Svolta nell’inchiesta Lombardia Film Commission, ai domiciliari anche il cognato di uno di loro. Al centro dell’indagine la vendita a prezzo gonfiato di un immobile. In manette Alberto Di Rubba, ex revisore dei conti del Carroccio, Andrea Manzoni e Michele Scillieri
DI PIERO COLAPRICO E SANDRO DE RICCARDIS su Repubblica
La richiesta della procura risale al 15 luglio e la risposta del gip arriva ieri alle 12.40. È un fulmine a ciel sereno, quello che scaturisce dalla cancelleria del settimo piano del palazzo di giustizia e fa tremare la trincea della Lega di Matteo Salvini, colpendone i fedelissimi commercialisti. Sono tutti e tre bergamaschi, e vanno agli arresti domiciliari. Così come capita anche al cognato e prestanome del principale sospettato, e cioè Michele Scillieri: è infatti nel suo studio milanese di via Stelline 1 che il nuovo partito “Lega per Salvini Leader” trovò il primo domicilio ed è là che, ieri alle 22, c’erano ancora le luci accese, i cassetti aperti e i detective della Finanza al lavoro.
“Siamo tranquillissimi, da anni cercano soldi in Russia, in Svizzera, a San Marino, in Lussemburgo, Liechtenstein, ma non ci sono. Conosco due delle tre persone, sono persone oneste, corrette e quindi dubito che abbiano chiesto o fatto qualcosa di sbagliato. Però, ho piena fiducia nella magistratura ” ha commentato il segretario della Lega Matteo Salvini.
Non era un segreto nemmeno per gli avvocati che potesse scattare una retata, ma nessun sussurro era trapelato e l’indagine sembrava procedere con i ritmi abituali. Il più giovane dei tre, il quarantenne Andrea Manzoni, dottorato negli Stati Uniti, testa fine, si era infatti presentato in procura la scorsa settimana. Alberto Di Rubba, quasi coetaneo, un passato da bancario, avrebbe dovuto presentarsi questa mattina. E Scillieri, 57 anni, attraverso l’avvocato Massimo Di Noia, vecchia gloria della stagione di Mani Pulite, aveva chiesto di essere convocato per settimana prossima. Invece vedranno il gip, Giulio Fanales, per gli interrogatori di convalida.
Il peso delle accuse che i tre commercialisti della Lega devono sostenere s’è accresciuto da quando – lo scorso 17 luglio – è finito in carcere Luca Sostegni, un uomo non proprio messo bene e in difficoltà finanziarie. Un suo ristorante in Brasile gira malissimo. Eppure è considerato (ed è) il prestanome dei tre uomini d’oro intorno ai quali ha ruotato l’affare che li porta nei guai, e cioè la compravendita dell’immobile di Cormano della Lombardia Film Commission. L’operazione che ha garantito ai tre professionisti “un drenaggio di fondi pubblici” per 800mila euro.
L’ha scritto il gip, che ieri ha accolto la richiesta del procuratore aggiunto Eugenio Fusco e del pm Stefano Civardi, mandando ai domiciliari oltre ai tre, anche Fabio Giuseppe Barbarossa, cognato e altro prestanome di Scillieri. Per tutti l’accusa è peculato, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. E l’atto che ha notificato agli indagati il Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf milanese ricostruisce nei dettagli la storia “miracolosa” di questo capannone industriale: è nella periferia della periferia, la compravendita dell’immobile appare ai magistrati “priva di reale giustificazione economica”, anzi come uno “schermo giuridico dietro il quale occultare l’unico intendimento perseguito”.
Lo “schermo” è semplice ed efficace. Quasi banale. Nel febbraio 2017, Scillieri cura una società sull’orlo del fallimento, la Paloschi srl, che ha nel suo patrimonio l’immobile di Cormano. Ne fa nominare legale rappresentante il suo prestanome Sostegni. Di lui si fida. Pianifica la vendita del capannone per 400 mila euro a Andromeda srl, formalmente intestata a un altro prestanome: Barbarossa, il cognato. Facile comprendere che chi vende e chi compra sia sempre lui, Scillieri.
