La Regione Lazio, così come la conosciamo, è stata istituita meno di un secolo fa, nel 1948. La sua storia territoriale, sociale e linguistica, però, è molto più antica e passa attraverso le connotazioni di Latium vetus e adiectum.
Il Lazio antico, o “vero Lazio” come viene identificato da qualcuno, è quello che prende il nome dai Latini che vi si insediarono più o meno nella seconda metà del II millennio a.C.
Geograficamente, quindi, parliamo di una porzione di territorio molto ridotta rispetto a quella odierna, ubicata a sud del Tevere (che faceva da confine con i territori Etruschi) e a nord del monte Circeo, ritrovandosi gli Appennini a est, il mare a ovest e altre popolazioni italiche (e, ancora prima, preindoeuropee) a sud. Già questa localizzazione ne fa intuire la ricchissima stratificazione culturale. Gli insediamenti protourbani inizialmente esistenti, pian piano, si accorparono tra loro e a villaggi vicini, divenendo strutture sempre più articolate e trasformandosi, nel tempo, in città vere e proprie.
Secondo le ricostruzioni storiche, però, questa regione non fu occupata soltanto dai Latini (che, attenzione, non vanno confusi con i Romani, popolo successivo che contribuirono a forgiare): a far loro compagnia ci sarebbero stati i Falisci (antico popolo italico dell’Etruria meridionale corrispondente all’attuale Lazio settentrionale), i Capenati (popolo dell’Italia antica della Valle del Tevere) e gli abitanti del centro arcaico di Poggio Sommavilla appartenenti al ramo dei Latino-Falisci; Volsci (che abitavano l’Appennino centrale), Equi (che occupavano una regione oggi compresa tra Lazio e Abruzzo) e Ernici (che stanziavano fra la valle del Liri e la valle del Sacco) – appartenenti al ramo linguistico osco-umbro – sarebbero arrivati in un secondo momento.
Annoverati, in epoca latina, anche i Rutuli, presentati come antagonisti di Enea nell’Eneide.
Ma chi c’era prima di loro?
Secondo la ricostruzione dello storico Dionigi di Alicarnasso, antichi abitanti della regione furono i Siculi (tra i primi abitanti della Sicilia), cacciati da Aborigeni (Italia centrale) e Pelasgi (popolazioni preelleniche della Grecia), progenitori proprio dei Latini; ma si tratta di una versione confermata solo parzialmente.
Latium adiectum – I Romani chiamarono “Lazio aggiunto” (adiectum) la regione verso sud-est che venne abitata da Volsci, Osci ed Ausoni. Si trattava, infatti, di un territorio che erano riusciti a conquistare soltanto con le operazioni espansionistiche dell’impero. Il Lazio antico, oltretutto, non possedeva grosse fette di superficie nell’entroterra: con le evoluzioni geopolitiche (Regio I Latium et Campania, Terra di Lavoro), arrivò ad estendersi fino alla Campania e all’Appennino, inglobando le popolazioni locali preesistenti, tra cui Sanniti e Peligni (abitanti della Valle Peligna, parte dell’attuale Abruzzo).
Questa grande promiscuità fu anche motore di conflitti spesso aspri e sanguinosi che decretarono parti di questo territorio “effervescente” ora di una popolazione ora di un’altra.
Antiche città scomparse – È grazie a Plinio il Vecchio e alla sua Naturalis Historia che possiamo conoscere il nome di tantissime città del Latium vetus. Molte – come Anagnia (Anagni), Ardea, Aricia (Ariccia), Lanuvium (Lanuvio), Velitrae (Velletri), Ostia ma anche il Circeo – esistono ancora oggi o, comunque, hanno un corrispondente moderno; annesse in tempi diversi, vennero “romanizzate” e quindi diventarono parte del territorio romano a tutti gli effetti. Altre, invece, sono completamente scomparse a causa della politica delle prime conquiste romane in età regia (753 a.C. – 509 a.C.): le città espugnate, infatti, andavano distrutte. Per molte di queste restano soltanto nomi tramandati da fonti antiche e pochissime informazioni sulla loro ubicazione; per altre, come Caenina, Ficana e Satricum, abbiamo più informazioni, corroborate anche da resti archeologici che ci hanno raccontato qualcosa sulla loro esistenza dimenticata. Per qualcuna, purtroppo, ha vinto l’oblio.