Lega piglia tutto, se i conti non tornano è tempo di divorziare

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Sebbene abbia travestito il simbolo a due mesi dalle elezioni, agli italiani è piaciuta lo stesso. La Lega di Salvini, dopo essere stata omaggiata per anni da ogni fonte d’informazione in funzione anti 5 stelle, riceve tuttora una sovraesposizione mediatica che oscura il vero operato del governo. Da partito territoriale è passato a partito nazionale (al sud pare che i sondaggi la diano al 20%), ma nonostante si proponga come forza radicale di destra, è innegabile: la Lega è un partito conservatore.


L’intelligenza politica di Matteo Salvini, che ha temporeggiato per mesi prima di arrendersi a un governo con i 5 stelle, ha rovinato irrimediabilmente l’atmosfera di fiducia che si era creata attorno ai grillini. I sondaggi lo davano in ascesa ancor prima di aver fatto o detto qualcosa. Alla fine, essersi posizionato in un’alleanza di centrodestra, e governare con i pentastellati, l’ha fatto partecipe ed erede di due sfere politiche e di due bacini elettorali senza colpo ferire. Poiché bisogna ricordare, checché ne dicano i più avvertiti commentatori nostrani: l’unico ad aver fatto finora la politica dei due forni è stato solo Salvini.

Purtroppo l’elettorato, oggi più che mai, per la maggior parte fiuta i propri interessi, ma non li conosce. Salvini si è posto sotto il naso degli italiani e continua ad alitare nelle loro narici che è stato eletto per cacciare gli africani, per far pagare meno tasse, per far rispettare l’Italia in Europa. In fin dei conti populismo significa proprio accendere il consenso del popolo per realizzare i personali interessi.

Il M5S, invece, è oggetto di linciaggio mediatico quotidiano: la RAI, Mediaset, i maggiori giornali nazionali, e spesso anche i minori, lo accusano di incompetenza, di disonestà, di lentezza, di errori; per lo più montature o allusioni transitive che, da accuse da rivolgere esclusivamente alla Lega, passano ad accuse al governo, e dal governo al Movimento. Ad esempio: la Lega ha rubato i 49 mln, e allora come fanno i 5 stelle a gridare onestà onestà?

La morale italica non ha mai dato segni di eccessivo rigore, ma in quest’ultimi tempi c’è poco da fidarsi. Con i precedenti freschi di “Enrico stai sereno”, sono pressoché inutili – anzi, appunto per questo sono sinistre – le rassicurazioni di Salvini: “Questo governo durerà 5 anni”. Intanto i vertici della lega si sono spartiti le politiche, gli elettorati, ma non certo le strategie. Giorgetti fomenta lo spread, parla contro il reddito e la pensione di cittadinanza; poi ricomincia Brambilla, economista della Lega; Salvini fa i selfie. Si sentono gli scricchiolii del contratto sotto il peso di politiche totalmente in contrasto indirizzate ad un elettorato in parte comune.

Poi, la linea da cavallona sfiancata della Isoardi alla “prova del cuoco” ci ricorda che ci sono le cose serie, le cose che qualificano un partito conservatore e uno rivoluzionario. E allora la Lega va a prendere ordini dall’alleato di coalizione, da Berlusconi, che le immagini, forse di repertorio, danno ancora con la pattuglia di carabinieri a guardia della villa di Arcore. A quel tavolo ci sono i tetti della pubblicità televisiva, i costi delle frequenze, la legge sull’editoria, la legge anticorruzione, la riforma del processo penale, e c’è la minaccia di espellere Salvini fuori della coalizione e mettere fine all’emorragia di voti di Forza Italia. Lì ci sono Tajani e Giorgetti che gridano su tutti i quotidiani l’impossibilità di mettere insieme reddito di cittadinanza, Fornero e flat tax. Lì ci sono i soldi del cavaliere, e ci sono tutti gli amici che invitano Salvini a lasciare questo governo innaturale e passare all’incasso dei voti assicurati dai sondaggi.

La testardaggine di Luigi Di Maio a formare un governo, a non perdere l’unica occasione offerta dall’etica pentastellata di fare qualcosa di memorabile per il paese, sta costando cara al Movimento, che rischia di svendere le speranze dei milioni che l’hanno votato e mascherare provvedimenti del tutto reazionari. Il PD, che testimonia la degenerazione di un partito costruito sulla persistenza dello stipendio, continua la sua linea politica fondata sulla mistificazione dozzinale, che per il momento pare lo abbia messo al riparo della stessa fuga di voti verificatisi in FI, questa volta a favore del M5S. L’autunno non è neanche cominciato e i desideri di un governo impossibile sono già fantasie, la logica elettorale e i veri interessi stanno cambiando il linguaggio dei sogni.