La triste vicenda che ha visto in terra veneta coinvolti circa 210mila cittadini/risparmiatori truffati per il crac delle due banche venete, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca di Montebelluna registra un’ulteriore tappa dilatoria causata tutta dalla normativa pasticciata (legge 145/2018 art. 1 commi 493-507) fortissimamente voluta dall’attuale maggioranza Giallo Verde. Palese è stata l’incapacità di non saper proficuamente gestire l’intera situazione, a dispetto della fiducia accordata con abbondanza di consenso popolare, specie in Veneto.
A dicembre 2017 veniva votata una norma (legge 205/2017 art. 1 commi 1106-1109) che disponeva la possibilità di risarcire i truffati fino al 100% , norma assentita anche dai 5 Stelle che, una volta vinte le elezioni del 2018, hanno dapprima “invitato” il governo Gentiloni a non assumere il decreto attuativo per ristorare gli azzerati nei loro risparmi e poi a settembre, in sintonia con la Lega, hanno inserito due paletti: 30% e 100.000,00 € massimo rimborsabile, precorritori di iniquità e diseguaglianze a tutto favore dei risparmiatori in possesso di pacchetti di azioni valevoli oltre 330 mila €.
È il caso di sottolineare che la legge del precedete Governo, a differenza di quella votata a dicembre 2018 dall’odierno esecutivo a doppia trazione, leghista e grillina, non era stata fatta oggetto di rilievi ed osservazioni da parte dell’Unione Europea. Inutilmente due forze dell’opposizione, Forza Italia e PD, avevano presentato due mozioni affinché la percentuale del 30% fosse considerata “a titolo di acconto”, registrando il netto respingimento da parte della maggioranza in essere.
Nelle dichiarazioni ai media, gli esponenti che seguivano e seguono la pratica, on.li Massimo Bitonci e Alessio Villarosa, ribadivano che considerare la suddetta percentuale “come anticipo” non veniva escluso. Va da sé che tali annunci sono stati talmente credibili ed attendibili che, al contrario di quel che narravano al popolo dei “truffati”, la legge in vigore nega seccamente tale possibilità.
Inoltre, nella risposta riportata dall’agenzia Public Policy ascrivibile al Governo per i rilievi pervenuti dall’Unione Europea (qui la lettera pubblicata in esclusiva da VicenzaPiu.com, in fondo l’agenzia Public Policy*, ndr) ed al fine di rafforzare il concetto teso a minimizzare “l’aiuto di stato”, la percentuale del 30% diventa un parametro invalicabile anche per il futuro.
Della presenza di due show men in Vicenza sabato 9 febbraio è già stato riferito a sufficienza, la settimana che doveva portare “decreti ed erogare soldi” conclusasi il 16 scorso non ha sortito alcunché, come d’abitudine. Le due uniche annotazioni concernono una conferma sulla consueta inadeguatezza nel rispettare gli impegni assunti nella legge di bilancio 2019 che prevedeva entro il 31 gennaio la pubblicazione di un unico decreto contenente: modalità di accesso al fondo, piano semestrale delle risorse a disposizione, nomina commissione tecnica. Decreto non pervenuto!
Ancora, i creativi al comando del Paese hanno pensato bene di smezzare il decreto in due provvedimenti di prossima emanazione: il primo con i criteri ancora in itinere, il secondo con le risorse ed i valutatori delle domande in mente dei. Sulla prima parte sono state chiamate a consulto tutte le associazioni (29 gennaio al MEF), ma vivendo nell’era dei 5 stelle in cui “uno vale uno” ma c’è sempre “uno che vale più di tutti gli altri messi assieme”, si è verificato che un non riuscito eletto al Parlamento per la squadra grillina, ritenendosi – ovviamente – chiamato in causa, ha prodotto una sorta di decreto emendato stante la propria autorità ed autorevolezza derivante dall’accesso diretto alla mensa del Capo Politico del Movimento nonché Vice-Premier L. Di Maio.
Trattasi del sig. Andrea Arman Presidente del Comitato Coordinamento Banche Venete “Don Torta” che, congiuntamente all’altro personaggio di spicco di Vicenza sig. Luigi Ugone presiedono le rappresentanze più devote agli attuali ministri e sottosegretari. Egregi signori, siete davvero bravi e meritate un forte applauso per la fiducia che riscuotete da parte dei capi leghisti e pentastellati, oltre che un caloroso battimano dalla vostra base associativa.
L’attuale comma 501, concetto ripetuto anche nella missiva governativa alla UE, afferma che i rimborsi potranno essere erogati una volta nominata la Commissione Tecnica ed -ovviamente- dopo 6 mesi dalla pubblicazione del “secondo” provvedimento in Gazzetta Ufficiale. Osservando il calendario, pur immaginando che l’atto in discussione possa apparire prima delle elezioni europee, gli effetti saranno visibili verso la fine dell’anno o all’inizio del 2020.
