Vabbè Vicetia, ma i vicetini? Dei vicentini all’epoca di Vicenza romana, in effetti ben poco si sa, sia come gruppi sociali che individualmente. La città ha un profilo modesto e una propensione alla chiusura su sé stessa che improntano la vita dell’oppidum su uno sviluppo circoscritto, diciamo intra moenia (qui tutte le puntate di “La Vicenza del passato”, ndr).
Già almeno dal III secolo avanti Cristo c’è pace nella Venetia e la definitiva integrazione nella Repubblica, duecento anni più tardi, porta un importante salto di qualità nelle condizioni ambientali ed urbane e, quindi, economiche. Vicenza diventa una città dove il benessere è diffuso perché i suoi abitanti possono dedicarsi al lavoro senza dover pensare, magari, a difendersi da nemici o a dove procurarsi il cibo.
Le attività produttive generano ricchezza per le gentes imprenditoriali della città. I settori più importanti sono quelli della produzione di laterizi, della estrazione e della lavorazione dei marmi, della lana e della tessitura. Poi c’è l’agricoltura (sono famosi i vini prodotti sui Colli Berici) e del commercio. La pietra delle cave di Costozza, così particolare, è esportata anche molto lontano dal territorio veneto.
Il ciclo produttivo coinvolge tutta la struttura sociale di Vicetia in una filiera che va dalle famiglie di rango equestre e senatorio fino agli schiavi, diffondendo la ricchezza o quanto meno il benessere. La amministrazione locale è autonoma rispetto al potere centrale ed è, in pratica, riservata agli esponenti delle gentes più ricche perché i magistrati sono tenuti a versare una discreta somma all’erario cittadino. Sono loro ad accedere all’ordo decurionum, il senato locale che ha funzioni legislative.
Chi sono e quali mansioni hanno i magistrati dell’oppidum? Sono i quattuorviri (letteralmente “quattro uomini”), collegio elettivo, due dei quali, chiamati quattuorviri iure dicundo, si occupano di giustizia e polizia urbana e altri due (aedilicia potestate) sono invece gli “assessori” all’edilizia pubblica, al commercio e agli spettacoli. La prima coppia è quella più importante: convoca il senato e le assemblee popolari, ha la responsabilità dell’erario e, ogni cinque anni, organizza il censimento. A queste cariche di natura laica si affiancano quelle religiose (a Roma i capi della chiesa sono laici ed elettivi): i pontifices, i severi, gli Augustales, tutti sacerdozi municipali.
Vicenza entra a far parte della struttura amministrativa centrale dopo le guerre civili degli anni Ottanta del I secolo avanti Cristo. Vicetia è infatti inserita in una delle trentuno tribù rurali (così chiamate per differenziarle da quelle urbane in cui è ripartita la popolazione di Roma), la Maenenia, che è una delle più antiche e che origina addirittura da una gens esistente alla fondazione dell’Urbe. Che c’entra con Vicenza? Nulla, ovviamente. Si tratta, infatti, di una attribuzione territoriale a fini elettorali scollegata da ogni legame gentilizio e dovuta, piuttosto, alla presenza in loco di proprietà latifondistiche dei capi della gens originaria. Nella Venetia anche Feltre è inserita nella Maenenia.
Pace, ricchezza, infrastrutture e autonomia amministrativa sono i fondamenti della Vicetia anche nella età imperiale, durante la quale emergono le pochissime figure di cittadini che riescono ad avere qualche importanza anche a Roma e quindi a iscrivere i propri nomi nella storia.
Sono due potenti famiglie vicentine che accedono, nella prima metà del II secolo dopo Cristo, addirittura alla famiglia imperiale. In realtà le due famiglie, i Salonii e i Matidii, poi si fondono. Della prima si sa che ha possedimenti nell’agro vicentino, che suoi esponenti rivestono cariche amministrative e che è ramificata a Este, Asolo e Aquileia.
Il primo vicentino di cui sono arrivate a noi alcune notizie è Salonio Matidio, cooptato nel 48 dall’imperatore Claudio nel Senato di Roma. È lui, probabilmente, a radicare la gens nella capitale. Un suo discendente, forse il figlio, Caio Salonio Matidio Patruino, anche lui senatore e giurista, è quello che si imparenta con la famiglia imperiale. È cognato di Traiano e la figlia Matidia maggiore e la nipote Matidia minore sono suocera e cognata di Adriano.
Un altro personaggio vicentino che si fa largo a Roma è Quinto Remmio Palemone, un liberto che si afferma come grammatico (insegnante di greco e latino) e, nel contempo, come imprenditore nel settore tessile, sfruttando le conoscenze tecniche acquisite quand’era schiavo a Vicenza. Di lui si riporta anche la forte licenziosità. Un tipo davvero particolare.
Sempre al primo secolo dopo Cristo risale un altro vicentino illustre, un militare. È il generale Aulo Cecilio Allieno, coinvolto nel 69 nelle lotte di potere per la successione che coinvolgono tre imperatori (Galba, Ottone e Vitellio) in un solo anno prima dell’avvento di Vespasiano. Si tramanda che il comandante vicentino sia stato un po’ ambiguo e opportunista in quei frangenti.
Conosciamo, infine, anche il nome e il ruolo di un altro cittadino di Vicetia anche se la sua fama è esclusivamente locale. È Tito Dellio, un imprenditore di successo, fondatore della manifattura di tegole la cui produzione è ben diffusa nel territorio. La gens Dellia si arricchisce con questa attività, Tito è anche quattuorvir. Non è inappropriato considerarlo un prototipo dell’industriale del Nord Est che fa fortuna venti secoli dopo.