La Vicenza degli orrori: uccisi dalla televisione e ridotti a ruderi gli ex cinema Palladio, Arlecchino e Corso, riadattato l’Italia

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Cinema Corso nel passato (foto di Maria Bernardi, Pinterest)
Cinema Corso nel passato (foto di Maria Bernardi, Pinterest)

Nel folto gruppo di edifici «ex-qualcosa» che spuntano da per tutto nel Centro Storico di Vicenza città bellissima e che, abbandonati da decenni e in attesa di originali riutilizzi che mai arrivano, sono diventati ruderi, c’è una sotto-specie significativa quanto curiosa: quella degli ex-cinema.
Ce ne sono ben quattro e per tre di essi si può parlare di ruderi. Le ex-sale in questione sono il Cinema Arlecchino, il Palladio, il Corso e l’Italia. Che, attenzione, non erano cinematografi parrocchiali ma di prima e seconda visione. Sorgono a poche centinaia di metri l’uno dall’altro e anche da Corso Palladio e da Piazza dei Signori. Difficile, insomma non imbattercisi.

L'accesso all'Arlecchino sul Giardino Salvi invaso da erbacce e piante
L’accesso all’Arlecchino sul Giardino Salvi invaso da erbacce e piante

La fine dei cinema risale a venti-venticinque anni fa, quando la lunga concorrenza della televisione, cominciata mezzo secolo prima, riesce ad averla vinta: la gente ora e ogni anno di più non ha più bisogno di uscire di casa per guardare un bel film, se lo vede sul televisore domestico (il cui schermo la tecnologia lo ha fatto ingrandire via via quanto mezza parete) e le pay tv mettono in palinsesto le novità con sempre più breve ritardo rispetto alle prime visioni dei cinema. I quali cercano la rivincita sulla tv con le multisala, corredate da poltrone da salotto, da impianti sonori stereo e con effetti speciali e da schermi ad alta definizione. I cinefili se la godono, non altrettanto i frequentatori del fine settimana che non possono più entrare in sala a spettacolo iniziato né, soprattutto, fumare come dannati riempiendo il soffitto di puzzolente e tossica nebbia provocata dalla combustione delle sigarette e dalle esalazioni dei polmoni. E, tanto meno, possono spegnere le cicche sui velluti delle sedute o sulle moquette dei pavimenti.
Ma neanche i multiplex riescono a rovesciare la situazione, perché esplode il mercato dei dvd e i grandi network tv inventano un format alternativo al film, le serie televisive, che, oltre a essere spesso ottimi spettacoli, creano fidelizzazione nel pubblico con il meccanismo degli episodi (o puntate, per i non appassionati del genere).

L'ingresso del Cinema Arlecchino e, sul tetto, lo spazio per il cinema all'aperto
L’ingresso del Cinema Arlecchino e, sul tetto, lo spazio per il cinema all’aperto

Davanti a questa offensiva, che non è solo commerciale e di marketing ma anche culturale e generazionale, la fine dei cinematografi è inevitabile e le sale chiudono una dopo l’altra. La mazzata finale la danno pandemia, lockdown, zone di vari colori. Al cinema non si va più, nemmeno nelle multisala.
Vicenza non è estranea al fenomeno globale. Lo stop alle proiezioni in città è pressochè contemporaneo e investe tutte le categorie di sale, da quelle di prima visione a quelle parrocchiali. Oggi rimangono appena due cinematografi in centro (il multiplex Roma e lo storico Odeon), un paio parrocchiali (il San Marco e il Patronato) oltre a realtà periferiche come l’Araceli e il Primavera.
Il Palladio era l’unico cinema extra moenia, anche se di poco. L’ingresso è in viale Verdi, di fronte a quello del parcheggio che pure porta il nome del compositore e, soprattutto, del teatro abbattuto dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, che stava proprio lì. Aveva una bella sala, moderna ed elegante, e vi si proiettavano quasi tutte le prime di blockbuster. Dopo la chiusura, via ai progettoni: era il momento delle sale gioco all’americana e del bingo e la riconversione del cinema sembrava decisa. Ma non è mai avvenuta per traversie degli investitori che sarebbe troppo lungo raccontare. Risultato? Porte sbarrate da anni, sporcizia, proteste del vicinato.
Ottimo biglietto da visita per i turisti che arrivano dalla stazione o lasciano l’auto nel parcheggio.