Il Governo sedicente del Cambiamento ricorda il modus operandi di Achille Lauro, noto sindaco e politico monarchico napoletano vissuto negli anni Cinquanta del secolo scorso, che – narrano le cronache del tempo – prima delle consultazioni offriva una scarpa ai votanti in stato di bisogno e, ad esito positivo accertato, la seconda. Non sarebbe stato più semplice attuare la legge 205/2017 adottando il decreto attuativo entro ottobre 2018, come votato dal Senato della Repubblica Giallo Verdi inclusi, cosi che i risparmiatori truffati avrebbero già potuto ottenere il ristoro a maggio 2019 ? Troppo semplice.
Gli apprendisti stregoni vogliono sempre testare la bontà delle loro “magie” ed infatti, “noi – dissero i vincitori delle elezioni di marzo scorso – faremo una legge migliore”. I risultati sono già a disposizione di tutti e scaricati sulle ansie, paure, suicidi, frustrazioni, rabbia, rancore dei truffati che solamente fra sette/otto mesi -forse- potranno intascare qualcosa. Il ritardato e mancato risarcimento sta esclusivamente nella responsabilità del Governo composto da: Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Matteo Salvini e loro replicanti al MEF.
La costituzione all’art.1 statuisce che “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. I ministri, anche quelli di questo Governo, hanno giurato su questo testo e costoro devono (dovrebbero) sapere che l’affermazione solenne prima citata ha la sua massima espressione, non nella compagine governativa votata dalla maggioranza degli eletti dai cittadini, ma nel Parlamento, ovvero nei deputati e nei senatori che operando nei Palazzi Montecitorio e Madama rappresentano la totalità del Popolo Italiano.
Per quale ragione incomprensibile, viene tenuta loro nascosta nell’esercizio del sindacato ispettivo la corrispondenza Stato-UE e viceversa? Tale circostanza è capitata per gli accessi agli atti dell’esecutivo effettuati da Zanettin (Forza Italia) alla Camera e Ferrazzi (PD) al Senato.
Noi siamo con chi, a differenza di certe sigle associative, non ostacola l’attuazione di una legge promulgata anche se questa è stata voluta da forze governative diverse da quelle di prima e ha sempre insistito ed insiste, ancor oggi, affinché il decreto completo in tutte le sue parti sia pubblicato al più presto così da risarcire i risparmiatori traditi almeno del 30%, sperando che le informazioni riportate dalla comunicazione dell’agenzia Public Policy non siano -sul punto- del tutto veritiere ed il Governo possa già tracciare un percorso per rimborsare anche il 70% mancante.
*Nota di Giordano Locchi giornalista di Public Policy in Roma https://www.publicpolicy.it/banche-perche-governo-fondo-risparmiatori-non-viola-regole-ue-83543.html
Roma 14 feb – A rientrare nell’intervento del Fondo indennizzo risparmiatori (Fir) previsto dai commi da 493 a 507 della manovra potrebbero teoricamente essere più di 6 banche, ma l’intenzione è quella di circoscrivere i ristori per i risparmiatori di Banca Marche, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Chieti, Cassa di Risparmio di Ferrara, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca.
Il funzionamento del Fir si limiterà agli anni 2019-2021, periodo entro il quale andranno conclusi i procedimenti di indennizzo nei confronti di soggetti coinvolti. È quanto emerge dalle linee di risposta a Bruxelles valutate dal Governo in seguito alla lettera ricevuta il 29 gennaio dalla Commissione Ue sul Fir e sui dubbi relativi alla sua compatibilità con le regole europee.
La lettera specifica che in caso di “misselling” (vendita fraudolenta di prodotti finanziari) il ristoro è ammesso, ma deve essere a carico del responsabile della banca. Altri tipi di intervento – come quello pubblico previsto in manovra – dovrebbero avvenire previo giudizio di una corte o parere di un arbitro che accerti formalmente che si sia trattato effettivamente di misselling o almeno la fissazione di criteri che assicurino che il rimborso sia dovuto a ragioni di urgenza sociale. L’indennizzo è possibile solo se il venditore dei prodotti finanziari è uscito dal mercato, e se è concesso in favore di investitori non professionali. Inoltre, il pagamento della compensazione deve avvenire solo dopo aver posto in atto il burden sharing.
Secondo quanto emerge, per il Governo l’urgenza sociale del ristoro sarebbe dimostrabile dai numerosi casi di suicidio e tentato suicidio nei territori colpiti dalla crisi delle banche tra il 2015 e il 2017, dal rischio di perdita di fiducia nel sistema bancario, nonché dai numerosi procedimenti giudiziari in atto. Le 6 banche poi non sono più sul mercato e in tutte è intervenuto il burden sharing. La manovra esclude gli investitori professionali dal ristoro. Non tutti i risparmiatori infatti hanno la possibilità di accedere all’indennizzo: sono esclusi i soggetti che per provata consapevolezza erano in grado di valutare l’operato delle banche nei confronti dei risparmiatori e del mercato (sono comunque incluse microimprese e onlus).
