La Vicenza del passato: il Teatro di Berga, la grande bellezza di Vicenza romana

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Una ricostruzione in 3D del Teatro Berga di Vicenza, edificato alla fine del I secolo avanti Cristo

Il Teatro di Berga è l’edificio pubblico più importante e maestoso che i Romani danno a Vicenza, una meraviglia architettonica con poche pari nelle città del Nord Italia (qui tutte le puntate di “La Vicenza del passato”, ndr). La costruzione del teatro risale alla fine del I secolo avanti Cristo, quando a Roma è imperatore Ottaviano Augusto, primo della dinastia Giulio-Claudia. Vicetia è da mezzo secolo legata a questa famiglia, che ha appoggiato nella guerra civile dando sostegno a Giulio Cesare. Dopo l’attribuzione dello status di municipium alla città il legame si consolida e si creano rapporti fra le famiglie vicentine più importanti e influenti e il “Palazzo” a Roma.

Con le mura e il Foro sorge, quindi, il teatro per far diventare quella che, solo fino a pochi decenni prima, era una piccola città venetica con case di legno e priva di edifici pubblici in una urbs romana a pieno titolo. Oltre alla difesa e all’urbanistica i Romani, conquistatori una volta tanto senz’armi, soddisfano anche la cultura dei vicentini.

In conseguenza della orografia della città, il sito in cui erigere il teatro non può che essere extra moenia e si sceglie un’area a sud del centro, ad esso collegata da uno dei ponti che è altrettanto opera romana: oggi si chiama ponte San Paolo e, all’epoca, è in corrispondenza di una delle porte principali che intervallano la cinta muraria, allo sbocco del cardo maximus, e da cui partono le due strade principali verso meridione, quella che porta a Lonigo e quella verso Costozza.

La zona prescelta è chiusa a nord da una vasta ansa del Retrone, allora il fiume principale di Vicenza. L’asse principale dell’edificio è proprio in direzione nord-sud, con la cavea (la parte destinata al pubblico) che guarda verso settentrione e quindi con la scaena (il frontale del palcoscenico) di fronte. Alle sue spalle c’è un vasto porticato a tre lati che si conclude in riva al fiume e in vista delle mura.

Già la descrizione dell’area fa capire l’imponenza dell’opera, che si definisce ancora meglio riportandone le misure. La cavea circolare ha un diametro esterno di ottantadue metri ed un’altezza di ventotto ed è divisa in due settori: l’ima cavea, che è la parte inferiore e più vicina al proscenio, composta di sette gradoni e riservata ai VIP, e la summa cavea (la fascia superiore) invece più popolare. Ragguardevoli anche le dimensioni della orchestra (il semicerchio che raccorda la scaena con l’ima cavea), il cui diametro misura ventotto metri, e quelle del porticus post scaenam lungo settanta-ottanta. La superficie totale occupata supera i quattromila cinquecento metri quadri.

Ma il dato più eclatante è quello della capienza, stimata in ben cinquemila spettatori. Una disponibilità di posti davvero stupefacente se si pensa che è superiore alla metà della popolazione cittadina e fa supporre un’ampia partecipazione popolare agli spettacoli. È una capienza incredibile se la si confronta con quella del recente Teatro Comunale, che è di novecento posti (per una città di centomila abitanti). Il Berga può accogliere un numero di spettatori pari a più di cinque volte quelli che stanno nel suo equivalente moderno.

Oltre alla imponenza il Teatro Berga colpisce per la ricchezza del rivestimento. Per la struttura dell’edificio è usato in gran parte il calcare estratto dalle cave di Costozza, interamente ricoperto di marmi, sia bianchi che colorati, provenienti dall’Italia, dal Nord Africa, dalla Grecia e dal Vicino Oriente. Da notare che, nell’edilizia pubblica della Vicenza romana, l’uso del marmo è tutt’altro che frequente. Il colpo d’occhio per lo spettatore che accede al Teatro Berga dev’essere impressionante, a maggior ragione in rapporto al contesto extra urbano circostante.

