(Fonte The Vision) Il 18 agosto un attacco di militanti islamisti nella città di Gorgadji, nel nord del Burkina Faso, ha causato la morte di 47 persone, tra cui 30 civili e 14 militari burkinabè. All’agguato sono poi seguiti scontri nella vicina città di Arbinda in cui l’esercito del Paese africano sostiene di aver ucciso almeno 58 guerriglieri. Il Presidente del Burkina Faso Roch Marc Christian Kaboré ha proclamato tre giorni di lutto nazionale a partire da ieri. L’area dove si incontrano i confini di Mali, Burkina Faso e Niger ha visto negli ultimi mesi un grave aumento delle violenze. Il 4 giugno, nel villaggio di Solhan, uomini armati hanno ucciso 132 persone nell’assalto più sanguinoso degli ultimi anni. Il 4 agosto altre 30 persone tra militari e civili sono morte in una serie di agguati nel nord ovest del Burkina Faso, mentre quattro giorni dopo 12 militari sono caduti in un agguato. Le violenze e l’instabilità sono ormai una costante in ampie regioni del Sahel occidentale, in particolare in Burkina Faso, Mali e Niger, dove almeno 1300 persone sono già morte negli scontri e 1,3 milioni hanno dovuto lasciare le loro case. Dal 2012 nell’area operano gruppi terroristici come al-Qaeda nel Maghreb Islamico e lo Stato Islamico nel Grande Sahara, oltre a numerose organizzazioni criminali specializzate nel traffico di esseri umani, droga e armi. Dal 2013 la Francia è presente nella zona per contrastare la loro attività e difendere i suoi interessi nazionali con l’operazione militare Serval, diventata nel 2014 Barkhane. I 5100 militari francesi che insieme alle forze locali devono monitorare un’area di 4 milioni di chilometri quadrati non sono però riusciti ad arrestare le attività dei jihadisti. Per questo nel 2019 lo Stato maggiore francese ha chiesto l’intervento di una task force europea denominata Takuba. Al momento ne fanno parte Italia, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Svezia e Regno Unito.
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