L’errore dei pentastellati? Credere alla rivoluzione contrattata

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Molte cose sono avvenute dal 4 marzo in poi. L’innegabile shock successivo ai risultati, che hanno visto la sconfitta del partito di Berlusconi e di quello del suo sodale Renzi, l’affermazione di una Lega al di là di ogni preventivo e la rivoluzione meridionale del M5S, non è stato ancor oggi completamente assorbito. I partiti hanno incrudito le tattiche vecchia maniera dimentichi che gli esiti elettorali sono stati il prodotto del loro smascheramento. Ciononostante hanno dovuto fingere di celebrare il dettato costituzionale e di dare al paese delle istituzioni parlamentari e un governo.
E l’hanno dovuto fare, pur avendo predicato in una campagna elettorale infinita di essere forze alternative tra loro, forze che non solo hanno programmi diversi, ma che non riconoscono alle altre la dignità di interlocutori. Ecco, il M5S invece, proprio per l’onere dovuto alla percentuale elettorale di primo partito, ha dovuto fare lo sforzo di riconoscere le altre, almeno qualcuna delle altre, nel tentativo di dare un governo al paese. Il progetto insito nella legge elettorale era quello di premiare il PD e FI attraverso l’incentivo di coalizione, ma purtroppo il popolo italiano ha orientato aspramente il suo voto e ha reso inabile il progetto di un Nazareno bis. Pur perdente, il progetto non è finito, e ha intossicato la vita interna del Partito Democratico e la coalizione di centrodestra (l’unica degna di questo nome) che si è riparata dietro un’ostentata missione federativa invece di ammettere la sua modesta realtà di cartello elettorale. Dopo qualche settimana viene a galla però la realtà delle forze politiche italiane che hanno votato una legge elettorale per escludere il M5S, e che ora, pur costrette dal programma costituzionale, devono realizzare la progettata esclusione. Nessun partito vuole avere come interlocutore il M5S, nessun partito vuole riconoscerne la dignità politica. L’errore del Movimento, se c’è stato, è stato quello di riconoscere agli altri una dignità di interlocutori che gli altri non hanno mai ricambiato. E’ stato quello di credere, anche per un solo momento, che la politica italiana potesse convergere verso gli obiettivi della rivoluzione pentastellata in maniera contrattata, con la mediazione negoziata di culture e punti di vista. L’errore è stato quello di dimenticare che la realizzazione del programma a 5 Stelle prevede l’estinzione degli altri protagonisti della politica italiana, e nessuno di essi vuole sparire. O forse Di Maio & c. hanno creduto anche per un solo momento che il loro programma non fosse una dichiarazione di guerra? Parrebbe di sì. Dal momento che l’hanno affidato a un team di professoroni perché fosse analizzato al pari degli altri, come se dal confronto potesse sparire la letalità del disegno 5 Stelle per le altre rappresentanze politiche. E’ probabile che l’alta investitura del popolo italiano abbia momentaneamente confuso i portavoce pentastellati, ma è bene che essi ricordino per sempre che il tripolarismo di cui blatera la stampa non esiste veramente, e che il bipolarismo verso cui si converge non è quello di un Movimento erede di una sinistra allo sbando e una destra leghista e conservatrice, ma un semplice “o noi o loro“, onesti contro disonesti, meritevoli contro indegni, sfruttati contro sfruttatori, qualsiasi cosa ricordino queste contrapposizioni e qualunque connotazione se ne voglia dare. L’obiettivo è il 51%, non si faranno fregare da una legge elettorale sbagliata.