Alcuni personaggi della nostra storia hanno assunto un’aura quasi magica, mistica, al punto da essersi trasformati in qualcosa di impalpabile, come non fossero realmente esistiti, catapultati in quello spazio culturale che riserviamo solo ai protagonisti di sogni e romanzi. Confondendo realtà e leggenda. Uno di questi è sicuramente Leonardo da Vinci, di cui si sa così tanto eppure così poco, che è al centro dell’essenza stessa dell’Italia eppure ancora avvolto da una misteriosa nebbia che ne altera ruoli e contorni.
Decine le opere che gli hanno regalato l’immortalità, abbattendo confini regionali, nazionali, di religione e di pensiero: ma tantissime anche le incompiute, intorno alle quali si è fantasticato – e ancora si fantastica – cercando di interpretare il pensiero e l’intuizione di quel genio senza tempo che si è cimentato nell’arte e nella scienza a 360 gradi. A metà strada tra queste due “fette” della sua immensa produzione c’è una mappa realizzata al tempo di papa Leone X che parla del Circeo del Cinquecento. È la carta della bonifica – mai avvenuta – delle Paludi Pontine.
Passato e futuro – La fisica ci assicura che “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma” e, fortunatamente, questo significa anche che possiamo trovare un senso persino nelle cose che non sono riuscite a compiere lo scopo per cui erano state inizialmente concepite. Grazie a questo, una mappa, che è stata realizzata per una bonifica che sarebbe avvenuta soltanto secoli dopo e in tutt’altro contesto, si è rivelata importantissima per conoscere la geografia del Circeo del Cinquecento e per datare una costruzione (Torre Olevola); consultandola si è capito che, probabilmente, questa fortificazione era antecedente al quartetto di torri difensive che viene comunemente etichettato come il primo della costa.
La storia della mappa – Nel 1514, morto il suo mecenate e con il ritorno degli Sforza a Milano, Leonardo da Vinci si trasferì a Roma sotto la protezione di Giuliano de’ Medici (fratello di Leone X): ottenne un alloggio negli appartamenti del Belvedere al Vaticano e si dedicò a studi scientifici, meccanici, di ottica e di geometria. Diverse le cose di cui si occupò in quegli anni (tra cui il porto di Civitavecchia) e, tra queste, proprio il prosciugamento delle Paludi Pontine, voluto dallo stesso Giuliano de’ Medici, con approvazione del progetto da parte di papa Leone X; un’iniziativa che avrebbe dovuto cambiare il volto dell’Agro Pontino molto prima di quanto non sia, poi, realmente accaduto.
Nessuno poteva sapere che, di lì a poco, sarebbero morti – improvvisamente e prematuramente – entrambi i fratelli (Giuliano de’ Medici nel 1516 e Leone X nel 1521) per cui Leonardo lavorò sodo per determinare con precisione le zone sulle quali intervenire. Mise tutto su carta in una mappa 272 x 400 mm (oggi conservata a Windsor) che è talmente bella, colorata e artistica da sembrare un quadro più che un progetto d’ingegneria d’altri tempi.
Fu proprio in quel contesto che venne realizzato lo scavo del canale Portatore (che venne chiamato anche canale Giuliano o Badino). All’epoca, infatti, c’era un unico fiume che si riversava nelle paludi dell’Agro Pontino: il Ligula (come riscontrato nel Codex diplomaticus cajetanus), che raccoglieva le acque di altri corsi, percorreva tutta la costa e raggiungeva, infine, il mare presso il Circeo. La foce del Ligula, però, si è spostata più volte nel corso degli anni a causa dell’irregolarità dei tessuti paludosi tanto che, appunto, si aprì una strada verso sud proprio nei pressi dell’attuale località Olevola. Tutto questo è perfettamente riportato nella mappa di Leonardo (1515) dove il nome Ligula è diventato Livoli. E sarà proprio da questo iniziale passaggio che si arriverà, poi, a Leula/Leola, Euola, Levola e, infine, proprio Olevola!
Il progetto, insomma, partì ma non potè mai essere concluso: le acque palustri furono fatte confluire nel canale Portatore e il fiume Ligula perse lo sbocco principale verso il mare (sarà Sisto V a riaprire l’antica foce di Olevola che, ancora successivamente, si sdoppierà in due corsi d’acqua).
Genio visionario e continua ispirazione – La bonifica delle Paludi Pontine del Novecento è stata un’impresa mastodontica i cui numeri – in fatto di uomini, interventi, manovalanza e programmazione – sono stati importanti sin da subito; possiamo solo immaginare, quindi, quanto dovesse essere impegnativo anche solo progettarla cinquecento anni fa. Ma tutto ciò che era percepito come impossibile, per Leonardo era uno stimolo in più per raggiungere l’obiettivo: studiò a fondo il progetto, pensò a sistemare nei punti giusti delle macchine idrovore e disegnò un sistema di canali capace di convogliare le acque. Una struttura talmente funzionale e realistica che fu di ispirazione per la bonifica vera, quella che avvenne in epoca fascista e che in quel puntolino di Italia centro-meridionale mescolò, per diversi anni, menti e braccia appartenenti a persone provenienti da regioni e ceti sociali differenti.
Tra l’altro, la morte di Leonardo si allineò, purtroppo, a quella dei fratelli de’ Medici: era il 1519 quando, a soli 67 anni, la sua straordinaria vita arrestò il proprio corso. E per motivi che sono ancora oggi oggetto di studi e speculazioni.