La Vicenza degli orrori: quartieri sbagliati nei posti sbagliati/3, le “aree d’oro” di viale Mazzini

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La bonifica dell'area ex Beltrame
La bonifica dell'area ex Beltrame

Le chiamavano “aree d’oro”. Quei terreni, a ovest del Centro Storico e di fronte alle Mura scaligere del Tre-cento, in cui c’era la prima Zona Industriale di Vicenza. Quando, negli anni Settanta del secolo scorso, si decise di sloggiare in periferia gli stabilimenti, quei siti furono riconvertiti in zone residenziali e direzionali.

ex sede BPVi
ex sede BPVi

Un apprezzamento miliardario del loro valore immobiliare. Arrivarono le banche, in primis la Banca Popolare di Vicenza, e nacque la “city” vicentina. Arrivarono le grandi imprese edili e sorse un enorme quartiere di palazzi. Arrivò il Ministero degli Interni e vi piazzò la Questura. Per ultimo si mosse il Comune e edificò il teatro civico.
Ci fosse stato uno di questi investitori che avesse pensato, magari, di armonizzare il nuovo con il vecchio, la modernità con la storia, l’anonimato dei nuovi edifici con la tipicità del centro cittadino. Il risultato è che, chi passa per viale Mazzini, lo stradone su cui affaccia questo quartierone in cui si mischiano business, cultura, palazzoni e poliziotti, se guarda da un lato ammira una cortina di mura medievali lunga settecento metri e praticamente intatta ma, se si gira sull’altro, è annichilito dalla parallela e quasi ininterrotta sequenza di edifici di imponenza e invadenza tali da depauperare la bellezza delle antiche difese della città.

Le aree ex Valbruna, Beltrame e Zambon
Le aree ex Valbruna, Beltrame e Zambon

Certo, ci si può sempre consolare dicendo: be’, piuttosto che un chilometro di stabilimenti a pochi metri dal Centro Storico, meglio quello che è arrivato dopo, per quanto brutto e dissonante sia con la vecchia Vicenza. Vero, c’è sempre di peggio ma ciò non toglie che, sessant’anni fa, potevano anche pensarci che sarebbe stato meglio se il “nuovo” fosse stato un po’ meno in prossimità, un po’ meno voluminoso, un po’ più simile – nei limiti del possibile – al nobile vicinato dell’antico quartiere di Porta Nova.
Invece proprio per niente, tanto vincoli su quelle aree non ce n’erano, i Piani Regolatori evidentemente lo permettevano e, suvvia, il provincialismo della città si beava di avere una “city” sulla prosecuzione dell’altrettanto provincialotta “Manhattan de noialtri” viale Milano, sorto negli anni Cinquanta – non si sa come – nel posto più sbagliato possibile.