Quanto alla necessità di accertare formalmente che ci sia stato misselling tramite una corte o un arbitro, la violazione massiva degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza, buona fede oggettiva e trasparenza sarebbe già stata accertata dalla commissione d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario istituita con la legge 107 del 12 luglio 2017, che ha indagato con i medesimi poteri e limitazioni dell’autorità giudiziaria.
L’accertamento comunque avverrà e sarà effettuato dalla commissione tecnica istituita prima dell’inizio della procedura di indennizzo. Inoltre, ci sarà una valutazione in merito al rispetto dei requisiti indicati. La posizione dei singoli – e il pregiudizio subìto – non può, e non deve, essere accertata, secondo quanto emerge dalle linee di risposta, se non nei presupposti di fatto (acquisto di azioni). Il Fir comunque circoscrive la sua azione a casi specifici e non alla generalità delle crisi bancarie o finanziarie.
Le carenze, evidenziate dalla stessa commissione d’inchiesta, nell’esercizio dei poteri di vigilanza per i casi a cui oggi si vuole procedere col ristoro, evidenzierebbero – secondo l’Esecutivo – la necessità di evitare che arbitri Consob o della Banca d’Italia vengano chiamati a valutare il misselling delle banche vigilate, anche in considerazione dei giudizi pendenti di fronte all’Autorità giudiziaria che coinvolgono le due Autorità vigilanti.
Nelle more della riforma della class action di cui al Codice del consumo, l’indennizzo sarebbe giustificato – secondo il Governo gialloverde – non dalla necessità di risarcire un danno valutato “caso per caso” in sede giudiziaria o arbitrale, ma dall’esigenza di indennizzare un danno pubblico (omessa o comunque insufficiente vigilanza e tutela del risparmio) nei confronti di soggetti (i risparmiatori) che hanno subìto pregiudizio non soltanto dall’acquisto con una negoziazione diretta con le banche poste in liquidazione, ma anche dall’acquisto su un mercato che ha subìto le ricadute della frode, del danno e del raggiro operato dalle banche nei confronti del mercato, e non soltanto del singolo risparmiatore. L’inadempimento di impresa operato dalle banche nei confronti della collettività dei clienti, dei risparmiatori e del mercato sarebbe infatti stato accertato, oltre che dalla commissione d’inchiesta, anche dai decreti di messa in liquidazione delle banche e dalle azioni di responsabilità avviate nei confronti dei loro amministratori.
L’indennizzo previsto in manovra, secondo quanto si vuole far rilevare a Bruxelles, sarebbe da valutarsi come una sorta di struttura rimediale nei confronti della violazione della normativa nazionale in materia e della legislazione comunitaria sancita, in particolare, dalla Mifid II e dalla normativa nazionale di recepimento. Anzi di più: potrebbe costituire un utile punto di riferimento anche per iniziative analoghe di altri Paesi dell’Unione europea.
L’indennizzo avrebbe infatti anche lo scopo di rassicurare i mercati sulla pronta e tempestiva azione delle Autorità nazionali qualora un bene pubblico costituzionalmente garantito, quale è il risparmio, venga compromesso e minacciato. Sarebbe, in sostanza, uno strumento di tutela collettiva del risparmio, nelle more di una riforma della normativa nazionale che ampliando della azione di classe risarcitoria.
Si esclude quindi, per il Governo, che l’indennizzo possa costituire aiuto di Stato, poiché non si configurerebbe un’azione risarcitoria nei confronti dei clienti per il danno compiuto dalla banca. Mentre le azioni nelle sedi giudiziarie competenti restano in piedi sia nei confronti delle banche che nei confronti dei loro acquirenti, nonché nei confronti delle Autorità di vigilanza (per il comportamento omissivo).
L’aiuto pubblico sarebbe minimizzato, vista l’urgenza sociale, perché sia obbligazionisti che azionisti hanno subìto il burden sharing e solo alcuni di loro (investitori non professionali) otterranno come indennizzo una percentuale dell’importo investito e non l’intero importo, e soprattutto la percentuale di importo indennizzato sarà parametrato al prezzo d’acquisto al momento della liquidazione, e non sul valore dei titoli al momento della liquidazione.
Da sottolineare alla Commissione Ue è il disposto del comma 498 della manovra, per il quale “il Fir è surrogato nei diritti del risparmiatore per l’importo corrisposto”, e quindi nel risultato utile di tali azioni si surroga lo Stato, che ha titolo per agire nei confronti dei responsabili della violazione dei diritti del risparmiatore.