La facciata del Cinema Corso su Corso Fogazzaro
La facciata del Cinema Corso su Corso Fogazzaro

L’Arlecchino è poco distante, s’incunea sulla riva dello stagno del Giardino Valmarana-Salvi di fianco alla seicentesca Loggia neoclassica del Longhena. È l’ultima propaggine degli orrendi ex padiglioni della Fiera che, nel dopoguerra, hanno violentato il più elegante spazio verde del centro. L’Arlecchino non aveva la qualità del Palladio né le pellicole del livello del concorrente ma era una sala piacevole di seconde visioni. Fino agli anni Sessanta dello scorso secolo sul tetto si faceva cinema all’aperto. Quando ha sloggiato, ha goduto qualche anno di sopravvivenza riciclandosi come aula per corsi universitari. Ma, dopo l’inaugurazione della nuova sede dell’ateneo cittadino, è finito nell’abbandono e nel dimenticatoio. Come i confinanti padiglioni fieristici. Scontata quindi l’occupazione da parte di senza tetto e tossici e la conseguente sigillatura degli accessi.

Porta e vetrine del Cinema Palladio sbarrate e tamponate
Porta e vetrine del Cinema Palladio sbarrate e tamponate

Il Cinema Corso era il concorrente principale del Roma. Tutti e due centralissimi, distavano poche decine di metri. Il Corso era più piccolo ma aveva, come l’altro, il tetto che s’apriva d’estate. Di tutte le ex sale è la più visibile perché la sua facciata pseudo monumentale guarda su corso Fogazzaro, quasi di fronte a Palazzo Valmarana-Braga. E questo è un male perché lo stato di abbandono in cui versa è sotto gli occhi di tutti. Le porte a vetrata che vi danno accesso sono luride e schermate a malapena con paratoie di legno anti-intrusione. Uno spettacolo deprimente per i passanti. L’interno? Non si sa. Il progettone di recupero? Riutilizzo come centro commerciale di alto profilo, tipo Rinascente. Ottima idea ma risultati zero.

Il Cinema Italia all'angolo di contrà Pescherie Vecchie
Il Cinema Italia all’angolo di contrà Pescherie Vecchie

L’ultimo cinema abbandonato è quello che sembrava dovesse avere il destino migliore. L’Italia era una microsala piazzata all’angolo di contrà Pescherie Vecchie, di fianco al Palazzone delle Regie Poste. La sua unica attrattiva era la centralità, perché per il resto (arredamento, poltrone, spettacoli) non era certo un top. Nel suo caso il riutilizzo è andato a buon fine: la sala è stata trasformata in mega store di abbigliamento con un bel progetto (firmato dal designer Flavio Albanese) che ha coniugato le vecchie strutture tecniche con quelle commerciali. Purtroppo, è durato solo qualche anno e poi ha cambiato inquilini. Almeno questo non è un rudere.


Qui gli articoli della rubrica “La Vicenza degli orrori”


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Gianni Poggi
Gianni Poggi risiede e lavora come avvocato a Vicenza. È iscritto all’Ordine dei giornalisti come pubblicista. Le sue principali esperienze giornalistiche sono nel settore radiotelevisivo. È stato il primo redattore della emittente televisiva vicentina TVA Vicenza, con cui ha lavorato per news e speciali ideando e producendo programmi sportivi come le telecronache delle partite nei campionati del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi, i dopo partita ed il talk show «Assist». Come produttore di programmi e giornalista sportivo ha collaborato con televisioni locali (Tva Vicenza, TeleAltoVeneto), radio nazionali (Radio Capital) e locali (Radio Star, Radio Vicenza International, Rca). Ha scritto di sport e di politica per media nazionali e locali ed ha gestito l’ufficio stampa di manifestazioni ed eventi anche internazionali. È stato autore, produttore e conduttore di «Uno contro uno» talk show con i grandi vicentini della cultura, dell’industria, dello spettacolo, delle professioni e dello sport trasmesso da TVA Vicenza. Ha collaborato con la testata on line Vvox per cui curava la rubrica settimanale di sport «Zero tituli». Nel 2014 ha pubblicato «Dante e Renzo» (Cierre Editore), dvd contenente le video interviste esclusive a Dante Caneva e Renzo Ghiotto, due “piccoli maestri” del libro omonimo di Luigi Meneghello. Nel 2017 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza il documentario «Vicenza una favola Real» che racconta la storia del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi e G.B. Fabbri, distribuito in 30.000 copie con il quotidiano. Nel 2018 ha pubblicato il libro «Da Nobile Provinciale a Nobile Decaduta» (Ronzani Editore) sul fallimento del Vicenza Calcio e «No Dal Molin – La sfida americana» (Ronzani Editore), libro e documentario sulla storia del Movimento No Dal Molin. Nel 2019 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza e Videomedia il documentario «Magico Vicenza, Re di Coppe» sul Vicenza di Pieraldo Dalle Carbonare e Francesco Guidolin che ha vinto nel 1997 la Coppa Italia. Dal 9 settembre è la "firma" della rubrica BiancoRosso per il network ViPiù, di cui cura anche rubriche di cultura e storia.