Legge di bilancio, Langella (Pci) e Klapwijk (Fgci): “una critica da sinistra”

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Nel sito internet di IPSOA si può leggere – scrivono in una nota congiunta Giorgio Langella (PCI – segr.reg. del Veneto) e Dennis Vincent Klapwijk (FGCI – resp.naz. lavoro) – ?Al via dal 1° gennaio 2019 la riduzione delle tariffe dei premi INAIL. È quanto prevede un emendamento dei relatori alla legge di Bilancio 2019 presentato il 18 dicembre. Per consentire all?INAIL l?applicazione delle nuove tariffe, slittano i termini, in particolare, per l?autoliquidazione dei premi da parte dei datori di lavoro, per la presentazione della denuncia annuale delle retribuzioni relative all?anno 2018 e per il pagamento del premio dovuto, a saldo del 2018 e in acconto per l?anno 2019. </br>La riduzione tariffaria sarà sottoposta a revisione alla fine del 2021.?

Nel caotico marasma nel quale si sta concludenfo l’iter della legge di Bilancio, con la confusione delle decisioni e delle cifre che la compongono, la riduzione delle tariffe dey premi INAIL, che pare essere del 15,24%, è qualcosa di consolidato e reale. Ed è una scelta emblematica delle politiche governative in materia di lavoro e di sicurezza sul lavoro.

Dopo un anno che ha visto un aumento consistente dei morti per infortunio nei luoghi di lavoro, la scelta di questo ?governo del cambiamento? non è quella di investire di più nei controlli, nella formazione, nella prevenzione e nella repressione di questi veri e propri omicidi di lavoratrici e lavoratori ma è quella di depotenziare, di fatto, le strutture che devono garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro. Una scelta in linea con l’assoluta indifferenza con la quale i nostri governanti trattano i diritti di chi vive del proprio lavoro. Non ci possono essere né slogan propagandistici né promesse elettoralistiche che risolvano la questione. Bisogna dire chiaramente che di lavoro si muore, che le condizioni di lavoro sono insufficienti a garantire la salute e l’incolumità di lavoratrici e lavoratori e che di questi problemi di normale civiltà non importa nulla ai vari viceministri e ministri che occupano il governo. A loro basta apparire, stringere la mano a pregiudicati, sparare qualche invettiva, usare frasi fatte, indicare negli emarginati, nei poveri, negli immigrati i colpevoli di tutto. Ma quando c’è da incidere in profondità nelle ingiustizie del sistema, nelle sperequazioni della società capitalista, quando c’è da garantire un lavoro sicuro, continuativo e giustamente retribuito a tutti i cittadini, quando ci sarebbero da prendere decisioni che contrastino i veri mali del paese (quali sono, ad esempio, la corruzione e l’evasione fiscale), si tirano indietro, guardano da un’altra parte. In pratica agiscono in continuità con quanto ha sempre fatto chi ha avuto il potere: condoni, privatizzazioni, assistenzialismo per garantirsi voti, favori agli amici utilizzando le ricchezze del paese, tagli alla sanità pubblica, all’istruzione e alla sicurezza del e nel lavoro. Come qualsiasi governo che si è succeduto in questi ultimi decenni (tranne qualche parentesi che ha prodotto qualcosa di utile per chi lavora come il testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro ? dl 81 del 2008 ? prontamente depotenziato dai governi successivi) i soliti a pagare qualsiasi cosa sono le lavoratrici e i lavoratori, mentre i beneficiari di qualcosa (poco o, spesso, tanto che sia) sono sempre le imprese private. Una politica, questa, che si è rivelata fallimentare e che, di fatto, contrasta con il dettato costituzionale.

Ma è così che ?lorsignori? agiscono. Ci diranno che ?lo impone l’Europa? ma le scelte le fanno loro. Di fronte alla mancanza di risorse, invece di fare cose semplici e costituzionali come aumentare le aliquote IRPEF dei redditi più ricchi e adottare una patrimoniale sulle grandi ricchezze, invece di contrastare con la severità e la durezza necessarie l’evasione fiscale e la corruzione, fanno condoni (che vengono chiamati con nomi bizzarri come ?pace fiscale? tanto per confondere le idee). Di fronte alla mancanza di lavoro rispondono non con dei piani industriali strategici che possano creare nuovi e veri posti di lavoro sicuri e a tempo indeterminato, ma con elemosine a chi è senza lavoro e con l’aumento della precarietà. Di fronte alla palese mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro che produce invalidità, malattie e morte (da inizio anno al 20 dicembre 2018 i lavoratori deceduti in seguito a infortunio sul lavoro sono 694 ? che è il numero più alto da oltre un decennio ? mentre in tutto il 2017 furono 634 con un aumento già di quasi il 10%) cosa fanno ?lorsignori?? Tolgono risorse all’INAIL, proprio all’ente preposto a garantire la sicurezza e la salute a chi vive del proprio lavoro. Non sarebbe, forse, tutto questo qualcosa di inconcepibile? In un paese civile sicuramente si. Invece, in un paese governato da personaggi inadeguati attenti solo a quello che succederà tra qualche settimana, da ?furbetti? che recitano slogan per prendere qualche voto in più e che fomentano la discriminazione verso chi sta peggio, da politicanti che privatizzano a destra e a manca quello che dovrebbe essere di tutta la collettività, questo degrado democratico e la progressiva cancellazione dei diritti più elementari sono diventati qualcosa di ?normale?, persino ?ovvio?.

Ma come possiamo invertire questa tendenza? Partiamo da noi, da chi vive del proprio lavoro, da chi ha ancora a cuore la Costituzione, i valori e i principi in essa contenuti. Da chi ricorda come è nata, di come è stata poco attuata, di come ogni diritto sia stato conquistato grazie ai sacrifici di chi è sceso nelle piazze, di chi si è organizzato e ha lottato per raggiungerli. Grazie soprattutto a quella coscienza nella propria forza che i lavoratori avevano nei primi decenni del secondo dopoguerra.

Ricominciamo a pensare con la nostra testa, proviamo a ragionare e riprendiamo la lotta. Solo così possiamo sperare di riconquistare quei diritti che sono stati e vengono cancellati e negati soprattutto a chi vive del proprio lavoro.