è stata anche violentata la antica viabilità.

L'imbocco della circonvallazione interna che è necessario percorrere per arrivare a piazzale Fraccon
L’imbocco della circonvallazione interna che è necessario percorrere per arrivare a piazzale Fraccon

La storica immissione della Riviera Berica al piazzale delle Scalette, infatti, non è più raggiungibile lungo il percorso rettilineo originale ma è imposta la percorrenza di una sorta di circonvallazione interna che torna a cinquanta metri dalla svolta iniziale. Il perché di questa maxi-rotatoria non lo ha ancora capito nessuno.
Se questo rioncino dell’ex-Cotorossi fosse stato costruito altrove, avrebbe potuto essere quella zona residenziale di buon profilo e di estetica accurata che manca alla città. Se il nuovo Tribunale fosse stato progettato simile a quelli di Padova e di Treviso, tanto per fare due esempi vicini, avrebbe aggiunto alla Vicenza del Duemila un edificio pubblico moderno ma compatibile, pur nella sua attualità, con quelli storici all’interno delle mura.
Si è preferito invece far sorgere il nuovo “Borgo Berga” in un posto sbagliato e nel modo sbagliato. Vicenza ci ha rimesso definitivamente la dolce bellezza dell’ultima propaggine dei Berici.


Qui gli articoli della rubrica “La Vicenza degli orrori”


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Gianni Poggi
Gianni Poggi risiede e lavora come avvocato a Vicenza. È iscritto all’Ordine dei giornalisti come pubblicista. Le sue principali esperienze giornalistiche sono nel settore radiotelevisivo. È stato il primo redattore della emittente televisiva vicentina TVA Vicenza, con cui ha lavorato per news e speciali ideando e producendo programmi sportivi come le telecronache delle partite nei campionati del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi, i dopo partita ed il talk show «Assist». Come produttore di programmi e giornalista sportivo ha collaborato con televisioni locali (Tva Vicenza, TeleAltoVeneto), radio nazionali (Radio Capital) e locali (Radio Star, Radio Vicenza International, Rca). Ha scritto di sport e di politica per media nazionali e locali ed ha gestito l’ufficio stampa di manifestazioni ed eventi anche internazionali. È stato autore, produttore e conduttore di «Uno contro uno» talk show con i grandi vicentini della cultura, dell’industria, dello spettacolo, delle professioni e dello sport trasmesso da TVA Vicenza. Ha collaborato con la testata on line Vvox per cui curava la rubrica settimanale di sport «Zero tituli». Nel 2014 ha pubblicato «Dante e Renzo» (Cierre Editore), dvd contenente le video interviste esclusive a Dante Caneva e Renzo Ghiotto, due “piccoli maestri” del libro omonimo di Luigi Meneghello. Nel 2017 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza il documentario «Vicenza una favola Real» che racconta la storia del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi e G.B. Fabbri, distribuito in 30.000 copie con il quotidiano. Nel 2018 ha pubblicato il libro «Da Nobile Provinciale a Nobile Decaduta» (Ronzani Editore) sul fallimento del Vicenza Calcio e «No Dal Molin – La sfida americana» (Ronzani Editore), libro e documentario sulla storia del Movimento No Dal Molin. Nel 2019 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza e Videomedia il documentario «Magico Vicenza, Re di Coppe» sul Vicenza di Pieraldo Dalle Carbonare e Francesco Guidolin che ha vinto nel 1997 la Coppa Italia. Dal 9 settembre è la "firma" della rubrica BiancoRosso per il network ViPiù, di cui cura anche rubriche di cultura e storia.