Confusione nel comunicare da parte del Governo, poca chiarezza e trasparenza. Tanti ancora i dettagli che vanno chiariti, iniziando dal sistema di raccolta dati. Nel frattempo si moltiplicano i dubbi e le polemiche sull’App Immuni Di seguito l’inchiesta di Jaime D’Alessandro da larepubblica.it
Molta, troppa confusione e poca trasparenza. Prima ancora che la app Immuni, sviluppata a Milano dalla Bending Spoons, entri nella fase dei test, la polemica è già alta sia sul piano politico sia su quello tecnico. Il merito è del Governo che ha comunicato male e a singhiozzo un processo partito in salita con la scelta di ben 74 esperti da parte della ministra dell’Innovazione Paola Pisano ma che sembrava ad un tratto aver prodotto dei risultati. Mentre il comitato tecnico (l’ennesimo) si insediava con alla guida Vittorio Colao, la app è stata finalmente scelta senza però che venissero chiariti alcuni aspetti né resi noti i criteri di scelta.
l funzionamento basato sull’uso del segnale bluetooth, per quel che riguarda i cittadini, è trapelato in maniera informale e sembra essere in linea con quanto raccomandato dalla Commissione europea e dal nostro Garante della privacy, il quale però non ha ancora espresso il suo parare formale perché non ha potuto esaminare l’app. Lo stesso farà la Commissione Eu a fine giugno. Nel frattempo, sollevano perplessità il contratto con la Bending Spoons così come la sua composizione societaria.
“Se ne sta parlando troppo avendo poche informazioni”, commenta Stefano Quintarelli, parte del progetto open source Covid Community Alert, avviato da Luca Mastrostefano e arrivato in finale con quello milanese. “Immuni non l’ho vista e non l’ho potuta valutare”, continua Quintarelli, che ha un lungo passato da imprenditore nel digitale oltre che una parentesi da parlamentare. “I dettagli sui quali si discute tanto sono in realtà tutte strade praticabili, dipende da come le si applica”.
Con una lettera aperta, oltre 300 ricercatori di tutto il mondo hanno puntato il dito sul pericolo della sorveglianza di massa di app simili che hanno una raccolta dati centralizzata. Un conto infatti è conservare le informazioni raccolte sui contati fra i cittadini su un server unico, un altro è avere sul server solo il codice di chi è risultato positivo e poi gli altri smartphone si connettono periodicamente per controllare se lo abbiamo incontrato senza trasferire alcun nostro dato.
Eppure, c’è chi sostiene che il modello centralizzato scelto fra gli altri da Francia, Germania e Singapore, sarebbe meglio perché permette delle analisi che uno non centralizzato non consente anche garantendo la privacy. Dipende, in entrambi i casi, da come si costruiscono. Lo stesso discorso vale per la scelta dei server. Girano voci di un possibile coinvolgimento di Tim che ha appena stretto un accordo con Google e un’altra che parla di Amazon. “Se non ci sono informazioni personali qualsiasi server va bene. Non è importante che marca abbia, ma chi ha accesso alle macchine”, prosegue Quintarelli.
Certo, mentre in Europa si vira verso una scelta sempre di infrastrutture digitali alternative a quelle statunitensi, basti pensare al progetto di un cloud europeo come Gaia-X, optare per quelle della Silicon Valley striderebbe e presterebbe il fianco alle critiche. Critiche che, in assenza di chiarezza, non fanno che moltiplicarsi.
Riguardo al coinvolgimento di Google e Apple, sono stati contattati non solo dall’Italia per fare in modo che i loro sistemi operativi per smartphone siano compatibili con le app anti coronavirus basate sul bluetooth, quello di Apple in particolare non lo è. I due colossi stanno anche sviluppando una loro soluzione chiavi in mano che arriverà in un secondo momento, ma non entrano nella discussione fra sistemi aperti o chiusi, centralizzati o decentralizzati.
E possibile che domani il Governo si decida a fare chiarezza e, scegliendo la formula dell’open source che chiunque può visionare nel suo funzionamento e una struttura decentralizzata che usa server italiani in mano pubblica, ponga fine alle polemiche. Ma non è detto che le cose vadano così e a quel punto la parabola di Immuni, fra polemiche e sospetti, potrebbe rivelarsi sorprendentemente breve.
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