E pensa che ti ripensa, alla fine non ce l’ho fatta: non ho votato! Né a favore né contro. Ho lasciato che fossero altri a decidere sul contratto di governo. Ho lasciato spazio a quelli che sono convinti della giustezza del programma, della limpidezza dell’elaborato. Dalla lettura in sintesi pubblicata sul “blog delle stelle” si espongono trionfalisticamente temi già risolti, speranze già appagate. Ma se si legge per bene il documento, si avverte chiaramente che tutto il lavoro è una rete a maglie larghissime in cui ognuno dei due contraenti può fino all’ultimo tirare l’acqua al suo mulino, e minacciare di non assolvere il contratto nei punti di contesa.
L’accordo, che è nato per la necessità di esibire all’elettorato la volontà di governare – e per compiacerlo davvero si dovrà simmetricamente far mostra di essere fermi nelle proprie posizioni – è il luogo dove ognuno dei due partner cerca di combinare una formula che vincoli l’altro di fronte ai cittadini sul suo argomento prediletto. Insomma, una campagna elettorale fatta a due che possa creare all’altro l’inciampo, il tradimento manifesto del patto davanti al testimone elettore. Un’imboscata in cui sarà determinante la possibilità d’espressione, la propaganda. Con la conquista della Presidenza del Consiglio si occupa un’istituzione da cui è possibile dettare i tempi dei lavori, da cui si può fare pubblicità. La Lega ha un sedimentato tam tam di popolo che trasmette “l’idem sentire” da un posto all’altro delle città del nord, e forse, anche del resto d’Italia; il M5S ha il suo blog, i suoi social, l’enorme quantità di video e di cose scritte. Entrambi hanno i banchetti sotto i gazebo.
Ma questa volta farò il tifo da lontano. Non controfirmerò quest’accordo nord-sud, questa pacificazione sociale ricchi-poveri non si sa ancora a spese di chi. Non ce la faccio ad acconsentire personalmente a un programma che allontana l’obiettivo della politica dalla redistribuzione della ricchezza; non posso accettare una flat tax che regala 50 mld a potenti e benestanti, mentre ai miseri concede (se va bene) un paracadute di sopravvivenza di un paio d’anni. E sarà festa anche per la stampa di regime, che ha bombardato i timpani per anni con le coperture del reddito di cittadinanza, ma non farà lo stesso per il mancato gettito fiscale.
Il governo carioca (giallo-verde) probabilmente salperà – mi pare troppo tardi ormai per tornare indietro – ma sarà tormentato dallo squilibrio di propositi. Il Movimento 5 Stelle vivrà quest’esperienza come il culmine della sua vita politica, e non avrà bisogno di affannarsi a dimostrare una responsabilità che gli peserà come un macigno. La Lega, invece, darà mostra di essere portavoce di un popolo più vasto dei suoi attuali elettori e punterà a soffiare a tutti i costi i risultati al socio, senza caricarsi della responsabilità che opprime il Movimento. L’obiettivo di Salvini è ereditare l’elettorato di tutto il centro-destra che senza il “Rosatellum” sarebbe del tutto balcanizzata. Ecco, ciò che è stato accuratamente omesso dal contratto è un accordo su una legge elettorale che consenta a un solo gruppo di governare senza la necessità di contratti che ne corrompano la natura politica. E si spera che il M5S alla fine segua questa strada: si spera che abbia voglia di dimostrare che la sua è una battaglia di civiltà, una rivoluzione universale che non si faccia giudicare solo dal numero dei punti messi a segno, dal poco terreno rubato all’avversario.