La Vicenza delle curiosità: gli ospedali per mendicanti, bisognosi, ragazze madri… ma fuori dal centro. Per allontanare i poveri

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La peste era considerata un castigo di Dio. A metterci un po’ di riparo potevano provvedere gli ospedali, ma di questi, che all’epoca proprio ospedali non erano almeno per come li intendiamo noi, ne parlerò nella prossima puntata…“. Così concludevo la seconda puntata di “La Vicenza delle curiosità“, che provo a raccontarvi come “Una vicentina curiosa“.

E di ospedali a Vicenza ve ne parlo, quindi, oggi (qui tutte le puntate, passate, presente e future).

Gli ospedali erano posti fuori dal centro per accogliere mendicanti, poveri, sciancati, bisognosi, ragazze madri, ragazze per impedire che si prostituissero. Veniva così impedito che i poveri entrassero in centro città per chiedere l’elemosina, molestando le persone, e per la sicurezza della città.

Il più importante era l’ospedale di San Valentino che era situato in corso San Felice, dove ora c’è ora Lanaro. Con le elemosine, gli amministratori acquistarono un bel palazzo in Contrà Barche che veniva affittato e, in tal modo, permetteva il mantenimento dell’ospedale stesso. Altri ospedali erano nell’attuale via Soccorso Soccorsetto.

In centro c’era l’Ospedale dei Proti, fondato nel 1400 da Gianpietro dei Proti, il quale, non avendo eredi, fece costruire il palazzo per i mendicanti al primo piano e per i nobili decaduti che non avevano problemi con la giustizia nei piani superiori. Era quindi un ospedale privato. Tuttora esiste e ospita persone anziane autosufficienti. Il palazzo ha mantenuto il nome del suo fondatore.

Sempre in centro, è stato costruito da un austriaco, anche lui benefattore senza eredi, l’ospedale privato di Sant’Antonio (attuale palazzo delle Opere Sociali) che era un vero centro di cura. In esso era presente la confraternita dei battuti o negroni, perché, vestiti tutti di nero, dopo aver assistito i condannati, li accompagnavano al patibolo, posto in piazza dei Signori. Ai condannati nobili veniva tagliata la testa, mentre gli altri venivano impiccati.

Le carceri erano in Basilica e zona limitrofa e nel Torrione di Piazza delle Erbe.

Un altro ospedale era quello di san Marcello dove venivano accolti i bambini abbandonati allattati dalle balie dette” bele”.

Il Monte di Pietà con la chiesa di san Vincenzo al centro iniziò a funzionare a fine ’400 dopo la cacciata degli ebrei situati nel luogo in cui sorge il Garibaldi. Un po’ alla volta fu trasformato in una vera e propria banca e ai livelli più bassi lavoravano gli orefici che valutavano gli oggetti in oro lasciati in pegno e i Massari che si occupavano dell’amministrazione. I nobili, però, iniziarono a sottrarre denaro, finché arrivò un magistrato di Venezia a riportare l’ordine. Naturalmente non vennero condannati i nobili, veri responsabili, ma i massari e gli orefici che furono giustiziati.

Nel 1648 ci fu la rivolta del grano capeggiata da una certa Maria perché i nobili anziché vendere il grano lo accumulavano per rivenderlo a maggior prezzo e guadagnare, lasciando il popolo alla fame. Maria entrò nei palazzi dei nobili, insieme ai rivoltosi, e prese il grano che distribuì equamente alla popolazione. Dopo 4 giorni arrivò il magistrato da Venezia che redarguì i nobili e giustiziò Maria e i suoi complici.

La storia si ripete ai giorni d’oggi.

Vi dò, quindi, appuntamento alla prossima puntata in cui vi toglierò qualche curiosità proprio sui criminali storici a Vicenza.


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