Le mura scaligere in viale Mazzini
Le mura scaligere in viale Mazzini

Le aree d’oro, in passato, si chiamavano contrada del Campo del Gallo. Non è certo se il toponimo derivasse da una antica fiera che lì si teneva o dal nome di una famiglia che ne era in gran parte proprietaria. A cavallo fra Ottocento e Novecento ci sbarcano le grandi industrie. Partendo da sud: le Acciaierie Beltrame, le Acciaierie Gresele (poi Valbruna) e la Magni, industria chimica acquistata in seguito dalla Montecatini. Una fronte di mille metri di fabbriche, fra l’altro non certo le meno inquinanti, per una profondità di quasi trecento metri. Da Corso san Felice e dall’omonimo Borgo a Porta Santa Croce e al convento dei Cappuccini. E, poco più a ovest c’era la Zambon.
Inquinamento? All’epoca non ne esisteva il concetto e nemmeno la parola stessa. Ma c’era, eccome. Nella tradizione orale si parla di una Seriola (la roggia che correva lungo le mura) le cui acque sono tutt’altro che chiare e fresche, hanno anzi un colore giallognolo non proprio naturale. E chissà che c’era rimasto in quei terreni, in quelle falde. Non lo sapremo mai. È stato tutto occupato e coperto dalle fondamenta delle nuove costruzioni e dai parcheggi interrati. È trascorso mezzo secolo e non c’è più niente da fare ormai. Ma basta vedere la quantità di trattamenti disinquinanti a cui è sottoposta da anni la contigua area ex-Zambon, per farci un’idea di quali schifezze possono essere finite sotto quegli stabilimenti.
La Valbruna si è trasferita nel 1972 nella nuova Z.I., la Beltrame quattro anni dopo. Anche la Montecatini, travolta dalla crisi, ha chiuso lo stabilimento di Vicenza. La successiva occupazione delle aree industriali è durata decenni e, tuttora, non è completa. La porzione più meridionale, quella della Beltrame, non ha ancora una destinazione. È stata per molto tempo un grande parcheggio a pagamento, in parte asfaltato, frequentato da tossici che cercavano riparo nei ruderi di un paio di edifici pertinenziali alla acciaieria, ancora in piedi. Le ultime notizie parlano di intese in corso fra il Comune e il Ministero per costruirvi la nuova Questura. E qui vien quasi da ridere perché dicono (ed è senz’altro vero) che, quella tirata su più a nord poche decine di anni fa, non è più capiente. E quindi, già che ci siamo, facciamone una nuova di zecca poco distante così non si rischia di sbagliare strada.
E la city? Addio sogni di gloria. Se li è portati via la Banca Popolare di Vicenza, sul tetto della cui sede centrale campeggiava una inaudita e pacchiana insegna lunga molti metri e visibile a chilometri di distanza. Nei palazzoni che ospitavano la Grande Illusione del Grand’Ufficiale Gianni Zonin c’è ora Banca Intesa, che si dice non veda l’ora di andarsene.


Qui gli articoli della rubrica “La Vicenza degli orrori”


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Gianni Poggi
Gianni Poggi risiede e lavora come avvocato a Vicenza. È iscritto all’Ordine dei giornalisti come pubblicista. Le sue principali esperienze giornalistiche sono nel settore radiotelevisivo. È stato il primo redattore della emittente televisiva vicentina TVA Vicenza, con cui ha lavorato per news e speciali ideando e producendo programmi sportivi come le telecronache delle partite nei campionati del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi, i dopo partita ed il talk show «Assist». Come produttore di programmi e giornalista sportivo ha collaborato con televisioni locali (Tva Vicenza, TeleAltoVeneto), radio nazionali (Radio Capital) e locali (Radio Star, Radio Vicenza International, Rca). Ha scritto di sport e di politica per media nazionali e locali ed ha gestito l’ufficio stampa di manifestazioni ed eventi anche internazionali. È stato autore, produttore e conduttore di «Uno contro uno» talk show con i grandi vicentini della cultura, dell’industria, dello spettacolo, delle professioni e dello sport trasmesso da TVA Vicenza. Ha collaborato con la testata on line Vvox per cui curava la rubrica settimanale di sport «Zero tituli». Nel 2014 ha pubblicato «Dante e Renzo» (Cierre Editore), dvd contenente le video interviste esclusive a Dante Caneva e Renzo Ghiotto, due “piccoli maestri” del libro omonimo di Luigi Meneghello. Nel 2017 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza il documentario «Vicenza una favola Real» che racconta la storia del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi e G.B. Fabbri, distribuito in 30.000 copie con il quotidiano. Nel 2018 ha pubblicato il libro «Da Nobile Provinciale a Nobile Decaduta» (Ronzani Editore) sul fallimento del Vicenza Calcio e «No Dal Molin – La sfida americana» (Ronzani Editore), libro e documentario sulla storia del Movimento No Dal Molin. Nel 2019 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza e Videomedia il documentario «Magico Vicenza, Re di Coppe» sul Vicenza di Pieraldo Dalle Carbonare e Francesco Guidolin che ha vinto nel 1997 la Coppa Italia. Dal 9 settembre è la "firma" della rubrica BiancoRosso per il network ViPiù, di cui cura anche rubriche di cultura e storia.