“Le frontiere uccidono” è uno dei cartelli che si sono visti l’altro giorno a Madrid e a Barcelona. Migliaia di persone hanno manifestato contro la violenza dello Stato spagnolo che, per respingere un assalto disperato di migranti ai suoi confini dell’enclave di Melilla, ne ha ucciso 23 e ferito diversi (1).
Melilla, 380 Km ad ovest dell’altra enclave spagnola sul territorio africano Ceuta (di fronte a Gibilterra), nella loro ridotta dimensione stanno al nostro canale di Sicilia dove i morti dei primi mesi di quest’anno sono già diverse migliaia (2).
Le immagini e le notizie di queste tragedie sono quotidiane e sono quelle di Paesi dell’Unione europea, culla di civiltà, economia, umanità e libertà.
Se altrettante manifestazioni come Madrid e Barcelona dovessero esserci per tutti i migranti che rimangono vittime alle frontiere dell’Unione, ogni ora dovremmo avere persone per strada. Ma non accade. Sembra quasi che ci siamo abituati al “morto migrante quotidiano” come, per esempio, sembra che ci stiamo abituando a morti e distruzioni in Ucraina. Ma mentre per quest’ultima l’attenzione è per fortuna ancora alta, non si può dire altrettanto per i migranti.. anche perché le politiche nazionali e dell’Unione in materia sono solo di contenimento e non di soluzione.
Il tempo non gioca mai a vantaggio della vita: “per una vita migliaia di ore, per il dolore è abbastanza un minuto” (3), ma la politica oggi non sa prevenire, cogliere e rimediare a questi minuti che distruggono vite, istituzioni e civiltà.
In materia ci sono anche opinioni diverse, ma il problema è come le stesse vengono comunicate che, almeno a parere di chi scrive, non sembrano esaltanti confronti e civiltà dello stesso. La bagarre, per esempio, in corso in Parlamento contro la proposta di legge sullo “ius scholae”, nel suo squallore è significativa.
I fatti di Melilla, lo ius scholae, la guerra in Ucraina… hanno tutti un filo conduttore che dovrebbe indicarci come muoverci per non accettare rassegnati un presente imposto dal non-fare e dall’esaltazione dell’io suicida ed omicida.
Traducendo in politica, stiamo vivendo dei brutti momenti. Il cambiamento culturale è cominciato con la pandemia covid che ci ha fatto ridimensionare l’onnipotenza di noi stessi, delle nostre istituzioni e dei nostri rapporti civici ed interpersonali. Ora si tratta di non farsi travolgere dagli stessi, magari con indifferenza e remissione. L’alternativa è “confini più confini”, siccità combattute con la danza della pioggia, corporazioni che prevalgono sui diritti di tutti, altro come limite alla propria felicità.
1 – qui i fatti secondo la cronaca di Euronews
2 – qui i resoconti puntuali di Sergio Scandura per Radio Radicale
3 – “Per fare un uomo”, Nomadi/Guccini
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Fonte: Le frontiere uccidono?