Vicenza carolingia ha un ruolo marginale sia nella storia del Veneto che del Regnum Langobardorum, come continua ad essere chiamata la vasta area dell’Italia occupata nel 774, spodestando i Longobardi, dai Franchi guidati da re Carlo. (qui tutte le puntate di “La Vicenza del passato”, ndr)
Non esistono, per di più, fonti storiche sulle vicende della città nei secoli VIII, IX e X e nemmeno evidenze archeologiche significative. La vita locale sembra concentrata nelle istituzioni religiose e non casualmente, perché la struttura ecclesiastica è assimilata in quella amministrativa del Regno e il vescovo ha poteri e prerogative simili, se non talvolta superiori, a quelle del conte, che è il rappresentante locale laico del re e, poi, dell’imperatore.
Sono i monasteri e i conventi, anche a Vicenza, i luoghi in cui sopravvive ed è tramandata la cultura. In città ci sono quelli di San Felice e di San Pietro, entrambi fondati dai Benedettini e ricchi, grazie alle donazioni, di patrimoni fondiari estesi. La Basilica di San Felice, annessa al primo, ha poi una tradizione di lasciti e offerte che risale all’epoca longobarda e continua con i nuovi dominatori che, a differenza dei loro predecessori, sono cattolici.
I Franchi invadono il Regno dei Longobardi chiamati da papa Adriano I
L’anno della conquista di Vicenza da parte dei Franchi è il 774, quello successivo alla invasione da parte dell’esercito guidato da Carlo del Regno dei Longobardi calando, con una manovra a tenaglia, dai valichi alpini del Moncenisio e del Gran San Bernardo.
La resistenza dell’armata del re Desiderio è debole e, mentre i Longobardi sono costretti a rinchiudersi nella capitale Pavia (dove restano assediati per un anno prima di arrendersi), gli altri ducati sono rapidamente conquistati.
Perché i Franchi scendono in Italia? La causa immediata è la richiesta di aiuto da parte del papa Adriano I, che teme un’invasione longobarda dei territori della Chiesa. La realtà è un’altra. Carlo è diventato unico rex Francorum dopo la morte del fratello Carlomanno nel 771 ed è, per di più, marito della figlia di Desiderio (chiamata Ermengarda dal Manzoni nel suo “Adelchi” ma di cui s’ignora il nome). Approfitta della richiesta pontificia per dare una motivazione legittima ad una operazione militare di ampliamento del proprio regno e, nel contempo, per eliminare una volta per tutte un confinante pericoloso. Carlo raduna quindi l’esercito a Ginevra, lo articola in due corpi di spedizione e cala in Italia.
Le conseguenze dell’invasione dei Franchi in Italia e a Vicenza
L’invasione porta un periodo di povertà e decadenza nei territori conquistati. La sorte di Vicenza carolingia segue quella degli altri centri urbani e non è noto se l’assoggettamento della città e del territorio sia stato preceduto da combattimenti o da un assedio. Probabilmente no, perché i Franchi, in generale, incontrano poca opposizione e i duchi longobardi si sottomettono senza troppo resistere o addirittura con la defezione.
È storicamente provato, invece, che l’ultimo duca longobardo di Vicenza, Gaido, abbia combattuto lontano dalla città contro i Franchi nella battaglia sul fiume Livenza, insieme con il collega friulano Rodgauso. La loro opposizione non è efficace e i due si arrendono ricevendo l’onore delle armi.
Karolus rex Francorum ac Langobardorum
Il merito di questa conquista non troppo bellicosa è di re Carlo, che mantiene leggi e ordinamenti longobardi e, per di più, lascia al loro posto i duchi di Desiderio assicurandosi la loro fedeltà. Lui stesso si proclama “Karolus gratia dei rex Francorum ac Langobardorum ac patricius Romanorum” insinuando, anche grazie a questo ambiguo titolo, che non ci fosse stata soluzione di continuità politica ed etnica nel Regno.
L’ex duca Gaido diventa, quindi, il primo comes di Vicenza carolingia e del suo territorio, che resta invariato nei suoi confini ma prende il nome di comitatus. I conti carolingi rappresentano il re, da cui dipendono direttamente esercitando funzioni amministrative, militari e di giustizia in suo nome. In parallelo, però, Carlo crea un contropotere nel vescovo che è da lui stesso eletto e usato come controllore dell’operato del conte. Arcivescovi, vescovi e abati fanno parte della pubblica amministrazione del Regno, conservando una dipendenza gerarchica da Roma solo in campo spirituale. La confusione dei poteri doveva essere notevole.
Carlo Magno a Vicenza nel 776
Nel 776 gli ex duchi longobardi si dimostrano meno fedeli di quanto Carlo sperava e organizzano una ribellione che costringe il re franco ad una nuova calata in Italia per stroncare le velleità dei conti sediziosi. Ne consegue una epurazione ai vertici amministrativi locali che porta alla guida dei comitati solo nobili franchi.
A Vicenza Carlo fa tappa proprio in occasione di questa seconda spedizione. Lascia alla città una relativa autonomia e il ruolo non secondario che aveva rivestito nella regione con i Longobardi. Non tutto il Veneto è occupato dai Carolingi: Rivoalto (la futura Venezia), infatti, resta legata ai Bizantini e mantiene la propria indipendenza anche quando, nell’810, Carlo manda il figlio Pipino a tentarne la conquista. I veneziani resistono, Pipino muore e interviene la pace fra Impero e Franchi.
Vicenza carolingia mantiene la sua identità territoriale alla pari con Verona e Treviso. L’urbanistica cittadina non è alterata e le novità edilizie riguardano prevalentemente i luoghi di culto e i monasteri. Extra moenia sorge, nell’VIII secolo, un altro convento benedettino, quello di San Silvestro a conferma della centralità della chiesa e delle sue istituzioni nella vita della città carolingia.