?Se la terra fosse fatta d’oro gli uomini morirebbero per una manciata di fango.? Così, Gary Cooper, ne Il prigioniero della miniera (1954) descriveva rabbioso e sconsolato la sorte degli uomini su questo pianeta. La lotta di classe non ha per obiettivo il progresso, ma la disuguaglianza sociale. In effetti è questa il vero soggetto della politica, dell?economia, del diritto, quindi della religione, della storia, della letteratura? Senza la disuguaglianza di classe non saremmo più capaci di orientarci nell?universo dei valori, nel senso della civiltà, nell?avventura che costituisce il nostro passaggio terreno.
E non c?è bisogno di pensare ai romanzi dell?età vittoriana – così densi di riferimenti ai patrimoni, alle rendite, agli interessi delle azioni nella compagnie delle indie fino all?ultimo scellino – per giudicare l?appartenenza di ceto, l?elevatezza del partito, l?onorabilità della stirpe, il valore individuale. No, tutt?ora il denaro, il suo potere, sono fondamentali per captare la qualità di una persona nel contesto collettivo: tutt?ora il livello di ricchezza concorre a formare e precede il giudizio sul suo possessore.
E? del tutto probabile che l?ostentazione di tali livelli (gli status symbol) riduca al minimo le occasioni di aggressività intraspecifica, ma è pur certo che il raggiungimento di questi gradi porta con sé una violenza senza interruzioni e senza limiti. E sebbene le comodità e la ricchezza di beni materiali siano oggettivamente un segno di valore, la maggiore virtù resta sempre quella di superare di un?inezia il proprio vicino, anche nella più tangibile povertà. Difatti, la lotta di classe, orientata a stabilire il valore e il potere sociale nei confronti dell?altro, o produce un aumento della propria ricchezza, o si affanna a diminuire quella del prossimo.
Ormai non ci facciamo più illusioni sul cristianesimo e sull?umanesimo italiani, qualsiasi popolo europeo ci supera in slancio progressista, qualunque governo sorpassa i nostri nel varo di riforme giuste e urgenti. Il governo spagnolo, che ha prodotto a suo dire ?la legge di bilancio più a sinistra della storia?, è lontano anni luce dagli sforzi già epici del nostro governo, che tenta di invertire il progetto di disuguaglianza sociale endemica, sommerso dalle critiche degli oppositori. Il numero di costoro è incredibile, e mostra l?insopportabile quantità di soggetti pubblici e privati che prosperano all?ombra della disuguaglianza. Giacché è pur vero che ci sono i poveri affinché ci siano i ricchi, e perciò la povertà è evitabile solo cancellando una quota di ricchezza e di potere.
Il nuovo ordine inaugurato dalla morale pentastellata, a cui si è unita con riluttanza una Lega che insegue solo il successo elettorale, spaventa a morte le oligarchie economiche, le croste dei partiti di regime, e un?intera classe sociale convinta che il proprio sforzo e il proprio valore siano appena appena sfiorati dalle gratifiche del sistema retributivo e previdenziale. Il Papa e la Chiesa temono di essere spodestati dal loro compito di carità sociale; il FMI di Christine Lagarde e la Commissione europea temono il radicarsi di una nuova geografia politica nel vecchio continente; la Banca d?Italia teme le minacce del M5S di essere trasformata in un istituto veramente di Stato; i vecchi partiti e le loro presunte commissioni terze hanno paura di sparire alla prossima tornata elettorale; televisioni e giornali potrebbero cospicuamente dimagrire senza le sovvenzioni della politica; il mio vicino di casa ha paura di perdere il vantaggio economico accumulato su altri del condominio dopo essere stato ininterrottamente nella stessa fabbrica per 40 anni.
Un?infinità di soggetti che con il trucco e la maldicenza cercano di mantenere i propri benefici togliendo agli altri i diritti. Ad esempio, pare che a governare siano ancora le manine anonime dei ministeri che infilano nei decreti quel paio di righe per accontentare gli amici (questa volta regalando 84 mln alla Croce Rossa) senza che l?esborso sia stato oggetto di discussione politica. Oppure, benché attenuata a livello nazionale, la critica dei giornali romani alla Raggi è tutt?ora presente, e non si può dire che lo stress ai danni dell?amministrazione capitolina non sia valso ben più di qualche punto alle scorse elezioni. Nessuno che abbia a cuore il bene comune, ognuno a inseguire un progetto privato, quello della distanza di classe che, se non produce istantaneamente il proprio tornaconto, allora che generi almeno la rovina altrui.