La Vicenza medievale tra eresia e corruzione. Da VicenzaPiù Viva n. 295 di febbraio

120
Vicenza Medievale. La chiesa di S. Corona
Vicenza Medievale. La chiesa di S. Corona

(Articolo sulla Vicenza medievale da VicenzaPiù Viva n. 295, mese di febbraio, , sul web per gli abbonati ora anche il numero di 296 di marzo, acquistabile in edicola in versione cartacea).

Il fenomeno corruttivo a Vicenza ha origini che affondano nel contesto eretico a partire dalla fine del XII secolo quando, sia pure semplificando, la Chiesa aspirava alla libertas ecclesiae, di fatto svincolandosi dal potere regio e signorile; molte furono le componenti della vita religiosa che si schierarono dalla parte del papato, in particolare i gruppi religiosi più attivi e impegnati a perseguire questo scopo. Anche se la Chiesa riuscì inizialmente a coordinare questi gruppi religiosi, lentamente si crearono numerose premesse di contestazione verso le gerarchie del clero, di fatto rendendo difficile un ricongiungimento generale con la Chiesa. Le istituzioni clericali percepirono come una minaccia l’operato di questi gruppi e non riuscirono a comprendere la specificità ideologica di questi movimenti, etichettandoli come eresie; la Chiesa non era propensa a oltrepassare gli schemi concettuali basilari del pensiero cristiano.
A titolo esemplificativo e per comprendere come la corruzione fosse profondamente insita nella società medievale, varrà la pena ricordare il caso di Vicenza: i domenicani furono invitati in città in modo particolare per combattere l’eresia catara, assai diffusa nel sud della Francia e nel Nord Italia, specialmente tra Lombardia e Veneto.
Agli inizi del XIII secolo la Chiesa catara contava a Vicenza e a Bassano circa 100 Perfetti (numero chiaramente approssimativo, poiché questi ultimi rappresentavano probabilmente soltanto la punta di un iceberg) e, in contrasto con la chiesa cattolica, praticava una religione dualistica, ritenendo sostanzialmente che un Dio buono e perfetto non potesse avere creato il male di cui era pervaso il mondo. Il suo vescovo era Nicola da Vicenza, cui succedette nel 1214-1215 il nobile vicentino Pietro Gallo. La chiesa catara, presto definita eretica dalla Chiesa di Roma, si scontrò presto con le istituzioni ecclesiastiche e durante la campagna di predicazione e di persecuzione di Giovanni da Schio nel 1233 fu oggetto di una dura repressione, che portò sul rogo circa sessanta eretici.
Subito dopo tuttavia, durante la signoria di Ezzelino III da Romano, braccio destro nel nord Italia dell’imperatore Federico II, si rafforzò a tal punto che egli fu accusato di eresia e ritenuto protettore di eretici, tanto che lo stesso Ezzelino fu il destinatario di quella che possiamo considerare la prima spedizione crociata in Occidente.
In un percorso altalenante e oscillante tra repressione e ripresa, la chiesa catara fu quasi completamente debellata al tempo del vescovo Bartolomeo di Breganze, che affrontò i catari in dibattiti pubblici, riuscendo a farne convertire molti – tra cui Geremia, arcivescovo cataro di tutta la Marca e, forse, il vescovo Viviano Boglo – e a condurne altri sul rogo, tra cui i diaconi Olderico de Marola e Tolomeo.
Fu tuttavia durante il periodo della soggezione Vicentina al Comune di Padova che si svolsero le azioni principali e decisive che portarono alla definitiva estinzione della chiesa catara Vicentina; lo strumento principale fu quello dell’inquisizione.
In tale ottica, nel 1276 i fratelli Mastino e Alberto della Scala cinsero d’assedio con le loro truppe la rocca di Sirmione, dove si erano asserragliati numerosi Perfetti insieme ai vescovi catari di Desenzano e Bagnolo San Vito; i prigionieri furono portati a Verona dove 166 di loro furono condotti al rogo il 13 febbraio 1278, con l’aggiunta di un’altra quarantina di dissidenti.

