La Vicenza del passato, Vicenza romana. Gianni Poggi: tre religioni si susseguono in tre secoli, donna la divinità più importante, i ritrovamenti

1951
Vicenza Romana e preromana, Potnia Theron
Una statuetta raffigurante Potnia theron, la padrona degli animali adorata da tutti i popoli dell'antichità

I vicentini sono sempre stati molto religiosi, lo sono anche nella Vicenza romana. Pur in una piccola città, qual è allora Vicetia, esistono più luoghi di culto dentro e fuori le mura e i loro resti raccontano una convivenza, fatta di tolleranza e di civiltà, fra divinità eterogenee il territorio (qui tutte le puntate di “La Vicenza del passato”, prima e dopo questa sulla religiosità antica a Vicenza, ndr).

Ci sono, infatti, gli dei adorati dai Veneti e, contemporaneamente, quelli “importati” da Roma. Dal IV secolo dopo Cristo, arriva e prevale il monoteismo cristiano. Fra le prime due religioni si verifica (o almeno si tenta) una commistione, per quanto forse più nominale che reale, sempre voluta dagli stessi Romani e, a maggior ragione, in una  città e in un territorio annessi in modo pacifico. Il Cristianesimo, invece, si impone scalzando progressivamente i culti preesistenti.

Nella Vicenza preromana le divinità sono quelle comuni a tutto il territorio occupato dai venetkens, specchio di una religione con connotati di panteismo (dal greco pan, che significa tutto, e theòs, dio: tutta la realtà ha natura divina).

È Reitia la dea principale di questo culto. Ha caratteristiche comuni a dee di altre religioni, che, come lei, rappresentano la natura, la fertilità, la salute (e, quindi, la guarigione) e l’aldilà.

Le radici di Reitia e delle sue consimili risalgono alla Preistoria e la identificano con la Dea Madre in cui credono già i primi uomini. In Grecia le è attribuito il soprannome pótnia therón (signora degli animali), i Romani cercano di sovrapporle la dea Minerva. Val la pena di sottolineare che la divinità più importante per i Veneti sia femmina, differenziandosi in ciò dal pantheon greco-romano, in cui la figura principale, Zeus/Giove, padre-padrone degli dei, invece ha connotati marcatamente virili.

Il culto paleoveneto di Reitia sopravvive all’arrivo dei Romani e delle loro divinità. La popolazione della città continua a considerarla la propria religione ed è attestato che, durante la dominazione di Roma, si svolgono pacificamente i sacra municipalia, le cerimonie del culto preromano.

Parallelamente nella Vicenza romana si venerano anche gli dei importati (ma non imposti) da Roma, compresi gli imperatori a cominciare da Ottaviano Augusto. Ma questo culto sembra trovare spazio solo nelle famiglie vicentine legate, per affari o per politica, a Roma, nella fascia cioè più ricca della popolazione cittadina che ha anche un interesse a romanizzarsi completamente.

Il Cristianesimo spezza questo secolare equilibrio e penetra anche a Vicenza seguendo due direttrici: da Aquileia e da Milano. Non è un caso che i corpi dei martiri Felice e Fortunato arrivino in città proprio da Aquileia, la più importante città del Nord Est, che è anche uno dei centri principali della nuova religione.

Non c’è possibilità di convivenza fra i culti preromani, quelli della Vicenza romana e quello proveniente dalla Palestina: i primi due sono politeisti e il terzo monoteista, i messaggi religiosi sono totalmente diversi, impossibile sovrapporre le nuove figure divine con quelle del passato. La sostituzione del Cristianesimo ai vecchi culti non è immediata ma, pur nella progressività, è veloce.

Non si sa se i cristiani siano stati osteggiati a Vicenza, sarebbe interessante conoscere il processo della successione in città. Magari, se si fossero trovati in città resti di un circo (è l’unico edificio pubblico che manca nella urbanistica romana di Vicetia), ci sarebbero state tracce di persecuzioni al suo interno. Ma l’assenza di martiri vicentini potrebbe far pensare invece a una cristianizzazione pacifica.

Tutte queste attività religiose dove si svolgono a Vicenza? C’è una premessa da fare: resti archeologici di edifici di culto non ce ne sono e quindi tutte le localizzazioni sono frutto di deduzioni ed ipotesi.

