L’emergenza sommersa delle persone straniere e italiane escluse dall’anagrafe a Roma: ActionAid lancia la campagna #DirittiInGiacenza

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Vivere in uno stato di attesa e di ansia, privati dei diritti fondamentali: non avere il medico di base, problemi per la mensa scolastica e il bonus libri dei propri figli, difficoltà ad accedere ai sussidi, ai buoni spesa Covid e all’assistenza sociale, non votare, spesso non poter rinnovare il permesso di soggiorno, essere costretti a registrarsi come senza fissa dimora. È quanto sperimentano molti abitanti del Quarticciolo, a Roma (
Scarica il Dossier su Roma realizzato insieme al Comitato di Quartiere Quarticciolo ).
 

ActionAid lancia la campagna #DirittiInGiacenza: la foto a Montecitorio con l'on. Boldrini
ActionAid lancia la campagna #DirittiInGiacenza: la foto a Montecitorio con l’on. Boldrini

Nei giorni in cui si celebra la digitalizzazione dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr), ActionAid lancia la campagna #DirittiInGiacenza per denunciare che troppo spesso nel nostro Paese l’esclusione dalla residenza è discrezionale, illegittima e discriminatoria verso le persone più fragili. 

“Nei fatti, dalla residenza dipende la possibilità di esercitare molti diritti fondamentali. Anche a Roma tantissime persone sono escluse dall’anagrafe e nei vari Municipi abbiamo riscontrato procedure e prassi anche molto differenti tra loro tanto che la stessa persona può addirittura ricevere risposte diverse a seconda dell’ufficio in cui si presenta. Questa situazione genera non solo confusione ma produce anche esclusione. Con la campagna #DirittiInGiacenza portiamo alla luce un problema sommerso e sconosciuto. Ancora troppe persone in Italia, in particolare di origine straniera, non hanno accesso ai diritti primari. Chiediamo di garantire l’iscrizione anagrafica e l’accesso ai diritti per tutti, senza discriminazioni” spiega Francesco Ferri, Programma Migrazioni ActionAid.   

“Il Comitato di quartiere accoglie diverse problematiche riguardanti il mancato accesso alla residenza. Non è un fatto residuale o di pochi, è un problema quotidiano per centinaia di famiglie. Non affrontarlo vuol dire rendere le persone che vivono nelle nostre città vulnerabili e impossibilitate a occuparsi di sé e dei propri cari. In un paese democratico non dovrebbe accadere, tantomeno in un momento di grave emergenza sanitaria come quella attuale. Cosa dovrebbe fare chi amministra se non occuparsi della salute degli abitanti?” spiega Alessia Pontoriero del Comitato di Quartiere Quarticciolo. 

Abitare al Quarticciolo, il nodo della residenza. Il Quarticciolo, situato nella periferia est di Roma, è l’ultima delle borgate costruite dal governatorato fascista negli anni Trenta del secolo scorso: dieci cortili, circondati da palazzi, con al centro una torre per consentire un monitoraggio costante del territorio. Oggi, nonostante il quartiere sia pienamente inserito nel tessuto urbano, la condizione degli abitanti è caratterizzata dal sovraffollamento. In assenza di assegnazioni da parte del Comune le abitazioni vengono occupate e sono trasformati in alloggi tutti gli spazi al chiuso: gli scantinati un tempo destinati ai locali lavanderia, gran parte dei locali commerciali o quelle che una volta erano scuole, come le palazzine di via Ugento. La negazione della residenza anagrafica si inserisce in questo contesto aumentando lo stigma degli abitanti e impedendo loro il riconoscimento dei diritti.  

“Vivo in Italia da dodici anni, la mia figlia più piccola è nata qui. Ho sempre avuto il permesso di soggiorno, e lo stesso mio marito. Eppure non siamo mai riusciti ad avere la residenza. E questo significa vivere sospesi, non essere riconosciuti dallo Stato. Ti senti una persona abusiva, senza diritti, come se fossi un gradino sotto gli altri. Non posso ottenere il buono libri per mio figlio di tredici anni, né presentare domanda per la riduzione del costo della mensa scolastica, e sono quindi costretta a pagarla a prezzo pieno. Mia figlia non ha il pediatra. Ogni tre mesi devo portarla dall’oculista, e sono costretta a rivolgermi a una clinica privata, pagando 140 euro a visita” afferma Lana, 34 anni, georgiana. 

