Il complesso monumentale di San Silvestro è uno dei siti più belli di Vicenza. Peccato che nessuno possa vederlo, però. Perché è chiuso e inaccessibile da anni.
Una volta tanto non si parla di abbandono, di fatiscenza o di progetti non realizzati. Perché l’antico convento benedettino e la contigua chiesa romanica sono stati restaurati da tempo e addirittura oggetto di riutilizzo e riconversione. A Vicenza? Ebbene sì: almeno questo storico monumento non ha subito la sorte dei tanti invece lasciati in decadenza e in vuota solitudine.
Ancora più grave, dunque, che ai vicentini sia negato il bello di una architettura che, per di più, sorge in uno dei punti più affascinanti della città: ai piedi di Monte Berico e di fronte all’imbocco della via che conduce ai Portici.
San Silvestro è al margine settentrionale di una parte della città che è stata letteralmente massacrata e deturpata dalla metà dell’Ottocento a oggi. Prima era una fascia di terreno lunga circa mezzo chilometro che, in direzione nord-sud, separava la cinta di mura (che chiudeva il quartiere di Berga verso il colle) e le prime pendici di questo. Immaginiamo che scenario fantastico doveva essere…
Nel 1845 agli austriaci viene in mente di costruire una ferrovia per collegare Venezia e Milano, le due capitali del Lombardo Veneto. Niente di male, anzi. Purtroppo, però, i progettisti dell’Imperial-Regia Privilegiata Strada Ferrata Ferdinandea Lombardo-Veneta decidono di farla passare, anziché a nord della città, come sarebbe stato magari più lungo ma sicuramente più semplice, sul lato opposto. C’è un problema mica da poco, però: sventrare un monte. La cosa è fatta senza il minimo riguardo per la città e il suo territorio: è sbancata tutta la fascia da Campo Marzo alle Scalette e, al suo posto, è creato un vallo (delimitato ai due estremi da altrettante gallerie) in cui corre la linea ferroviaria. Ci si chiede: non era meglio un unico tunnel che lasciasse il paesaggio inalterato?
Addio, quindi, all’ameno prato pedemontano e alla suggestiva cesura fra le mura e Monte Berico.
Non contenti gli austriaci costruiscono una nuova strada proprio a ridosso dell’erta, quella che oggi si chiama viale del Risorgimento Nazionale (nome, ovviamente, post Unità d’Italia). Un secolo e mezzo più tardi lo scempio è completato con il raddoppio della sede stradale sul lato opposto del vallo. Nemmeno stavolta viene in mente a qualcuno di coprire finalmente l’orrido buco e trasformarlo, una buona volta, in una galleria.
Ma non è finita. All’altro estremo dell’area, quello dove sta l’arco palladiano che introduce alle antiche Scalette (fino al Settecento la via che portava alla Basilica), infatti prima sorge una fabbrica, il notissimo Cotorossi, e poi, al suo posto, una delle moderne grandi bellezze (beninteso: in senso ironico) della città, ovvero il nuovo Tribunale.
È sconfortante pensare quanto bello doveva essere lo scenario in cui sorge il complesso di San Silvestro prima della devastazione e confrontarlo con quanto abbiamo invece oggi davanti: la fronte meridionale dà su un trafficatissimo incrocio semaforizzato, in cui confluiscono ben cinque strade. E non giova certo a migliorare la situazione il fatto che, da quella parte, l’edificio è solo parzialmente restaurato e chiuso da una recinzione lignea ormai cadente.
Di fianco a questa facciata ci sono la splendida chiesa romanica, che, secondo lo storico Francesco Barbarano, sarebbe stata costruita nel 752 dai benedettini dell’abbazia di Nonantola, e il convento che prima ospitava monaci e, dal Cinquecento, suore. La chiesa (che è stata anche sede della parrocchia del quartiere di Berga fino ai primi anni dell’Ottocento) consta di tre navate e aveva sei altari e un campanile, ritenuto fra i più belli di Vicenza.
Tutto cambia con l’arrivo dei francesi che sloggiano le suore e utilizzano il convento e gli annessi come alloggiamenti militari. La chiesa è chiusa e il campanile viene prima venduto e poi è addirittura abbattuto.
La sorte di San Silvestro è segnata, non tornerà più agli antichi fasti. Anzi, le cose peggiorano con l’arrivo dei Savoia e con l’annessione di Vicenza al Regno d’Italia. Il convento resta caserma (intitolata al generale Durando) e assegnata agli Alpini.
Come ricorda una lapide posta di fianco all’ingresso principale, da qui partirono per il fronte della Grande Guerra i battaglioni Vicenza, Val Leogra, Monte Berico e Monte Pasubio.
La chiesa, sconsacrata e profanata è lasciata in totale abbandono. Nel 1938 è abbattuto il soffitto seicentesco e sono rimossi gli altari, da cui sono già stati asportati i dipinti. Nel 1944 lo sfortunato monastero è vittima dei bombardamenti che sventrano il tetto.
La proprietà del complesso è demaniale e, forse per questo, riesce a ottenere una sollecita ricostruzione. La chiesa è data in concessione alla Diocesi che la utilizza come sede di manifestazioni d’arte a cura delle Associazioni Artisti per l’arte sacra. Nel 2015, però, la Diocesi rinuncia alla concessione perché è troppo costosa (come le necessarie opere di ristrutturazione) e restituisce tutto al Demanio.
Una via diversa prende l’ex convento, riconvertito a metà Anni Novanta in alloggi per studenti universitari: un’idea intelligente e lungimirante, una volta tanto, frutto di un accordo fra il Comune e l’Università di Padova. Ma la sfortuna di San Silvestro non ha mai fine: nel 2012 il college dev’essere chiuso perchè il terremoto con epicentro in Emilia provoca crepe nei muri. A tutt’oggi Regione e ESU (l’ente universitario che lo gestisce) si palleggiano la competenza del ripristino.
Qui gli articoli della rubrica “La Vicenza degli orrori”
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