La Vicenza del passato: nel I secolo d.C. le terme romane di Vicetia. E i vicentini scoprono igiene e benessere

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La ricostruzione del frigidarium delle Terme di Vicenza (tutte le immagini sono tratte da Vicenza Romana di Franco Mattiello)

I Romani, che hanno conquistato senza colpo ferire il Veneto a metà del primo secolo avanti Cristo, nei successivi cinquant’anni “romanizzano” il territorio (qui tutte le puntate di “La Vicenza del passato”, prima e dopo questa sulle terme romane di Vicenza, ndr). Città, strade, campagne, fiumi, tutto insomma assume l’aspetto tipico della civiltà fiorita in riva al Tevere. Al disordine spontaneo e originario si sovrappone l’ordine caratteristico dei colonizzatori, un po’ fissati con gli angoli retti e le linee rette. La “romanizzazione” delle città venete si concretizza con fior di opere pubbliche e migliora la qualità della vita dei rozzi venetkens, civili ma non certo raffinati.

A Vicetia i Romani costruiscono il Foro, il Capitolium, il teatro, l’acquedotto e, per ultime, la Terme. Soprattutto quest’opera deve aver rappresentato la più forte rivoluzione culturale per la popolazione indigena, il vero passo avanti nella qualità della vita e del progresso.

Introduce, infatti, l’igiene personale e la cura del corpo in una città che non le conosce prima di tutto per la mancanza della materia prima: l’acqua. È vero che Vicenza è circondata da fiumi ma l’abitato è sopraelevato rispetto al loro corso e il rifornimento idrico domestico non se lo può permettere quasi nessuno, appena qualche famiglia ricca che ha il pozzo in casa.

I vicentini, insomma, non sono molto puliti e imparano ad esserlo solo quando, all’inizio del primo secolo dopo Cristo, sorge in pieno centro – a pochi metri della basilica che chiude a sud il Foro – l’edificio delle Terme.

Thermae è la trasposizione latina di una parola greca che significa “sorgenti calde” e i prototipi di questi impianti sono proprio in Grecia, anche se sono ben diversi dalla loro evoluzione romana, che prende piede nel II secolo avanti Cristo soprattutto in prossimità di risorse naturali come fonti calde o curative.

Ciò che è stupefacente, considerato che si tratta di duemila anni fa, è però l’attualissimo concetto romano delle terme, che non sono solo piscine ma, piuttosto, strutture polifunzionali destinate a realizzare quattro obbiettivi: igiene, cura del corpo, tempo libero e socialità. E queste strutture sono messe a disposizione gratuitamente a tutti i cittadini dallo stato, che se ne accolla anche la costruzione e il mantenimento. Le terme sono servizi pubblici fortemente innovativi e formativi. Dopo la fine della civiltà romana, spariranno completamente fino alla contemporaneità.

Lo stesso modulo strutturale e architettonico delle terme è applicato pedissequamente in tutto l’Impero, anche se con dimensioni diverse in proporzione alle città servite. Sono edifici alti e imponenti, a pianta centralizzata, rivestiti di marmi e mosaici, abbelliti con colonne, decorazioni e statue. Sono attrezzati con tecnologie d’avanguardia per il riscaldamento degli ambienti e dell’acqua, come l’ipocausto che è un pavimento riscaldato da fornaci sottostanti che emettono calore anche dalle pareti grazie a degli sfiati.

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I resti del frigidarium, il locale con vasca di acqua fredda

All’interno ci sono tre ambienti separati in cui sono alloggiate vasche per i bagni con acqua a diversa temperatura: il calidarium per la calda, il tepidarium per la tiepida e il frigidarium per la fredda. Gli utenti passano dall’una all’altra nella sequenza da loro preferita. Ci sono anche la piscina esterna (natatio) per il nuoto, la sauna, la palestra, la sala massaggi e un’area per le attività sportive e ludiche. Le terme più evolute e grandi dispongono di biblioteche, teatri, botteghe.