Lana dal 2015 vive in un appartamento occupato ed è in attesa di una risposta alla domanda di sanatoria presentata con il Comitato di quartiere. A febbraio 2020 la Regione Lazio ha infatti previsto di sanare la posizione degli occupanti di case popolari, ma solo quella di chi è entrato negli appartamenti prima del 2014 – prima del cosiddetto Decreto Lupi, che all’art.5 impedisce a chi vive in stabili occupati di avere la residenza 

  

Perché si viene esclusi dall’anagrafe? L’art. 43 del codice civile stabilisce che «la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale». Si tratta di una definizione molto chiara e semplice. Non può essere di ostacolo alla iscrizione anagrafica la natura dell’alloggio, quale ad esempio un fabbricato privo di licenza di abitabilità ovvero non conforme a prescrizioni urbanistiche, grotte, alloggi in roulotte, né la presenza o meno di un contratto regolare di proprietà o di locazione. Nonostante questo, il legislatore negli anni ha escluso dall’anagrafe specifici gruppi sociali con finalità “punitive” (ad esempio i richiedenti asilo con il primo Decreto Sicurezza del primo Governo Conte), prima ancora l’art. 5 del “Piano Casa” del 2014, nato per contrastare le occupazioni abusive, ha di fatto posto delle barriere insormontabili anche a migliaia di persone impossibilitate a dimostrare presso gli uffici dell’anagrafe un titolo di possesso dell’immobile ritenuto valido. Per le persone straniere la situazione è ancora più grave: molti uffici non registrano le dichiarazioni di residenza presentate dai cittadini stranieri con il permesso di soggiorno in fase di rinnovo, conversione o rilascio: è una procedura illegittima molto diffusa. Inoltre, sono numerosi i casi di errori burocratici che rendono impossibile arrivare a chiudere positivamente la richiesta di iscrizione. Per sfuggire all’invisibilità chi è escluso dalla residenza per potersi registrare nel Comune dove vive è costretto a ricorrere alla cosiddetta iscrizione fittizia, cioè iscriversi come senza fissa dimora. Una soluzione difficile e che toglie dignità alle persone perché richiede un colloquio preliminare con i servizi sociali e ha tempi di gestione lunghissimi. I numeri crescenti delle persone senza iscrizione anagrafica hanno creato anche il “mercato delle residenze”, non di rado infatti si è costretti ad acquistare la possibilità di essere registrati presso un appartamento nel quale non si vive.  

Le raccomandazioni alle amministrazioni e alla Politica. Per contrastare le violazioni del diritto alla residenza, ActionAid si è mobilitata a Roma, insieme ad altre organizzazioni, ricercatori e attivisti. In attesa che venga abolito l’articolo 5 del Piano Casa, le amministrazioni locali possono mettere in campo alcune misure: rendere omogenee le prassi applicate negli uffici anagrafici e azzerare ogni prassi non conforme alla normativa; cessare ogni prassi non conforme in relazione alla richiesta del titolo di godimento dell’immobile; restringere l’ambito di applicazione dell’art. 5 del decreto legge 47/2014 e favorire la deroga indicata nel comma 1 quater dell’art. 5, secondo il quale «il sindaco, in presenza di persone minorenni o meritevoli di tutela, può dare disposizioni in deroga a quanto previsto ai commi 1 e 1-bis a tutela delle condizioni igienico-sanitarie», così come attuato dal sindaco di Palermo nel 2019, che ha autorizzato l’iscrizione anagrafica in base a questa specifica previsione; allineare le procedure per l’iscrizione anagrafica per le persone senza fissa dimora al contenuto della legge, consentendo loro la possibilità di fornire autodichiarazioni, dichiarazioni di esercenti commerciali, di associazioni, ecc. nell’ambito delle tempistiche e con le modalità definite dalla legge; incentivare la formazione interculturale dei funzionari d’anagrafe; rendere effettiva la registrazione telematica dell’iscrizione per tutti gli interessati.