Le “tante” Via Roma anche in Veneto: un retaggio fascista

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Con l’anno decimo dell’Era Fascista tutti i centri capoluogo di Comune debbono avere una via, non secondaria, col nome di ROMA” firmato S.E. il Capo del Governo italiano cav. Benito Mussolini (clicca qui).
E il primo agosto 1931 partì da tutte le prefetture del sacro suolo italico una circolare riservata indirizzata ai Podestà con l’ordine “di adottare al riguardo apposita deliberazione da inviarsi con sollecitudine a questa Prefettura”; il tutto seguito da un perentorio, immarcescibile “Assicurino”.
Ecco spiegata la presenza ossessiva del toponimo “Roma” nelle nostre comunità; mi dispiace deludere chi si illudeva fosse una straordinaria dimostrazione d’amore dei veneti verso la città dei sette colli. Niente di più sbagliato.
I veneti avevano la loro toponomastica con i loro nomi a vie e piazze ( a Vicenza, per esempio, viale Roma si chiamava viale della Stazione e ancor prima “Stradone retto del Campo Marzo”, a Padova via Roma era suddivisa nelle vie S. Apollonia, S. Giuliana, dei Servi, S. Egidio e così in tutte le nostre città): poi si dovette festeggiare l’anno decimo dell’Era Fascista…
Il culto di Roma era uno dei miti fondanti del fascismo, e da questo ne conseguiva l’imposizione di un’Italia con una sola storia (quella di Roma, appunto), con un solo popolo (quello italiano), una sola lingua eccetera, una visione che, negli ultimi tempi, viene portata avanti non solo dalla destra ma anche dalla sinistra, ed anzi il nazionalismo di sinistra è diventato molto più pericolo e subdolo per chi lotta a difesa della propria identità, della propria Terra, della propria storia.
E nonostante questo, ottantasei anni dopo la circolare del cav. Benito Mussolini, siamo ben lontani dalla “soluzione finale” e siamo ancora in molti a lottare convinti che in Italia ci siano più popoli, più lingue, più identità, più storie e che questo patrimonio vada difeso, tutelato, valorizzato.
Ettore Beggiato