Come frequentano le terme i cittadini? Le donne solo al mattino e fino all’ora di pranzo, gli uomini nel pomeriggio. Dopo essersi spogliati nell’apodyterion, un vestibolo che serve anche da guardaroba, gli utenti accedono nudi o con dei mutandoni nei vari servizi. Non esiste il sapone e, per lavarsi, si usa la pietra pomice o la cenere di faggio. Non ci sono limiti di tempo nell’utilizzo, ci si può stare quanto si vuole.

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La planimetria delle Terme romane di Vicenza

A Vicenza, prima delle Terme, si costruisce l’acquedotto, struttura indispensabile per il rifornimento dell’acqua, che arriva in città da nord dopo un percorso di sette chilometri. Poi si tira su l’edificio termale, che si conosce solo in pianta e solo parzialmente grazie ai ritrovamenti avvenuti fra il 1984 e il 1994 in occasione di lavori edili.

C’è poco da vedere e quanto visibile è tutto nelle cantine e negli interrati di edifici fra contrà Pescherie Vecchie e quella Proti, soprattutto sotto la pizzeria “Al Paradiso”. La ricostruzione della planimetria fa ipotizzare che le terme vicentine riproponessero il consueto schema con le tre vasche: si sono trovati infatti i resti di un frigidarium di forma tipicamente circolare e con nicchie nelle pareti, di una vasca probabilmente del tepidarium e di un ipocausto attribuito al pavimento della sauna. Di fianco c’è quanto resta di un’area scoperta, probabilmente adibita a palestra.

Non è rimasto molto, invero, solo tracce di fondazioni ma sufficienti per immaginare un edificio adeguato, per dimensioni e forme, al vicino Foro e soprattutto alla basilica, il palazzo di giustizia.

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Gianni Poggi
Gianni Poggi risiede e lavora come avvocato a Vicenza. È iscritto all’Ordine dei giornalisti come pubblicista. Le sue principali esperienze giornalistiche sono nel settore radiotelevisivo. È stato il primo redattore della emittente televisiva vicentina TVA Vicenza, con cui ha lavorato per news e speciali ideando e producendo programmi sportivi come le telecronache delle partite nei campionati del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi, i dopo partita ed il talk show «Assist». Come produttore di programmi e giornalista sportivo ha collaborato con televisioni locali (Tva Vicenza, TeleAltoVeneto), radio nazionali (Radio Capital) e locali (Radio Star, Radio Vicenza International, Rca). Ha scritto di sport e di politica per media nazionali e locali ed ha gestito l’ufficio stampa di manifestazioni ed eventi anche internazionali. È stato autore, produttore e conduttore di «Uno contro uno» talk show con i grandi vicentini della cultura, dell’industria, dello spettacolo, delle professioni e dello sport trasmesso da TVA Vicenza. Ha collaborato con la testata on line Vvox per cui curava la rubrica settimanale di sport «Zero tituli». Nel 2014 ha pubblicato «Dante e Renzo» (Cierre Editore), dvd contenente le video interviste esclusive a Dante Caneva e Renzo Ghiotto, due “piccoli maestri” del libro omonimo di Luigi Meneghello. Nel 2017 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza il documentario «Vicenza una favola Real» che racconta la storia del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi e G.B. Fabbri, distribuito in 30.000 copie con il quotidiano. Nel 2018 ha pubblicato il libro «Da Nobile Provinciale a Nobile Decaduta» (Ronzani Editore) sul fallimento del Vicenza Calcio e «No Dal Molin – La sfida americana» (Ronzani Editore), libro e documentario sulla storia del Movimento No Dal Molin. Nel 2019 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza e Videomedia il documentario «Magico Vicenza, Re di Coppe» sul Vicenza di Pieraldo Dalle Carbonare e Francesco Guidolin che ha vinto nel 1997 la Coppa Italia. Dal 9 settembre è la "firma" della rubrica BiancoRosso per il network ViPiù, di cui cura anche rubriche di cultura e storia.