Della fase preromana vi è certezza di due siti. Il primo è il santuario della dea Reitia nel centro della città, sul lato nord della Via Postumia e nell’area prospiciente piazzetta San Giacomo. Un tempio importante che resta attivo per almeno quattro secoli, fino alla seconda metà del primo avanti Cristo, e che ospita sia il culto della dea che un centro di cultura e di istruzione. Sui Berici è rimasta traccia di un’area sacra nella collina di Ambellicopoli, su cui sorge il Museo del Risorgimento. Una stele ne indica il confine, ma non se ne sa nulla di più.

C’è un’altra zona sacra fuori delle mura, a circa un chilometro a nord ovest della città, in località Brotton. Sono ben due i siti qui allocati: un’area circolare del diametro di una ventina di metri che si suppone fosse un lucus o recinto sacro ricavato da una radura delimitata da palificazione. Una ipotesi di datazione lo colloca al 500 avanti Cristo. Con questo sito confina quello dove sorgeva un tempio dedicato alla solita Reitia, qui identificata come pótnia therón. La attribuzione è recente.

L’antefissa rinvenuta negli scavi del Brotton a Vicenza

I resti sono noti già nel Settecento e il Velo ipotizza si trattasse di un tempio dedicato al dio Brotonte (Giove brontón, “tonante”) ma fonda la sua teoria esclusivamente sull’assonanza con il toponimo. Studiosi dei secoli successivi lo smentiscono e, solo nel 1965, c’è una svolta con fondamento scientifico: da alcuni scavi in zona emerge una antefissa (una statua che si installa sopra l’ingresso di un tempio) che raffigura, appunto, pótnia therón e identifica la dedica del tempietto.

I Romani abbattono il tempio di Reitia in centro e lo sostituiscono con il Capitolium, in cui si venerano le loro divinità e l’imperatore. Poco lontano, fra Galleria Porti e corso Palladio, ci sono tracce di una platea su cui doveva esserci un altro tempio, ma resta solo una ipotesi in mancanza di evidenze archeologiche della Vicenza romana.

Ci sono, infine, le necropoli. Sono a loro volta luoghi religiosi e, a Vicenza, ne sono state rinvenute con certezza due: quella di san Felice, lungo la Via Postumia, e quella di San Pietro, ai bordi della strada che portava a Padova.

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Gianni Poggi
Gianni Poggi risiede e lavora come avvocato a Vicenza. È iscritto all’Ordine dei giornalisti come pubblicista. Le sue principali esperienze giornalistiche sono nel settore radiotelevisivo. È stato il primo redattore della emittente televisiva vicentina TVA Vicenza, con cui ha lavorato per news e speciali ideando e producendo programmi sportivi come le telecronache delle partite nei campionati del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi, i dopo partita ed il talk show «Assist». Come produttore di programmi e giornalista sportivo ha collaborato con televisioni locali (Tva Vicenza, TeleAltoVeneto), radio nazionali (Radio Capital) e locali (Radio Star, Radio Vicenza International, Rca). Ha scritto di sport e di politica per media nazionali e locali ed ha gestito l’ufficio stampa di manifestazioni ed eventi anche internazionali. È stato autore, produttore e conduttore di «Uno contro uno» talk show con i grandi vicentini della cultura, dell’industria, dello spettacolo, delle professioni e dello sport trasmesso da TVA Vicenza. Ha collaborato con la testata on line Vvox per cui curava la rubrica settimanale di sport «Zero tituli». Nel 2014 ha pubblicato «Dante e Renzo» (Cierre Editore), dvd contenente le video interviste esclusive a Dante Caneva e Renzo Ghiotto, due “piccoli maestri” del libro omonimo di Luigi Meneghello. Nel 2017 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza il documentario «Vicenza una favola Real» che racconta la storia del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi e G.B. Fabbri, distribuito in 30.000 copie con il quotidiano. Nel 2018 ha pubblicato il libro «Da Nobile Provinciale a Nobile Decaduta» (Ronzani Editore) sul fallimento del Vicenza Calcio e «No Dal Molin – La sfida americana» (Ronzani Editore), libro e documentario sulla storia del Movimento No Dal Molin. Nel 2019 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza e Videomedia il documentario «Magico Vicenza, Re di Coppe» sul Vicenza di Pieraldo Dalle Carbonare e Francesco Guidolin che ha vinto nel 1997 la Coppa Italia. Dal 9 settembre è la "firma" della rubrica BiancoRosso per il network ViPiù, di cui cura anche rubriche di cultura e storia.