La chiesa di S. Lorenzo
La chiesa di S. Lorenzo

L’inefficienza nel reprimere l’eresia aveva spinto papa Gregorio IX ad inviare dei cardinali come legati papali nell’Italia settentrionale per spingere all’intervento contro i catari le autorità religiose e civili e poiché il problema non si risolveva, alla fine il pontefice si affidò agli Ordini mendicanti, che dipendevano non dai vescovi, ma direttamente dalla Santa Sede, dotandoli di adeguati strumenti coercitivi.
Nella Marca di Verona l’ufficio inquisitoriale fu tenuto inizialmente dai domenicani e nel 1254 passò ai Frati Minori, che lo esercitarono fino al 1308 quando, in seguito a due severe inchieste papali contro di loro, ritornò ai domenicani.
Anche a Vicenza vi fu un ufficio stabile e un inquisitore vicario- incarico che spesso preludeva a quello del pieno ufficio – che curava l’amministrazione dei beni confiscati, accoglieva le confessioni degli eretici e svolgeva anche altre funzioni.
Secondo la normativa del tempo, le spese per l’indagine e per il processo dovevano essere coperte dall’inquisitore e per questo, tra le pene comminate, furono numerose quelle pecuniarie e le confische di beni di eretici – inizialmente soltanto defunti –, mentre assai furono le esecuzioni capitali e le condanne al carcere. Soprattutto alla fine del Duecento si ebbero in città molti processi postumi contro famiglie ricche e potenti, nel periodo in cui furono inquisitori dei frati padovani, nominati dal ministro provinciale Bartolomeo Mascara da Padova (1289 – 1299), che spendevano indebitamente una parte delle entrate per usi personali e favori a parenti.
Nelle due inchieste papali del 1302 e del 1308 i giudici inviati da Bonifacio VIII e da Clemente V raccolsero una gran messe di dati sulla gestione economica (conservati a Roma nelle Collectoriae dell’Archivio Segreto Vaticano), mentre i verbali dei processi conservati nelle sedi locali scomparvero quasi tutti nel corso dei secoli. Per questo motivo si conoscono meglio le confische e le vendite dei beni degli eretici fatte da questi inquisitori che la loro attività processuale vera e propria.
La prima inchiesta vicentina, affidata da Bonifacio VIII il 12 giugno 1302 a Guido di Neuville, vescovo di Saintes, era relativa a sei inquisitori francescani della provincia veneta e fu provocata dalla denuncia del vescovo di Padova e degli ambasciatori del Comune. Fra Boninsegna da Trento e fra Pietrobuono da Padova furono incarcerati, gli altri sospesi. Dai dati raccolti risultò tra l’altro che fra Boninsegna aveva incassato nel 1300-1301 a Vicenza 25.524 lire di piccoli veneti di entrate (pari a 7.900 fiorini d’oro) e ne aveva versate al Comune soltanto 1.000. Il papa assegnò allora l’ufficio di Padova e Vicenza nuovamente ai domenicani; dai pochi atti rimasti, siamo a conoscenza che fra Boninsegna fu condannato a pagare 250 fiorini d’oro alla Camera Apostolica.
Per quanto gli inquisitori fossero accusati dalle loro vittime e censurati dal papa, è tuttavia evidente come essi fossero ben accetti ai contemporanei, che anche in questi controversi periodi continuarono a lasciare loro donativi nei testamenti, a collaborare con loro a livello istituzionale e talvolta perfino li difesero dalle fondate accuse di abusi amministrativi.
Lo stesso comune di Vicenza, in quel periodo praticamente sottomesso a Padova, fu collaborativo e destinò un terzo del ricavato dei beni confiscati alla costruzione dell’imponente chiesa francescana di S. Lorenzo;di fatto questa impresa fu portata a termine con cospicui donativi da parte della maggiori famiglie della città, con l’intervento del Comune berico e con i proventi derivanti dalle confische agli eretici.
Il comune di Vicenza, per retribuire il lavoro svolto dall’ordine mendicante, decise di lasciare metà dei beni confiscati agli eretici nelle mani dell’ordine stesso che tuttavia, con il passare del tempo finì per incriminare anche chi eretico non era al solo scopo di impadronirsi dei suoi beni.
In sintesi, la corruzione nel Medioevo è stato un fenomeno diffuso che toccava diversi aspetti della vita sociale, religiosa e politica.
Sebbene non fosse sempre percepita con la stessa severità di oggi, la gestione dei poteri economici e politici da parte di pochi, a danno di molti, e l’abuso delle risorse furono problematiche che caratterizzarono gran parte di questo periodo storico.

Articolo precedenteMalta, a febbraio deficit da 95 milioni di euro
Articolo successivoElezioni, Zaia “Meglio il voto in primavera”
Marco Ferrero
Nato nel 1983 a Torino, laureato nel 1988 in Lettere e Filosofia presso l’Università di Torino con una tesi in Storia Medievale, nel 1996 ho avviato un’attività autonoma di consulenze editoriali e di grafica che si è concretizzata nello studio Scriptorium. Dal 2016 lo studio è diventato casa editrice Scriptorium. Svolgo attività di ricerca nel settore della storia medievale e tengo, sullo stesso argomento, conferenze e lezioni presso istituzioni pubbliche e private. A vario titolo ho collaborato con riviste di settore pubblicando saggi a carattere storico e artistico. Nel 1998 ho fondato a Bassano del Grappa (VI) il Centro Studi Medievali “Ponzio di Cluny” , di cui da allora ricopro la carica di presidente. L’associazione opera nel settore della ricerca e della divulgazione in ambito medievistico.