Il frontale della scaena ha la struttura tipica del modello teatrale romano, qual è ripreso da Andrea Palladio per l’Olimpico.

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La pianta della cavea del teatro, disegnata da Andrea Palladio nel Cinquecento

Nel Berga la facciata è scandita da tre nicchie semicircolari in corrispondenza delle tre porte che vi si aprono (quella centrale detta regia e le due laterali dette hospitales), altrettanti sono gli avancorpi colonnati le separano. Il frontescena è abbellito da una decorazione di marmo e sculture, che amplifica l’effetto maestoso della struttura.

Questo è l’aspetto del Teatro Berga dopo gli interventi migliorativi apportati in età claudia. Della versione originale non sono note le caratteristiche mentre, per quella definitiva, sono fondamentali i rilievi fatti nel Cinquecento dal Palladio, che ne ricava una pianta dettagliata. Con l’abbellimento nella prima metà del I secolo dopo Cristo e per celebrare la dinastia giulio-claudia, alla dotazione scultorea sono aggiunte, fra l’altro, tre statue che rappresentano Ottaviano Augusto, la sorella Antonia e Agrippina Minore, moglie di ben due imperatori (Nerone e Claudio, quest’ultimo – si dice – da lei avvelenato).

Il teatro di Vicenza è con ogni probabilità il monumento più importante della città ed è famoso non solo nell’Alta Italia. Resta in attività almeno fino al III secolo, poi fa una brutta fine: trasformato nel Duecento in carcere, va in rovina e diventa cava di materiali edili. Sul suo perimetro, nella prima metà del Settecento, sono costruiti edifici residenziali, tuttora esistenti e nelle cui cantine si può ammirare quel che resta delle fondazioni del teatro.

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Ripresa aerea dell’area in cui sorgeva il teatro. Si riconosce il perimetro dell’edificio nell’andamento delle case sovrastanti
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Gianni Poggi
Gianni Poggi risiede e lavora come avvocato a Vicenza. È iscritto all’Ordine dei giornalisti come pubblicista. Le sue principali esperienze giornalistiche sono nel settore radiotelevisivo. È stato il primo redattore della emittente televisiva vicentina TVA Vicenza, con cui ha lavorato per news e speciali ideando e producendo programmi sportivi come le telecronache delle partite nei campionati del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi, i dopo partita ed il talk show «Assist». Come produttore di programmi e giornalista sportivo ha collaborato con televisioni locali (Tva Vicenza, TeleAltoVeneto), radio nazionali (Radio Capital) e locali (Radio Star, Radio Vicenza International, Rca). Ha scritto di sport e di politica per media nazionali e locali ed ha gestito l’ufficio stampa di manifestazioni ed eventi anche internazionali. È stato autore, produttore e conduttore di «Uno contro uno» talk show con i grandi vicentini della cultura, dell’industria, dello spettacolo, delle professioni e dello sport trasmesso da TVA Vicenza. Ha collaborato con la testata on line Vvox per cui curava la rubrica settimanale di sport «Zero tituli». Nel 2014 ha pubblicato «Dante e Renzo» (Cierre Editore), dvd contenente le video interviste esclusive a Dante Caneva e Renzo Ghiotto, due “piccoli maestri” del libro omonimo di Luigi Meneghello. Nel 2017 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza il documentario «Vicenza una favola Real» che racconta la storia del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi e G.B. Fabbri, distribuito in 30.000 copie con il quotidiano. Nel 2018 ha pubblicato il libro «Da Nobile Provinciale a Nobile Decaduta» (Ronzani Editore) sul fallimento del Vicenza Calcio e «No Dal Molin – La sfida americana» (Ronzani Editore), libro e documentario sulla storia del Movimento No Dal Molin. Nel 2019 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza e Videomedia il documentario «Magico Vicenza, Re di Coppe» sul Vicenza di Pieraldo Dalle Carbonare e Francesco Guidolin che ha vinto nel 1997 la Coppa Italia. Dal 9 settembre è la "firma" della rubrica BiancoRosso per il network ViPiù, di cui cura anche rubriche di cultura e storia.