E se fosse proprio lui, il Coronavirus, questo virus piccolo, furbo e mutante – per tanti versi illustre sconosciuto – a fare la storia della (nostra) civiltà? Me lo chiedo mentre sono recluso a Conil de la Frontera in questa lunga quarantena che mi ha colto lontano da Vicenza.
Se fosse lui, mi chiedo, il ribelle venuto dalla Cina, a contagiarci con una nuova visione (politica, sociale, affettiva, emozionale…) del mondo? Immaginiamo di tutto, in questi giorni. Ma immaginiamoci anche l’intruso e ribelle mister Covid 19 come l’evangelizzatore di una nuova epoca, come il demiurgo di una nuova e diversa società. Una società che riscopre antichi valori (rispetto, solidarietà, uguaglianza sociale…), senza più la presunzione umana e scientifica (già, la scienza, ma quale tra le scienze? Quella che cerca di scoprire o quella che ricerca lo sfruttamento delle scoperte?), presunzione che ci attanaglia, che ci ha gettati nel marasma doloroso delle paure.
Immaginiamoci il ribelle Coronavirus Covid 19 come l’entità che fa piazza pulita del prima di lui, che ci prende per mano per aprirci a nuove frontiere (mai più muri, steccati, recinti…), a nuovi orizzonti di pensiero. Quale felicità? Quale benessere? Quale vita? E ancora: quale forma di democrazia, quale libertà?
C’è un killer che gira tra noi. Cerchiamo di sconfiggerlo barricati in casa. Ce lo impone – e noi obbedienti – l’emergenza, il rispetto per l’altro; ce lo impone – e noi obbediamo – la scienza, quella scienza sconfitta di fronte all’imprevisto/imprevedibile.
Siamo tutti forzatamente (e correttamente) dentro le mura domestiche. C’è un tempo curvo e saggio per poter riflettere. E scopro – non so voi – che quei valori che prima galleggiavano confusamente sottotraccia (Libertà, Nazione, Dignità, Solidarietà e Cooperazione ecc.), perché indaffarati in altre faccende, stanno riemergendo con garbo e fermezza. E il coro di queste voci, in questo senso, si sta ampliando. Sono magiche e confortanti voci del coro fuori… dal coro.
Cosa sta accadendo? Che proprio il ribelle virus – lui, il killer planetario – ci fa tirar fuori la voce. Siamo dentro ad un futuro che è già qui. Non solo per cause di forza maggiore.
Perché la posta in gioco, in questi giorni di rinchiusi in casa, quartieri chiusi, città chiuse, frontiere chiuse, aeroporti chiusi (ah, ah le borse che lavorano e speculano!), ci sentiamo più aperti, visionari, liberi di sognare e determinare i nostri destini. Noi – noi cittadini, noi persone, noi società civile – siamo già proiettati in avanti. Il palchetto della politica, mah… fate un po’ voi. Solo il tempo dirà se questa nostra voglia di cambiamento sarà il focus per avviare un progetto solido e lungimirante di trasformazione, altrimenti lo cestineremo come l’ennesima solita storia, questa volta non solo italiana, di ordinaria follia.
“Non sarà più come prima”, è il mantra che gira in maniera quasi assordante sui social. Niente di più vero. Almeno lo spero, me lo auguro. Non fosse così, avremmo perso non una ma mille volte. Avremmo perso l’appuntamento con quella civiltà, con quelle culture del progredire che sentono la necessità di un profondo cambiamento. Del resto “ogni inizio ha una fine”, diceva Seneca. Ed Eraclito: “Panta rei, nulla è permanente, tranne il cambiamento”… E’ impossibile bagnarsi due volte nello stesso fiume, perché dopo la prima volta, sia il fiume (nel suo perenne scorrere) sia l’uomo (nel suo perenne divenire) non sono più gli stessi. Pillole virtuose di raffinata saggezza. Ma ci sarà davvero il coraggio di cambiare fino in fondo?
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