Passano dieci mesi, un tempo ritenuto sufficiente, e nel dicembre 2017, ecco che Andromeda fa il colpaccio: rivende quell’ammasso di vetro e cemento a Film Commission per 800mila euro, al doppio. E da chi è presieduta questa articolazione della Regione Lombardia? Dall’altro commercialista leghista, Di Rubba.
Ha dunque agito, per il gip, “un unico centro di potere”, infatti Di Rubba e Scillieri – va sottolineato – sono anche i revisori contabili del partito di Matteo Salvini alla Camera e al Senato, entrambi vicinissimi al tesoriere del partito Giulio Centemero. L’altro commercialista, Manzoni, ha liquidato “La Padania”. Sono considerati i professionisti che hanno gestito i flussi di denaro del partito e che custodiscono le chiavi della cassaforte di contributi elettorali e fondi pubblici.
L’inchiesta ha ricostruito in larga parte i flussi finanziari del denaro. Parte dei 400 mila euro pagati da Andromeda a Paloschi, finisce in Svizzera. Sostegni emette diciannove bonifici – per un valore di 301 mila euro – a Fidirev, fiduciaria elvetica dove il denaro ha fatto perdere le proprie tracce: infatti c’è una rogatoria già avviata.
Secondo la procura è chiara anche la destinazione finale degli 800 mila euro sganciati senza battere ciglio dai leghisti che stanno a Palazzo Lombardia: 420 mila euro sono finiti a Manzoni e Di Rubba (sia a conti personali che alla loro Taac srl); 133 mila sono in pancia a Andromeda di Scillieri; 200 mila sono stati pagati per lavori di ristrutturazione alla Barachetti service, la società di Francesco Barachetti, elettricista, ex consigliere leghista di Casnigo. “Personaggio – scrive la procura – legato a Di Rubba e Manzoni e più in generale al mondo della Lega”, già al centro dei report dell’Antiriciclaggio di Banca d’Italia. Questi report sono stati acquisiti dalla procura di Milano e da quella di Genova che indaga sui 49 milioni spariti dalle casse del partito. Dalla Lega e da srl riconducibili ai commercialisti arrestati, Barachetti ha ricevuto quasi un milione e mezzo di euro in pochi anni.
Gli arresti di ieri pomeriggio rappresentano non la conseguenza, ma la continuità dell’operazione che due mesi fa mise dentro San Vittore il prestanome che si sentiva “fregato” dai commercialisti. Sostegni era rimasto a bocca asciutta e aveva cominciato a tempestare Scillieri di chiamate: “Innesco una serie di situazioni che io non so dove si va a finire perché poi da questa si va alle cantine, dalle cantine al capannone, dal capannone si va alla fondazione, dalla fondazione, si va alla Fidirev, si va ai versamenti, si va a tutto, per trentamila euro, non so… se ne vale la pena fare tutto questo casino”, diceva. Dopo i primi 20mila euro, me voleva altri 30 mila, per fare una cifra tonda che considerava più equa, 50mila. E le sue minacce – o mi pagate o racconto questo e altro – aveva ottenuto qualche effetto. Subito gli avevano dato 5mila euro, aggiungendo la promessa di dargliene mille ogni venti giorni. Con questo sogno di euro cercava di lasciare l’Italia, ma era stato acchiappato.
Stessa velocità anche ieri, perché solo nel pomeriggio la Guardia di Finanza – che nulla sapeva della convalida del gip – organizza il “positioning”, cioè rintraccia i quattro da arrestare. A tarda sera, a cose fatte, arriva il comunicato del procuratore capo Francesco Greco. E gli stessi avvocati, Di Noia e Pier Maria Corso, sono stati avvisati dai magistrati dell’operazione che, nata da tempo, ha avuto questa improvvisa, brusca e devastante svolta. Per gli indagati certo; ma forse non solo per loro.