Questo è il post di Matteo Salvini di qualche ora fa: “Censimento” dei Rom e controllo dei soldi pubblici spesi. Se lo propone la sinistra va bene, se lo propongo io è RAZZISMO. Io non mollo e vado dritto!
Prima gli italiani e la loro sicurezza”. Il ministrro dell’interno, dopo aver in parte smentito le aberranti dichiarazioni di ieri sugli “zingari” (“i rom italiani purtroppo te li devi tenere a casa“) e la loro, di fatto, schedatura, oggi smentisce la smentita. E, con parole che derivano in tutta evidenza dalle fascistissime “boia chi molla” e “noi tireremo diritto” ripete lo slogan “Prima gli italiani e la loro sicurezza“.
Bene, cioè male. A quale sicurezza, Salvini, si riferisce? A quella di avere un lavoro? A quella nei luoghi di lavoro? Si fanno queste domande perché l’assenza di lavoro è caratteristica abituale e non solo per gli italiani ma per chi vorrebbe lavorare in generale, mentre chi lavora lo fa spesso e volentieri in condizioni di precarietà e insicurezza devastanti. Perché nei luoghi di lavoro ci si infortuna e si muore sempre più facilmente. Perché, da inizio anno, sono 340 i morti nei luoghi di lavoro e circa il doppio considerando i lavoratori deceduti in itinere e sulle strade. Italiani e stranieri, giovani e anziani, uomini e donne, sul lavoro gli incidenti e le morti non fanno distinguo. Perché è nel considerare la sicurezza sul lavoro un costo e i lavoratori pezzi di ricambio che il nostro paese dimostra una palese inciviltà.
Allora, invece di abbaiare contro etnie diverse dalla nostra (dimostrando, anche in queste sue distinzioni ignoranza se non malafede) il ministro dell’interno operi perché il lavoro sia più sicuro, perché si individuino e si condannino i responsabili dei massacri di lavoratori (i responsabili veri, quelli che di solito non pagano mai perché arrivano attenuanti e prescrizione).
È quella del lavoro la vera “emergenza sicurezza” che mette in pericolo l’esistenza di chi vive del proprio lavoro; non certo l’esistenza di qualche migliaio di “zingari” o l’arrivo di qualche centinaio di esseri umani, inferiori a nessuno, che fuggono da guerre e fame.